Il tuo posto è vuoto
- Autore: Anne Tyler
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2012
In questa raccolta intitolata "Il tuo posto è vuoto", composta da cinque storie brevi, Anne Tyler descrive in maniera precisa le distanze che possono insinuarsi tra gli esseri umani. Distanze che diventano più perniciose, più insondabili, proprio quando vanno a inquinare il rapporto tra due persone che dovrebbero sentirsi molto vicine, se non altro perché legate da un rapporto di parentela, più o meno stretto.
I genitori con i propri figli, i mariti con le proprie mogli. Non basta l’amore, nemmeno un legame di sangue, per restare uniti.
Nel primo racconto, intitolato “Il tuo posto è vuoto”, ad esempio, una madre parte dall’Iran, per trascorrere qualche mese a casa del figlio Hassan, che lavora in America come medico insieme alla moglie e alla loro bimba. La donna, giunta a casa del figlio, crede di riuscire a ristabilire un legame con lui, ma si accorge ben presto che la cosa è più difficile di come sembra. Hassan vive in base a tradizioni che non sono le sue, sembra spesso freddo, distante; la comunicazione è difficile o addirittura impossibile.
Anche con la nuora, presto, i rapporti si complicano: lei non accetta che quella suocera, un po’ stramba, interferisca con loro, dispensi consigli su come educare la nipote. In pratica, questa madre in terra straniera verrà presto costretta dal figlio e dalla nuora ad allontanarsi da casa; verrà scacciata, respinta nel paese di origine.
Nel racconto “Il bernoccolo delle lingue”, invece, Susan, insieme al marito Mark, va a trovare il padre per le feste di Natale. Lui, dopo il suicidio della moglie, si è lasciato un po’ andare. Malgrado l’affetto che li lega, Susan e suo padre riescono a discorrere per tutto il tempo solo di fatti insignificanti, separati da un muro invisibile. Susan, in realtà, ripensa a sua madre, a quella donna dal carattere difficile e spigoloso che ha deciso tragicamente di abbandonarli; ma non riesce ad esternare le sue emozioni né a parlarne con suo papà. Inoltre, sembra esserci una sorta di distanza anche tra Susan e suo marito. Susan lo ama: lui è un professore affermato e poliglotta; lei è stata una sua allieva. Ma lei non ha il bernoccolo delle lingue: qui Anne Tyler fa emergere una piccola frattura, in questo amore apparentemente perfetto.
Anche qui, qualcosa, di quasi impercettibile, non funziona: alla fine del racconto, Susan vede suo marito “come racchiuso in una bolla di fortuna”, separato e lontano da lei. Quindi l’amore è un collante che, soprattutto tra marito e moglie, può risultare insufficiente, può non bastare.
Questo concetto si palesa anche nel racconto “Chi tiene in piedi la baracca”. La protagonista è Lucy, una bibliotecaria che ha sposato per amore il preside di una scuola: un uomo in apparenza autorevole. Ma dopo il matrimonio si rende conto che lui, perennemente con la testa tra le nuvole, è una persona inadatta alle faccende pratiche. Morale: il peso del tran tran quotidiano, con tutte le sue complicate gestioni, ricade sulle spalle della donna. Malgrado, dunque, ci sia alla base un amore vero, anche qui abbiamo un matrimonio che inizia a vacillare.
Lucy è una donna in crisi, eccessivamente preoccupata per i possibili guasti meccanici che possono capitare alla sua macchina, sola nonostante il marito preside. Immancabilmente, resta affascinata dagli uomini, che - a differenza di lui - possiedono una grande manualità, come ad esempio i meccanici dai quali porta l’auto a riparare.
In questi racconti il dramma è sempre sfumato, sempre sotto le righe. Non gridato, ma sussurrato al lettore. È, di fatto, il dramma della solitudine: ogni personaggio è solo, rinchiuso in una gabbia di incertezze e di angosce. Lo stile della scrittrice americana, almeno in apparenza, è molto semplice. La Tyler non calca mai la mano: non usa nessun orpello retorico, non enfatizza, non eccede. Anche per questo i suoi personaggi ci sembrano così vicini... Essi vivono le nostre stesse incertezze, si pongono le nostre stesse domande.
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