In città zero gradi di Daniel Glattauer

Se avete già letto i due precedenti capolavori di Glattauer, Le ho mai raccontato del vento del Nord e La settima onda, riconoscerete fin dalle prime righe lo stile divertente e divertito del nostro autore. Anche questa volta, Glattauer si cimenta nella descrizione di una storia d’amore che nasce per caso e si sviluppa in un crescendo che corre sempre sul limite del precipizio: fino alle ultime pagine si resta con il dubbio che i due innamorati possano davvero dirsi tali e che la loro unione possa realizzarsi sul serio.

Kurt è un single, non gay -come intende chiarire fin dalle prime righe- che sta progettando una piccola vacanza per fuggire l’ennesimo Natale di clichés. Un solo, peloso, ostacolo si frappone fra Kurt e le Maldive: l’indolente cane Max ha bisogno di un’anima generosa che si occupi di lui finché il suo padrone è in vacanza. Kurt pubblicherà un annuncio su Internet e, anche questa volta, la Rete sarà galeotta.
Katrin è in cerca di un espediente che la salvi dal trascorrere un altro Natale con i suoi genitori, immancabilmente preoccupati dalla singletudine della loro unica figlia. Visto che il padre di Katrin è inguaribilmente allergico ai cani, occuparsi di Max sembra la soluzione ideale.

Moderno Demiurgo, Max impersona l’idea che i due padroni hanno di sé stessi, trasformandosi da pigro a vivace a seconda che sia in compagnia di Katrin o di Kurt. Una trovata assolutamente geniale, che solo un autore colto e sensibile come Glattauer poteva sperimentare: Max è il modesto cardine attorno al quale ruota tutto il romanzo e sul quale tutto il romanzo poggia.

Anche in questo testo, Glattauer sfoggia la sua straordinaria capacità di portare sulla carta la lingua parlata, senza costringerla troppo negli obblighi della pagina, ma senza neppure farla sentire fuori luogo. “In città zero gradi” è un romanzo che si legge con gusto, per la falsa semplicità della prosa e per l’originalità dei soggetti, siano essi umani o canidi.