Il vecchio pozzo
- Autore: Magda Szabó
- Casa editrice: Einaudi
Tra i numerosi romanzi di Magda Szabò, morta nel 2007, questo che ne racconta l’infanzia e l’educazione sentimentale è certo uno dei più toccanti e coinvolgenti.
La scrittrice ungherese ci accompagna in un viaggio che comincia quando era una bambina di pochi anni, a Debrecen, in Ungheria, nei primi anni ’20 del secolo scorso. Figlia di due artisti, scrittori, poeti, lettori infaticabili, la bambina malaticcia e macilenta, troppo spesso ammalata ma dotata di una sensibilità che rischia di farne una spostata, cresce in una specie di fiaba: padre e madre vivono per lei, per lei inventano favole, scrivono racconti, confezionano libri, incoraggiano la sua fantasia, assumono un atteggiamento permissivo, criticato da parenti ottusi ed ignoranti, nei confronti delle stranezze che la bambina compie. Mandata da una parente benevola per migliorare la sua gracile costituzione, ne distrugge sistematicamente i mobili pur di tornare subito a casa, sotto l’ala protettiva degli adorati genitori, capaci di comprendere e perdonare alla piccola ogni sorta di bizzarria. Pianti, finte febbri, mutismi e insonnie sono all’ordine del giorno nel quotidiano della bambina, che cresce con il solo sapiente insegnamento della madre, troppo fragile per frequentare la scuola; quando riesce ad essere in classe per brevi periodi, le sue compagne la beffeggiano perché bruttina e diversa, tranne una sola, la bionda Agancsos, con la quale improvvisa recite, inventa storie, mette su una specie di teatro che sarà la prima prova della sua futura attività di scrittrice.
Il libro è diligentemente diviso in capitoli che corrispondono ad altrettanti temi intorno a cui ruota la giovane vita di Magda: genitori, animali, figure, immagini, vita religiosa, arti, le poesie, la scuola e i miei mariti... In ognuno di questi capitoli l’autrice racconta un pezzo importante della propria formazione, della propria avventurosa crescita psicologica, stimolata da una fantasia prorompente, da una sensibilità quasi morbosa, da un contesto familiare ricco di idee, tensioni, grande e raffinata cultura.
“Divoravo i testi nella libreria dei miei genitori con la voracità di un drammaturgo che cerca materia, per recitare sempre qualcosa nelle pause della vita, e scoprii l’amore; l’idea di un amore fatale, famelico, eterno, curiosamente si impossessò di me attraverso lo spirito, come una vera immacolata concezione”
Magda Szabò mostra una capacità di scrittura di grande spessore, una lingua duttile e capace di aderire alle pieghe più nascoste di una sensibilità ancora in fieri. Aiutata da un contesto familiare mai impositivo, sempre accudente, la piccola ha appena imparato a leggere e:
“già ardevo dal desiderio continuo di esercitarmi in quel nuovo sapere cui mi sentivo via via più grata, e prelevavo un libro dopo l’altro dalla libreria o dai posti più strani dove finivano; perché in casa nostra ce n’erano dappertutto, sulla macchina per cucire, sul tavolo della cucina, sul cassone della biancheria sporca in bagno, sul comodino da notte, tra le stoviglie, persino sull’attaccapanni a muro nell’anticamera o sui piatti di rame della bilancia”.
Come non amare un libro del genere, per chi ama i libri? Spesso ci si chiede il perché oggi la lettura sia un’attività così poco frequentata dai più giovani: questo libro ci mostra, se ce ne fosse bisogno, la forza dirompente dell’esempio, la capacità di trasmettere passioni da parte degli adulti, l’amore per due genitori che si trasforma nella mente della bambina nell’amore per la cultura, in tutte le sue forme più disparate. La Szabò, forse involontariamente, ha raccontato la sua educazione sentimentale fornendoci una piccolo manuale di pedagogia della lettura. Una passione che arriva fino a noi e ci riempie di commozione.
Il vecchio pozzo
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