Il veleno dell’oleandro
- Autore: Simonetta Agnello Hornby
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2013
“È un posto di vita e di morte, e dunque d’amore. Lo scoprirai crescendo”.
Nella località immaginaria di Pedrara, nella Sicilia dei Monti Iblei, nell’arco temporale di sei giorni si decide la sorte della famiglia dei Carpinteri. Una grande villa vicino a Zafferana Etnea, facente parte di una tenuta agricola, è il palcoscenico dell’ultimo romanzo della scrittrice palermitana Simonetta Agnello Hornby, dove ancora una volta è protagonista la Sicilia magica, misteriosa e sensuale, terra così ben evocata dall’autrice da attrarre e sedurre il lettore.
Donna Anna Carpinteri, afflitta da demenza senile, sta per morire e al suo capezzale accorrono figli e nipoti non solo per tributare alla donna l’ultimo saluto. La dimora padronale in stile moresco con annessa torre, costruita in una cava sperduta cui si accede attraverso una pista tortuosa ripida e pericolosa circondata da un giardino lussureggiante, nasconde più di un segreto familiare e forse anche un antico tesoro, i gioielli di Nonna Mara, “l’adultera a cui tutti dobbiamo tanto”.
Mara, Giulia e Luigi capiscono subito che il vero padrone ora è diventato Bede (Benedetto Lo Monaco) badante, custode, factotum e bellissimo quanto ambiguo, sensuale, senza età.
“È un dovere e un privilegio badare a Donna Anna, lei ha fatto tanto per me”.
Mentre i fratelli sono sempre più convinti che l’uomo sia solamente un approfittatore infido, “né uomo, né donna”, zia Anna dal suo letto di morte prosegue nella sua litania: “Bede non ha mai fatto del male a una mosca, è buonissimo...”. Ma la macchia degli oleandri rossi nel giardino della villa non è in grado di occultare i loschi traffici che avvengono all’interno di quelle pareti verticali di roccia dove impetuoso scorre il corso del fiume Tenulo.
“Nessuno deve vivere a lungo a Pedrara, il veleno degli oleandri è tossico”.
Le voci di Mara e di Bede si alternano in questo romanzo che descrive l’amore:
- la passione proibita che ha legato Bede, “il Pupo del Console”, a Tommaso, il marito di Anna;
- l’ossessione che Donna Anna prova da sempre per Bede;
- l’amore sbagliato che rende Giulia succube di Pasquale, consorte violento e crudele;
- la dolce tenerezza di Viola (figlia di Mara) per il cugino Thomas;
- la dedizione servile che le domestiche gemelle sempliciotte Pina e Nora hanno per zio Bede.
“La mia era una bella famiglia. Povera”.
Con queste parole Bede, il ribelle che “sfida i tabù e ostenta la sua bisessualità”, ricorda il passato: figlio di una sarta e di uno “scarparo”, bianco di pelle, speciale fin dalla nascita (“tu sei come l’angelo dell’Annunciazione a Maria”), affidato dal padre all’ambasciatore Tommaso, diventato assistente/segretario privato del diplomatico e suo amante.
“L’amore d’un ragazzo è bello averlo, bello perderlo; molto più facile trovarlo che goderlo”. (Teognide)
È la prima volta che l’autrice, che vive dal 1972 a Londra dove ha svolto con successo la professione di avvocato, rende un uomo protagonista di un suo libro che intreccia i temi del romanzo gotico con il barocco dell’architettura siciliana. Parlando del personaggio principale del suo ultimo volume, pubblicato dalla casa editrice Feltrinelli, Simonetta Agnello Hornby ha precisato in una recente intervista che Bede
“è l’unico che fa il suo dovere, vive in solitudine un grande amore e si conforta nel gusto del bello. E paga a prezzo carissimo una leggerezza commessa in gioventù”.
Il veleno dell'oleandro
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Un romanzo deludente. La buona qualità della scrittura e le belle descrizioni architettoniche e paesistiche non compensano i vistosi difetti.
Tanto per cominciare c’è un eccesso di spunti e di personaggi "anomali".
Quanto ai primi, troviamo, tutti sommariamente sviluppati: amori particolari, mafia, coltivazione e traffico di droga, tratta di di clandestini, delitti vecchi e nuovi.
Per i secondi: bisessuali e squilibrati vari, mariti violenti e mogli masochiste, madri più o meno mal riuscite, una figlia anoressica.
L’intricata vicenda, vagamente gialla, si dipana, attraverso alcune divagazioni sapzio- temporali, intorno alla ricerca di un tesoro in pietre preziose.
Il succedersi dei punti di vista, con l’io narrante in prima persona, a lungo andare diviene fastidioso, né le ripetizioni che ne conseguono aiutano la concentrazione del lettore.
I personaggi, pur tanto peculiari, non risultano davvero connotati. Quelli secondari sono piuttosto schematici; l’ambiguo Bede più che misterioso rimane evanescente fin quasi alla risoluzione finale; la madre narcotizzata è troppo monocorde. Convincente soltanto Mara, la narratrice principale.
L’impressione complessiva è che l’abbondante materiale non sia stato trattato con la cura e coerenza che l’autrice ha dimostrato in altre opere e che tutta la narrazione abbia risentito di una qualche frettolosità.
Fanatica della brava scrittrice, ne ho letto parecchi, ma devo dire che questo mi ha deluso. Confuso, non comprensibile nei personaggi parlanti, nelle situazioni presenti e passate, non consono alla sua bravura.
Da elogiare la descrizione sempre a livelli alti della Sicilia che ama tanto ma non sufficiente per un trama ingarbugliata .
Almeno questo e’ per me. Regalero’ il libro