Disponibile in libreria “Maria di Isili” (Giunti, 2016, pp. 160, euro 14,00), l’esordio letterario dello scrittore sardo Cristian Mannu che vive a Cagliari, dove è nato nel 1977. Un romanzo sul coraggio e la forza di una donna pronta a tutto pur di conquistare la propria autonomia, con il quale l’autore ha vinto il Premio Calvino 2015.
“Si vedeva da come filava che non era una bambina come le altre. Una “aicci bravixedda deu non dd’apu mai bia”, e non solo lì in paese, a Ísili, “seu narendi”. Se non capisci quello che dico, fermami però, che ogni tanto mi esce qualche frase in dialetto, ma non ci posso fare niente, è più forte di me.”
Cristian Mannu, il quale da una decina di anni lavora come commerciale per un istituto di credito in giro per la Sardegna, nel volume dedicato “A Maria, tutte”, regala ai lettori la storia di una donna che, pagandone il prezzo, segue la legge del desiderio, sfidando gli interdetti sociali, sullo sfondo di una Sardegna arcaica popolata da vagabondi, levatrici-accabadore, figli burdi, fatti di sangue e indicibili segreti.
La trama del libro
Zia Borìca, che di neonati ne ha visti nascere tanti, capisce subito che quegli occhi così azzurri possono solo essere opera di un angelo o di un demonio. Sin da bambina Maria si distingue dal resto della famiglia: dalla madre vestita di scuro con lo sguardo fisso nel vuoto, dal padre che ha gli occhi neri più del camino sporco di fuliggine, dalla sorella maggiore Evelina che ha sempre un rosario in mano. Maria è ardente e sognatrice, e ha una dote speciale: sotto le sue mani, il telaio è come un pianoforte, con cui crea ad arazzi meravigliosi, intrecciando sapientemente lana e rame. Un dono grazie al quale sembra destinata a un futuro felice, nel piccolo villaggio di Ísili, dove il vento che sferza le pietre delle case profuma di avena selvatica e rosmarino. Ma un giorno in paese arriva Antonio Lorrài, il ramaio, il gitano, bello come un principe delle favole sul suo cavallo nero. E per la prima volta Maria, che a sedici anni non ha mai baciato nessuno, si sente accendere come un fiore nel fuoco. Anche se Antonio sta per sposare la sorella Evelina, Evelina che lei ama profondamente, Evelina che aspetta un figlio da quell’uomo oscuro.
“L’ho fatta nascere io, a Maria. Ho aiutato la mamma a tirarla fuori. Prima si nasceva in casa, mica come adesso che a Ísili c’è anche l’ospedale, ma si muore lo stesso di parto. A quei tempi c’ero io che andavo in giro per tutto il paese e Franca Atzori che faceva altro, ma tanto già lo sanno anche i muri che cosa faceva, non devo certo dirlo io. Io però quelle cose non le ho mai fatte.”
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Il romanzo “Maria di Isili” di Cristian Mannu è costruito secondo la tecnica della narrativa orale dove i singoli personaggi si raccontano o raccontano ognuno dal proprio punto di vista la storia di uno di essi che diviene il focus intorno al quale si svolgono le vicende.
“ È come se lo scrittore registrasse una conversazione a più voci, in cui gli interventi degli interlocutori, immediati e talvolta sconnessi, si susseguono su ritmi diversi, in un diluvio di parole e in un intrico di storia, visionarietà, parabole e proverbi”.
Non tutti i dieci personaggi che si incaricano di raccontare la vita travagliata di Maria di Isili dagli occhi celesti come il cielo, raggiungono le giuste capacità espressive e rappresentative, molti di loro stancano perché prolissi e ridondanti.
Crstian Mannu inoltre riprende il trito stilema deleddiano di una Sardegna sferzata dal vento in una natura splendida e matrigna, indifferente al destino di uomini-eroi incapaci di riscattarsi dalla condizione di perdenti in cui un destino spietato, che non riconosce a nessun di essi il diritto alla felicità, li ha posti.
Si potrebbe parlare di epopea dei «vinti», ma del Verga Il Mannu non possiede la capacità di costruire scenari di coralità e potenza evocativa.