Il vicolo delle cause perse di Claudio Paglieri

Genova. È passata una settimana dalla soluzione dell’omicidio Ferretti. Marco Luciani ha deciso di chiudere con la vita da sbirro: ha chiesto un periodo di ferie, rassegnato le dimissioni e attende l’ufficialità del congedo. Dopo la sua domenica nera, il passato è ormai una porta chiusa.

"Schiacciò il pulsante sulla scrivania e la porta si aprì, molto lentamente. Riaprì la porta, molto lentamente."

Rapallo. Barbara Ameri risponde al citofono e aspetta. Non sa che dall’altra parte c’è la persona che le strapperà la vita.

"Il vicolo delle cause perse", secondo capitolo delle indagini di Marco Luciani, è il romanzo dell’attesa: ci sono sottoposti in attesa di una promozione e principali che aspettano di mollare tutto; ci sono giovani e vecchi, gli uni attendono l’amore vero, gli altri la morte.

Nel giallo di Paglieri, "attesa" è però sinonimo di agonia:

"Omicidio, suicidio, disgrazia."

Per le cocenti stradine liguri di maggio, si compie una vera e propria carneficina; non scorre un rivolo di sangue, c’è solo uno sparo (ma lontano, in Francia). Per le creuze, solo morti lente, agonie più o meno lunghe, alcune assaporate, altre soffocanti.
A vegliare sull’umanità randagia che popola il libro, San Giuda, il santo delle cause perse. Non ha fedeli Giuda Taddeo, perché solitamente è confuso con Giuda Iscariota. A Luciani spiegano che è un patrono pericoloso, a doppio taglio: un omicida. Marco prova, in fondo lui per primo è una causa persa, e scopre che la verità è un’altra. San Giuda regala il coraggio per ritrovarsi, le palle per affrontare valorosamente ogni disperata crociata. A uccidere ci pensano i traditori, i proseliti di Giuda Iscariota: uomini e donne che si perdono in una vita agonizzante, scivolano nei tradimenti come scalatori alle prime armi.
Marco Luciani impara che le cause perse (ma valorose, come Don Chisciotte) sono sempre nuovi inizi.