Il teatro di Sabbath
- Autore: Philip Roth
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2015
Nella rappresentazione di un personaggio che incarna il male di vivere di un’intera epoca, attraverso l’uso di un feroce realismo Philip Roth - tra gli autori di fine Novecento che più sfidano l’ipocrisia della ragione - ne “Il teatro di Sabbath” supera se stesso, riuscendo nella narrazione della parte più autentica, per quanto cinica e disturbante, della natura umana.
È un narcisista erotomane, Mickey Sabbath il protagonista di questo romanzo, ex burattinaio per adulti, dissacrante all’eccesso e a tratti patologico.
Alle prese con le proprie ferite e alla ricerca della sua stessa capitolazione, ripercorre un vissuto di abbandoni da parte delle donne che ha amato - dalla madre alla moglie Nikki, fino all’amante Drenka – che lo conduce nel delirio lucido di una decadente solitudine, dove ogni volta è il senso di labilità dell’esistenza a renderlo consapevole della potenza di un amore vissuto, fino a quel momento, come gioco nella sfida delle regole sociali.
La morte come passaggio ad un percorso di riflessione, dunque; i fallimenti, matrimoniali e relazionali dell’uomo, visti con la lente d’ingrandimento dell’autoironia e della consapevolezza, l’affiorare di una coscienza lucida e visionaria che non sfiora mai il pentimento né il rimorso, fanno di Sabbath un uomo che ha imparato innanzitutto ad essere fedele a se stesso, senza esimersi dai disastri che questo comporta.
Dopo un’esistenza estremamente disordinata, lo strappo definitivo è rappresentato dalla morte della sua ultima amante, Drenka, cinquantenne di origine croata, non bella ma sensuale. Con lei Sabbath aveva sovvertito le regole dell’amore, entrando in una dimensione di passione carnale che supera la fusione dei corpi. Intimità, gioco, perversione e di fondo un amore che va oltre il possesso, vissuto con stravolgente libertà.
Il dialogo che apre “Il teatro di Sabbath” durante il quale Drenka, saputo della propria malattia, invita il suo amante alla fedeltà come ultimo atto d’amore è commovente e spassoso al tempo stesso. E quello che Sabbath farà negli ultimi giorni di vita della donna è la raffigurazione di un altissimo atto di dedizione amorosa, che sfiora la poesia.
Il fantasma del fratello ucciso in guerra, la madre impazzita dal dolore, lui che rifiuta ogni conformismo del tempo a cui appartiene lo rendono il superstite di una tragedia che da eventi collettivi sfora inevitabilmente la sfera individuale. Questo era il Novecento, con le sue tragedie e la sua volontà di rivalsa, un secolo che ha violentato l’umanità investendola in modo inevitabile della responsabilità del vivere, nella gioia e nel dolore.
Ci vuole coraggio per creare un personaggio del genere, e Philip Roth lo fa con dissacrante ironia, uno smacco al comune senso del pudore, quasi a voler mettere alla prova il lettore. E ci riesce in pieno raggiungendo il fine più elevato della letteratura: toccare la sostanza umana in modo così autentico da farci sentire tutti partecipi della sfida che il diabolico e adorabile Sabbath pone all’ineluttabile senso della vita stessa.
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