Skira edita “Vita mia” (2017, pp. 176, euro 16,00, a cura di Luca Massimo Barbero), “autobiografia d’artista” dello scultore e scrittore Pietro Consagra (Mazara del Vallo, 6 ottobre 1920 – Milano, 16 luglio 2005), uno dei più prestigiosi esponenti dell’astrattismo internazionale.
Nelle prime pagine dell’autobiografia dedicata “A mia sorella Carmela”, accompagnata dalla copertina dove appare Pietro Consagra immortalato da Enzo Sellerio in un suggestivo scatto, datato 1972, l’artista inizia a parlare della terra natia. Quella Sicilia, situata al centro del Mediterraneo, dominio di eserciti vittoriosi altrove. L’autore ricorda che sulla facciata della cattedrale del suo paese, Mazara del Vallo,
“c’è una bella scultura in marmo dell’epoca barocca, rappresenta Ruggero il Normanno a cavallo che scaccia l’Arabo: un monumento a due estranei che si davano il cambio”.
Pietro Consagra è uno sculture universalmente noto per l’originalità delle sue proposte e delle sue realizzazioni. Se è vero (nel senso in cui lo è) che ciò che conta non è l’uomo ma l’opera, non meno vero è che dietro ogni opera c’è un uomo in carne e ossa. Nel nostro caso, Pietro Consagra vuole raccontare in queste pagine se stesso, quel che ha fatto, visto e vissuto, non soltanto perché artista ma in quanto uomo. Un uomo la cui esistenza è coincisa con una determinata epoca, si è intrecciata con determinate circostanze e occasioni, rispetto alle quali ha avuto varie reazioni, tentato delle risposte, preso questa o quella posizione. Sicché egli ci fornisce non solo un’“autobiografia d’artista” ma un ripensamento dei propri casi per cercare di metterne in luce le connessioni, di indicarne con consapevolezza il senso o un presagio di senso.
In un’esposizione assai sobria ma mai reticente, profilata con vigile ma non avaro controllo, Pietro Consagra ci racconta la sua vita. Mazara del Vallo, suo luogo natio, l’infanzia e la giovinezza nella povertà e al tempo della guerra; la scoperta delle potenzialità d’arte che erano in lui, i primi disegni, le prime sculture, lo sbarco degli Alleati in Sicilia. Il trasferimento a Roma nel ’44, la milizia nel Partito comunista nell’immediato dopoguerra, i sodalizi e le inimicizie, le propensioni e le idiosincrasie, le polemiche a proposito della questione (che coinvolgeva ben più che la mera sfera estetica) del “realismo” e dell’“astrattismo”. Il distacco dal PCI e anzi dalla politica militante; il matrimonio con un’americana, i figli, il successivo venir meno della compagine famigliare; l’incontro con un’altra compagna e con una nuova comprensione del rapporto con la donna. L’affermazione sua personale nel contesto dell’arte internazionale, su su sino al 1980, alle acquisizioni (ma anche ai dubbi) che intessono una trama di rapporti e di attenzioni nel mondo e per il mondo di oggi.
Nel lettore crediamo desteranno grande interesse, oltretutto, le pagine dedicate alla politica culturale nell’area della sinistra del primo dopoguerra. La ricostruzione di Pietro Consagra è la prima che – sine ira et studio – ne dia conto dall’interno non senza qualche sobrio ricorso a un’aneddotica che ci restituisce al vivo personaggi e situazioni di quell’epoca. Una scelta di fotografie e di disegni documenta momenti fondamentali della vita e della produzione di Pietro Consagra, e una compendiosa scheda finale addita le fasi e le ragioni della sua traiettoria d’artista.
“Una volta, tornando da Parigi, seppi dal giornale di Saragat che amici di miei amici erano venuti a studio per preparare bottiglie Molotov, da usare contro la polizia nelle manifestazioni contro Scelba”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: In libreria “Vita mia” di Pietro Consagra: un’autobiografia d’artista
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