Il trono di ghiaccio
- Autore: Sarah J. Maas
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2013
“Il trono di ghiaccio”, romanzo d’esordio dell’autrice statunitense Sarah J. Maas, è il primo capitolo dell’omonima serie fantasy che al momento sta letteralmente mandando fuori di testa gli appassionati del genere. O forse dovrei dire le appassionate. Ma ci arriveremo.
E’ diventato famoso come il miglior recente ritrovato del self-publishing americano, sebbene la definizione non sia del tutto corretta. In effetti, l’autrice iniziò pubblicando la sua storia su FictionPress.com, attirando in seguito l’attenzione della casa editrice Bloomsbury, con cui iniziò la collaborazione che portò alla pubblicazione di “Throne of Glass” nel 2012 e “Crown of Midnight” nel 2013, oltre che di cinque racconti ambientati nel periodo antecedente la serie vera e propria e poi raccolti nel volume “The Assassin’s Blade”. Avendo letto questi prequel, così freschi nello stile e dinamici nella narrazione, ci si aspetterebbe un romanzo avventuroso, intrigante, architettato a dovere e, soprattutto, pieno zeppo di combattimenti, battaglie, quel che volete, purché sia azione. Ci si aspetterebbe, insomma, tutto quel che “Il trono di ghiaccio”, ahimé, non è.
L’abilissima assassina Celaena Sardothien è reduce da un anno di schiavitù nelle miniere di sale di Endovier, quando il tenebroso capitano Chaol e l’affascinante principe Dorian giungono da lei con una richiesta: partecipare come loro protetta al torneo indetto dal re per scegliere il nuovo paladino reale. Sebbene la prospettiva di servire il tiranno che ha distrutto metà del continente sia una prospettiva poco allettante, pur di lasciare quel campo di prigionia la ragazza accetta. Una volta al castello, però, Celaena si trova invischiata in una faccenda più grande di quel che avrebbe immaginato, tra strani omicidi, spettri e creature di altri mondi.
«Il mio nome è Celaena Sardothien e non avrò paura.»
Una trama di tutto rispetto, direi, che però non riesce mai a rendere conto appieno di tutto quel che promette. Il motivo del torneo è ridotto a poco più che un elemento di sfondo, e tutto il resto, fantasmi, passaggi segreti, evocazioni di demoni è trattato con così tanta noncuranza da risultare come un’accozzaglia indistinta di potenziali sprecati, entro un quadro generale che, perdonate il gioco di parole, non quadra affatto. Gli eventi si susseguono l’un l’altro come trascinati da una corrente cieca e sorda alle esigenze di un impianto narrativo di base che è palesemente abbandonato all’incuria. Pensandoci, forse è questo il motivo per cui le annesse short stories posso essere collocate a un livello superiore: essendo appunto racconti brevi, non necessitano di quell’attenta costruzione verso cui Sarah Maas ha mostrato qui tanta negligenza.
Nella protagonista, neanche a dirlo, si nota una regressione formidabile verso le più totali frivolezza e insulsaggine, considerando la maturità che a caro prezzo aveva acquisito nel corso di “The Assassin’s Blade”. Le scaramucce che intrattiene abbastanza frequentemente con i due fusti di turno la rendono al tempo stesso più simpatica e più insopportabile: non dovresti essere a tagliare gole e pedinare loschi figuri, mia cara? Non dovresti comportarti come lo spietato sicario che dici da un libro intero di essere –senza peraltro fornire alcuna prova- invece di giocare all’oca giuliva? Un titolo che richiamasse la sconfortante vacuità della protagonista sarebbe stato assai azzeccato, oltre che più coerente con il contenuto del libro.
E che dire dei suoi prestanti accompagnatori? Chaol forse può suscitare tenerezza e approvazione, ma Dorian, il principe, è solo di qualche gradino superiore a Celaena. E considerando gli abissi di quest’ultima, siamo davvero in basso.
Ancora una volta, insomma, un romanzo in cui l’attenzione del lettore tende a focalizzarsi tutta sul triangolo amoroso, avendo messo l’autrice una buona dose di impegno a fare tabula rasa di tutto il resto.
Vista la mia innata riluttanza ad abbandonare le serie a metà, credo che persevererò nel mio autolesionismo e procederò comunque con il secondo volume, sebbene il primo mi abbia inflitto una delusione tanto cocente. E temo che ripetermi di essere partita aspettandomi troppo non serva a consolarmi.
Il trono di ghiaccio
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