Il tuttomio
- Autore: Andrea Camilleri
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2013
Pareri discordanti dai nostri lettori per l’ultimo libro di Andrea Camilleri, pubblicato a gennaio 2013 da Mondadori. Vi è piaciuto? Lasciate un vostro commento al libro in fondo alla pagina!
Titolo davvero enigmatico "Il tuttomio" di Andrea Camilleri, un romanzo che desta interesse per il singolare personaggio femminile, “splendente di una luce nerissima”, che, sin dalle prime pagine, si mostra in uno scenario ricco di dati sensoriali così bene congegnati tale da esprimere la relazione di lei con la sua corporeità. Duplici strategie di scrittura s’intersecano e si integrano nella specificità dell’intreccio. Evocativi e retrospettivi sono i brani in corsivo allo scopo di fornire informazioni aggiuntive, perché la storia, che si svolge nel presente, possa configurarsi nella maniera più completa e, infatti, affiora grazie ad essi un contesto contadino dall’inquietante intrico psicologico. Prevalente è il gusto del dettaglio nella scrittura paratattica che si snoda lievemente, pacatamente animata da dialoghi brevi e incisivi.
L’ambientazione è borghese e la vicenda si svolge all’inizio della stagione estiva. Tempo di bagni, quindi. In una delle cabine (precedentemente anche in un pied-à-terre appartato), Arianna – questo il nome della protagonista trentatreenne – s’incontra, a turno, con dei giovani. Stavolta con Mario, un ragazzino che alla fine si mostra abbastanza intraprendente nel fare all’amore. Il rispetto delle regole, ancorché poche, è ineludibile: non possono essere violate e sono stabilite da Giulio, suo marito, il quale si mostra generoso nel compensare i possibili clienti amatori. Qual è il motivo che può indurlo a un comportamento tanto anomalo? L’interrogativo coinvolge e spinge il lettore a formulare avidamente ipotesi...
Nel capitolo “Tre” viene svelato il primo segreto del “Tuttomio”: “una specie di buca”, dove “l’entrata era invisibile perché completamente coperta da una macchia d’erbaspada”. Qui Arianna, ragazzina, aveva incontrato Bertoldo senza però che fosse successo qualcosa fra i due. Lo zio Arturo era stato il primo, nel bosco, dov’erano andati per funghi. Da quando è sposata con Giulio, il “Tuttomio” è ora un angolo particolare della casa, il solaio, attrezzato di bambole (Stefania è il nome della pupattola sua confidente, la migliore amica, si potrebbe dire, alla quale, a mo’ di seduta analitica racconta i vissuti, rivelando se stessa). E qui lei mette in atto riti magici, tipici di un animismo infantile connesso con una buona dose di sadismo. Del resto, a Giulio, che l’aveva conosciuta in un luogo insolito e in circostanze tristi per entrambi, era sembrata “una bambina abbandonata, sconsolata, spaventata”. Lo slancio incontrollato di Mario e l’irresistibile voglia di lei violano le regole a suo tempo concordate. Da qui, l’evolversi della trasgressione in tragedia: “un vento sinistro”, si legge nel risvolto di copertina, “porta scompiglio nella casa di bambola che Giulio ha costruito”. Sono evidenti nell’opera i rimandi a libri come "Santuario" di Faulkner e "L’amante di Lady Chatterley" di Lawrence.
Camilleri, accantonando l’uso della parlata agrigentina a favore dell’italiano, non rinuncia all’affresco erotico magistralmente rappresentato: egli, ispirandosi a un fatto realmente accaduto (la vicenda di una coppia aristocratica e di un giovane studente, spiega egli stesso in “Nota”) con raffinate e insinuanti dinamiche espressive fa anche dolorosamente viaggiare nel “labirinto dell’eros”, dove il Minotauro si nutre di appetiti “oscuri e inconfessabili”.
di Federico Guastella
Ancora una figura femminile, al centro della storia de Il tuttomio, romanzo scritto in una lingua italiana controllata, formale, senza sbavature e piuttosto fredda ed impersonale. Se non si sapesse che questa vicenda è stata scritta da Camilleri, si penserebbe ad un autore anonimo, non ben identificato. Merito allo scrittore che si cimenta in svariati generi letterari, ma la dimensione del romanzo borghese tout court non è, a mio modesto parere, un suo valore aggiunto. Più che la trama, un cesello di parti diverse (A.C.nella nota finale parla di tessere per comporre il mosaico femminile) in cui si combinano (o scombinano?) elementi psicologici, cronaca nera in salsa anni 50/60 e altro non ben decifrabile, è lo stile che lascia perplessi. La lingua è usata senza fantasia e scardinamenti che fanno la differenza, la sintassi paratattica dà stilisticamente un ritmo monocorde e piatto. Già ne Il tailleur grigio e in Un sabato, con gli amici Camilleri aveva tentato la carta del dramma borghese, disegnando donne manieristiche, con basico scavo interiore, così cartonate da apparire finte e senza anima, belle di quella perfezione fumettistica e poco credibile, motivate da traumi o manie devianti, specchi fedeli di manuali psichiatrici, da risultare donne finte e improponibili, modelli femminili da riviste patinate, ma sporcate da recessi retroattivi.
In questo stereotipato quadro muliebre, il titolo Il tuttomio è l’antro segreto in cui si rifugiano le malefatte di Arianna, una sorta di nomen omen… il labirinto…Teseo…il Minotauro. È una giovane di trentatré anni, sposata ad un uomo più vecchio e con difficoltà sessuali, dotata di bellezza rovinosa, segnata da esperienze che ne hanno frantumato l’essere: una donna a segmenti, un assemblaggio difficile da ricomporre dietro la facciata del perbenismo e della solidità economica conquistata. Gli uomini che compaiono nella sua vita sono artefici del suo destino o marionette nelle sue mani; Arianna, nelle intenzioni dell’autore, dovrebbe apparire quel tipo di donna che irradia seduzione, ammalia e brama sesso compulsivo e selvaggio, misto ad un’innocenza fanciullesca, quasi disarmante, ma questo mix mal si concilia con il quadro d’insieme. Insomma, Arianna risulta un personaggio cartaceo insulso, le sue voglie così prevedibili che il lettore, presumo io, o a mio avviso, non solo non aderisce ad esso, ma se ne ritrae prendendone le distanze: questo non vuol dire che sia un personaggio negativo, è solo stampato sulle pagine come un disegno di linee senza profondità prospettiche.
Come migliaia e migliaia di altri lettori, amo Camilleri e leggo indiscriminatamente quasi tutto quello che produce, ma ho trovato questo suo lavoro irritante, brutto e inutile da leggere. Dies irae lectoris! Non voglio essere blasfema, ma il Maestro ci ha abituati a tutt’altra letteratura e si sa che le abitudini sono vizi perniciosi ai quali siamo abbarbicati e a volte, invece, di essere indulgenti verso chi si stima e si ammira, si è intransigenti e si pretende il meglio.
Certamente il mio è un giudizio personale e opinabile.
di Arcangela Cammalleri
Il tuttomio
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