Il tatuatore di Auschwitz
- Autore: Heather Morris
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2018
“Il tatuatore di Auschwitz” (Garzanti, 2018, titolo originale The tattooist of Auschwitz, traduzione di Stefano Beretta) è il romanzo d’esordio dell’autrice neozelandese Heather Morris, che narra la vera storia d’amore tra Lale e Gita nata nel famigerato lager nazista, pubblicato ora in Italia in occasione della Giornata della Memoria.
“Lale cerca di non alzare lo sguardo. Allunga la mano e prende il pezzo di carta che gli viene porto. Deve trasferire le cinque cifre sulla ragazza che lo stringe. C’è già un numero, ma si è sbiadito. Infila l’ago nel braccio sinistro e incide un 3, sforzandosi di agire con delicatezza. Dal braccio fuoriesce del sangue. L’ago, però, non è andato abbastanza a fondo e lui deve tracciare di nuovo il numero. Lei non batte ciglio al dolore che Lale sa di infliggerle. Tatuare le braccia degli uomini è un conto, ma profanare il corpo delle ragazze gli fa orrore”.
Nel giugno del 1942 lo sloveno ventiquattrenne Lale Eisenberg si trovava ad Auschwitz, dove era giunto viaggiando per due giorni in un carro bestiame insieme a tante altre persone. Gli infausti viaggiatori al loro arrivo erano stati accolti dai latrati dei cani e dagli strilli degli ufficiali nazisti.
“Neri e minacciosi”.
Il gruppo, dopo essere stato privato dei loro averi, si era messo in marcia verso gli edifici di mattoni rosa. Due file di alberi costeggiavano il viale d’ingresso lussureggiante con la nuova vegetazione primaverile. Quando Lale aveva varcato i cancelli aperti in ferro battuto, alzando lo sguardo aveva letto le parole modellate nel ferro in lingua tedesca:
“ARBEIT MACHT FREI” (Il lavoro rende liberi).
Lo spaesato ragazzo non sapeva, dove si trovava o quale lavoro doveva svolgere, ma
“l’idea che lo renda libero è una specie di scherzo macabro”
con la pessima accoglienza ricevuta. Dopo due mesi dal suo arrivo il giovane aveva assunto il ruolo di Tätowierer, il tatuatore: chi incideva sul braccio dei prigionieri un indelebile numero che per il resto della loro vita, breve o lunga che sia, l’avrebbe definita da quel momento e per sempre. Un giorno, Lale mentre stava tatuando una ragazza era stato colpito dal suo sorriso timido e dai suoi occhi tristi. Al giovane era sembrato che il suo cuore gli scoppiasse fuori dal petto. La diciottenne slovena Gita Fuhrmannova lavorava in uno dei depositi, dove i prigionieri smistavano gli averi delle altre vittime. Dopo uno scambio clandestino di biglietti i due giovani si erano finalmente incontrati. In un luogo in cui regna la negazione dell’individuo, stava per nascere un amore, perché la speranza di ottenere un futuro migliore non deve morire.
“I ricordi di Lale erano, nel complesso, incredibilmente nitidi e precisi. Corrispondevano alle mie ricerche sulle persone, le date e i luoghi”.
Alla fine del volume Heather Morris svela che
“dopo il nostro primo incontro, visitai Lale da due a tre volte a settimana. Ci vollero tre anni per districare la vicenda”.
Inoltre
“Erano stati la morte di Gita e il bisogno di Lale di raggiungerla a indurlo a raccontare la propria storia. Voleva che venisse documentata, così – secondo le sue parole – da «non ripetersi più»”.
La lettura del commovente romanzo “Il tatuatore di Auschwitz”, che presto diventerà un film, non solo pone l’accento sul fatto che l’amore è in grado di vincere l’odio ma anche che non si deve mai smettere di ricordare.
“Come si può fare una cosa del genere a un altro essere umano?”.
Il tatuatore di Auschwitz
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