In morte di una cicala
- Autore: Maria Silvia Avanzato
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2015
In morte di una cicala, noir raffinato e intrigante, è il nuovo romanzo confezionato da Maria Silvia Avanzato, nata a Bologna nel 1985 e vincitrice di numerosi concorsi letterari, da oggi 19 giugno in libreria, edito da Fazi.
“La settimana successiva lasciai per sempre la casa dei miei e raggiunsi il sepolcro di Ilda”.
Azzurra Masieri, giovane ventenne di Bologna, stava per raggiungere il borgo di Cima d’Argile per andare a vivere nella dependance accanto alla dimora di Ilda Granato, una “illuminata diva” sul viale del tramonto. Il percorso si faceva più tortuoso via via che l’automobile di Azzurra piena di scatoloni costeggiava il fiume. La strada era pronta a diventare sentiero “polvere, dossi e buche”, la ragazza stava salendo la montagna e il panorama dal colore nostalgico, celeste e marrone, assomigliava a Ilda Granato, che da anni con il marito invalido Gregorio Berreschi si era rintanata a Cima d’Argile per vivere e sfuggire alla morte.
Ex celebrità, Ilda con la sua griglia di rughe impolverate di belletto, la bocca dagli angoli spioventi verso il basso, il broncio di pietra e lo sguardo felino e inquieto sotto le sopracciglia disegnate, non assomigliava più a quel volto giovane per il quale tutti avevano speso una parola d’ammirazione. L’abitazione della “mummia celebre”, un antico casino di caccia, era tutto ciò che era rimasto della fortuna dei Granato. Una “bicocca sfasciata” che era diventata il magnifico sepolcro di Ilda. Più che una villa, una casupola lunga e stretta, sovraccarica di glicini cresciuti oltremisura, dove nel giardino, che rappresentava lo specchio della casa, albergavano un perenne squallore e una coltre di ortiche che arrivava al polpaccio. Taniche, cartoni, buste di plastica, scale a pioli, idranti e laterizi erano ammassati da una parte vicino a una fontana moderna, un trionfo di putti in pietra scura. In fondo a “quello scempio di giardino” c’era una statua, un volto semicoperto dall’edera, un angelo in pietra dalle ali acuminate e grigie di acqua piovana, ali cariche di sterpaglie e appesantite da due dita buone di muschio. “Un altro, folle, cadente ninnolo in quel cimitero di anticaglie” che conosceva tutti i segreti di famiglia.
Azzurra sarebbe dovuta andare a vivere in una specie di dependance lì vicina, costantemente in ombra, più desolata del casino di caccia, con Giorgio, adulto, sposato, integerrimo, il quale “già da un po’ di tempo si divertiva a fare fuori e dentro la mia vita”. Ma il vero motivo del trasferimento di Azzurra in questo luogo fatiscente dimenticato da Dio e dagli uomini, era ritrovare “la mia unica amica” ed ex compagna di scuola Barbara Agosto, nata a Cima d’Argile e fuggita dal natio borgo selvaggio.
“Avevano strappato la giovinezza a Barbara e non sapevo se la mia amica sarebbe mai tornata a casa … Ogni ricordo che ho di Barbara corre a banchi di scuola, notti insonni e brutte avventure finite male”.
Azzurra caparbiamente si mette sulle tracce dell’amica scomparsa che viene ritenuta morta dalla famiglia e dai paesani, eppure nel piccolo cimitero di Cima d’Argile non c’è una tomba a suo nome. Il mistero diventa sempre più fitto ma inaspettatamente accade qualcosa d’imprevedibile. Al lettore il compito di scoprire che cosa.
“Vieni per parlare della cicala”.
In morte di una cicala
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