Il veliero sul tetto
- Autore: Paolo Rumiz
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2020
La rilettura esperienziale della quarantena dall’osservatorio privilegiato del proprio appartamento triestino affacciato sul golfo adriatico consente a Paolo Rumiz di vivere e di condividere con il lettore uno dei viaggi più straordinari della sua vita.
Rumiz, da esperto navigatore del mare dell’esistenza, fa proprio l’aforisma di Seneca “non possiamo dirigere il vento, ma possiamo orientare le vele”, afferrando simbolicamente con forza il timone di un veliero colto dall’inedita tempesta pandemica, con la lungimiranza e il vantaggio di uno sguardo dilatato sul mondo.
Dal pennone più alto del tetto del complesso condominiale in cui abita, inizia ad appuntare un vero e proprio diario di bordo del periodo di reclusione coatta, con scritti a cadenza quotidiana dal 12 marzo al 30 aprile 2020.
In questo tempo restituito, Rumiz percorre due percorsi paralleli: un cammino intimista volto a riscoprire se stesso nell’autodeterminazione di una nuova disciplina delle ore, intessendo riflessioni personali e coltivando la certezza del dubbio e un cammino di immaginaria apertura verso quell’esterno di cui siamo stati fisicamente privati ma nei confronti del quale una compensatrice ondata di informazioni, aggiornamenti e iperconnessioni cerca di supplire alla imposta staticità prudenziale.
L’autore si muove nel nuovo presente, con i dubbi, i timori e le speranze che hanno attraversato la mente di tutti noi in quei giorni di meditazione forzata.
Sullo sfondo di una Trieste desolata, sferzata dalla bora, a cavallo tra inverno e primavera, il Rumiz viaggiatore a volte scalpita in una risacca di impazienza per i confini imposti che non fanno altro che sollecitare il desiderio di partire, ma si rivela anche uomo di estrema disciplina che gli consente di immergersi nei meandri della propria mente, setacciando riflessioni e citazioni che si alternano ai continui aggiornamenti sulla tragedia pandemica.
Così, ne Il veliero sul tetto (Feltrinelli, 2020), l’autore va a tangere grandi tematiche, dal tempo alla morte, dalla dignità alla libertà, dalla rabbia al pericolo, dalla sicurezza sociale all’immigrazione, dall’amicizia alla solidarietà, dalla preghiera intesa come ringraziamento alla poesia. Viene a prevalere il concetto di uscire dal proprio Io per abbracciare un noi, coeso, compatto di fronte alla difficoltà imprevista, auspicando uno spirito di unità europea, non solo di fronte alla paura ma come linfa vitale imprescindibile del nostro Vecchio Continente. Si pone con sguardo critico di fronte a un apparente rinsavimento dell’uomo e alla riconquista da parte della natura dei propri spazi, in quanto consapevole che tutto ciò stia avvenendo per forzato trauma e non per diretta volontà.
Un libro monito nei confronti di un’umanità che non sarà mai davvero pronta a un cambiamento radicale e a una perentoria presa di coscienza, perché l’uomo dimentica in fretta e Rumiz lo sa. È consapevole di riporre troppa fiducia nell’essere umano che dovrebbe approfittare di questa occasione unica per riscoprire il valore delle proprie scelte, sviluppare la coscienza di tentare di uscire dalle tenebre di sé stesso, percependo l’essenza e l’essenzialità delle cose, praticare l’alleggerimento dall’inutile e riflettere sulla nostra fragilità nei confronti dell’ineluttabilità.
Dal turbinio di pensieri e riferimenti storici, letterari e sociologici, si riemerge in consequenziale affanno esercitando a piena forza un’inspirazione massimale, con lo stordimento di chi rivede la luce dopo un lungo periodo di buio, ma pronti a salpare ancora, consapevoli che il vero significato del viaggio sarà il nostro nuovo modo di vedere e interpretare le cose.
Il veliero sul tetto
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