Oggi 1° maggio, si ricordano tutte le lotte per i diritti dei lavoratori, originariamente nate per la riduzione della giornata lavorativa. Una giornata in cui riflettere sul lavoro che manca, che si è perso a causa dell’emergenza sanitaria e che stiamo vivendo da ormai più di un anno. La pandemia da SARS-CoV-2 ha ucciso anche il lavoro. Infatti i posti di lavoro che si sono persi nel mondo a causa del Covid nel 2020 sono 255 milioni.
L’impressionante cifra è stata resa nota dall’Organizzazione Internazionale del lavoro (ILO) in un rapporto sugli impatti della pandemia pubblicato nel 2021, in cui ha sottolineato che i posti di lavoro persi sono state quattro volte maggiori rispetto a quanto avvenuto nella crisi finanziaria del 2009. I più colpiti sono stati i giovani e le donne. Infatti, la perdita di posti di lavoro ha colpito il 5% della manodopera femminile, contro il 4% di quella maschile. I giovani sono stati duramente colpiti: all’8,7%, contro il 3,7% dei lavoratori maturi. I vari lockdown, benché necessari, sono stati deleteri: il 71% delle perdite nei posti lavorativi si è verificato per inattività, più che per impossibilità di mantenere o trovare un impiego. Le persone hanno abbandonato il mercato del lavoro perché impossibilitate a lavorare a causa delle restrizioni riguardanti la pandemia, mentre un’altra fascia di lavoratori, ma più esigua, ha abbassato la serranda della propria attività per via dei guadagni ridotti nel periodo pandemico, mentre altri ancora hanno addirittura smesso di cercare un impiego.
Perso l’impiego e anche la speranza.
In attesa di tempi migliori, confidando nella ripresa economica, che prima o poi dovrà arrivare, e che dovrà passare per la vaccinazione della popolazione italiana, in questo giorno particolare, c’è un libro dalla copertina rovinata, in uno scaffale della libreria, che cattura la nostra attenzione: Il ventre di Parigi di Émile Zola (Parigi, 2 aprile 1840 - 29 settembre 1902). Il volume, redatto dallo scrittore, giornalista, saggista, critico letterario, filosofo e fotografo francese nel 1873, venne inizialmente pubblicato come feuilleton, romanzo d’appendice, dal 12 gennaio al 17 marzo, poi in libro a maggio che raggiunse tre edizioni nel corso di un anno.
Il ventre di Parigi
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Il volume è il terzo di venti romanzi dello scrittore francese pubblicati tra il 1871 e il 1893, una serie di opere dal carattere molto realista del ciclo dei “Rougon-Macquart”. È il sottotitolo che fa comprendere le intenzioni dell’autore: “Historie naturelle et sociale d’une famille sous le second Empire”. Attraverso cinque generazioni con 1200 personaggi, lo scrittore analizza l’importanza dell’eredità genetica, che condiziona i figli e i figli dei figli. Zola inoltre si domanda quanto possa essere importante l’ambiente circostante. Storia e dramma di più generazioni, ma anche storia di Francia dal Secondo Impero fino a Sédan, in uno studio psicologico e sociale. Non è più la Comédie Humane di Honoré de Balzac, storico del regno di Luigi Filippo, ma dramma umano analizzato scientificamente.
Il “ventre di Parigi” è Les Halles, il grande mercato alimentare parigino, ventre della città, ambiente naturale di un romanzo moderno. Per la stesura del testo il giornalista Zola si documenta a fondo, perché ha già chiaro nella sua mente lo sfondo su cui stendere la tela della storia di due fratelli, Florent, di idee rivoluzionarie e giacobine e Quenu, agiato charcutier del mercato di Les Halles, sposato con la bella Lisa Macquart.
Zola si documenta sulle giornate del 2 dicembre 1852 e sugli scontri che seguirono il colpo di stato di Napoleone III, inoltre lo scrittore legge testimonianze di deportati alla Cayenne, come Florent, evaso dal carcere e tornato a Parigi in cerca di riscatto. Ma l’ambiente dei piccoli negozianti di Les Halles gli sarà fatale. Impossibile ritenere che gli ideali repubblicani di Florent possano fare breccia nelle menti arriviste dei bottegai di Les Halles. Ma il vero protagonista del romanzo è “il ventre di Parigi”, natura morta ricca di cibo descritto in modo meraviglioso e realistico, dove uomini e donne lavorano incessantemente e ostinatamente per raggiungere l’agiatezza, anche se timorosi di quell’ordine imposto dall’Impero, che li fa sopravvivere nella viltà. Ecco perché un uomo come Florent, e con lui il suo progetto politico rivoluzionario, è destinato a fallire, anche grazie alla denuncia della cognata e al silenzio complice del fratellastro.
“Lungo il viale deserto, nel profondo silenzio della notte, i carri degli ortolani, diretti verso Parigi percuotevano con l’eco dei loro monotoni scossoni, a destra e a sinistra, le facciate delle case immerse nel sonno dietro i filari confusi degli olmi”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Rileggere “Il ventre di Parigi” di Émile Zola il giorno della Festa del lavoro
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