Il vecchio barone inglese
- Autore: Clara Reeve
- Genere: Horror e Gotico
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: BEAT
- Anno di pubblicazione: 2017
“Il vecchio barone inglese” (BEAT, 2017, collana Superbeat, titolo originale The Old English Baron, a Gothic Story, traduzione e cura di Sergio Marconi) di Clara Reeve (Ipswich, 23 gennaio 1729 - Ipswich, 3 dicembre 1807) fu pubblicato anonimamente nel 1777 con il titolo The Champion of Virtue, prima di apparire con il titolo corrente nel 1778.
Il romanzo scritto in imitazione de “Il castello di Otranto” di Horace Walpole, spesso stampato con esso e che ha influenzato la scrittura di “Frankenstein” di Mary Shelley, si può considerare un classico della letteratura gotica. Da sottolineare la raffinata immagine di copertina di questa riedizione che riproduce un dipinto di Joshua Reynolds, Charles Carroll di Carrollton, datato 1763 circa. Inoltre una nota al testo precisa che questa traduzione di The Old English Baron è condotta sull’edizione curata da James Trainer per la collana Oxford English Novel, Oxford University Press, 1967, che si basa sull’edizione del 1787 (la seconda in assoluto e la prima a recare il titolo con il quale il romanzo è noto oggi). Clara Reeve
“la grande innovatrice del romanzo gotico”
per il New York Times, delinea una trama perfettamente in linea con i temi principali del gothic romance cioè storie ambientate nel Medioevo in castelli diroccati, sotterranei cupi. Solitamente l’atmosfera che circonda questo genere narrativo sviluppatosi dalla seconda metà del XVII Secolo caratterizzato dall’unione di elementi romantici e dell’orrore, è tenebrosa e fosca. Qualcosa di strano, soprannaturale e orripilante sta sempre per accadere. Tra le pagine del libro il lettore avrà modo di fare la conoscenza di un castello buio e spaventoso, di un usurpatore malvagio, di un giovane eroe che ignora le sue nobili origini e di una dimora infestata da spettri e strane presenze. Nei primi anni del XV Secolo Sir Philip Harclay tornava in Inghilterra, suo paese natio, reduce dai suoi viaggi. Il “degno cavaliere” aveva servito sotto il glorioso re Enrico V, distinguendosi per il suo valore conquistando una grande fama, e non era meno stimato per le virtù cristiane, che per le gesta cavalleresche.
“Dopo trent’anni di viaggi e di guerre, il cavaliere si decise a ritornare in patria per trascorrere in pace il resto della vita, e prepararsi a una migliore condizione futura, dedicandosi a opere di bontà e di carità”.
Il nobile cavaliere aveva un amico, Arthur, il figlio di Lord Lovel, durante la lunga permanenza all’estero Harclay aveva mantenuto una corrispondenza con l’erede di Lord Lovel. L’ultima lettera di Arthur lo informava della scomparsa del padre e del suo matrimonio. Da allora Sir Philip non aveva più ricevuto sue notizie. Sir Philip dopo essersi recato nella residenza di famiglia nello Yorkshire, aveva deciso di visitare il castello di Lovel per capire che cosa fosse successo all’amico. Con costernazione e dolore Harclay aveva appreso della scomparsa in battaglia di Arthur circa 15 anni prima. Lady Lovel era morta di dolore qualche tempo dopo. Titolo e patrimonio erano stati ereditati dal secondo in ordine di successione, un parente del defunto di nome Sir Walter Lovel. Quest’ultimo aveva fatto sposare la sorella al barone Fitz-Owen, gli aveva venduto il castello e se ne era andato per costruirsi una nuova casa nel nord dell’Inghilterra, nel Northumberland. Il barone aveva tre figli e una figlia, ma oltre a loro Fitz-Owen teneva in casa, per educarli insieme con i figli, altri giovani gentiluomini, due dei quali erano suoi nipoti. Se i figli di Fitz-Owen erano dei giovani che promettevano bene, tuttavia ce n’era uno che a ragione veniva considerato superiore a tutti loro, sebbene fosse stato solo il figlio di un povero bracciante. Quando Sir Philip aveva conosciuto Edmund Twyford,
“uno dei giovani più belli tra quanti mai se ne videro sotto il sole”, Harclay aveva notato “una forte rassomiglianza con un mio caro amico di un tempo: i modi di questo ragazzo lo ricordano quanto la sua persona”.
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