In nome del Reich. Indegni di esistere
- Autore: Helga Schneider
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2022
Un progetto aberrante per "mondare la terra": prima dello sterminio degli ebrei, i nazisti avevano avviato una campagna di eugenetica che ha portato all’eliminazione di 70mila tedeschi imperfetti, malati di mente e portatori di handicap.
Era l’Operazione T4, il programma di eutanasia autorizzato da Hitler per preservare “la purezza della razza ariana” (oltre alle uccisioni, 400mila sterilizzazioni forzate) e attuato con efficienza teutonica dalle autorità politiche e sanitarie del Terzo Reich. Se non fosse un fatto storico certo, sarebbe materia da fiction. Quella realtà efferata, infatti, integrata dalla fantasia necessaria, è argomento del romanzo In nome del Reich. Indegni di esistere di Helga Schneider, pubblicato nel 2022 da Oligo Editore (Collana Narratori, 190 pagine), marchio de Il Rio srl di Mantova.
L’autrice slesiana, nata nel 1937 in un territorio della Germania che alla fine della seconda guerra mondiale è stato assegnato alla Polonia, vive in Italia dal 1963, a Bologna. Ha scritto libri editi da case editrici nazionali. Per Oligo: Per un pugno di cioccolata e altri specchi rotti (2019) e Bruceranno come ortiche secche. Relazioni pericolose ai tempi di Adolf (2021), quest’ultimo sulla feroce persecuzione nazista nei confronti degli omosessuali. Con Il rogo di Berlino (Adelphi, 1995) ha vinto il Premio Rapallo Carige.
Nel 2019 ha meritato il Premio Renato Benedetto Fabrizi dell’ANPI, per il suo impegno nel proporre “ai cittadini del mondo e alle nuove generazioni la propria vicenda e quella della propria gente nel momento più buio della storia e dell’umanità”.
Nel nuovo romanzo In nome del Reich. Indegni di esistere, come osserva il suo editore, Schneider unisce con maestria fatti storici scrupolosamente documentati e finzione narrativa.
Da parte sua, frau Schneider dichiara in una “piccola nota” di avere incontrato agli inizi del Duemila la signora Grete Schulze (nome di fantasia), testimone dei delitti commessi nel quadro dell’Aktion T4, il programma di auto genocidio nazista.
Sotto responsabilità medica, veniva pianificata ed eseguita la soppressione delle cosiddette “esistenze indegne di esistere”, soggetti di ogni età e condizione affetti da gravi patologie genetiche, tare o inabilità fisiche e mentali. Helga dice di avere appreso tanti particolari, conversando con l’interlocutrice e d’essere stata “fulminata dall’idea di farsi tramite tra lei e la sua dolorosa memoria”. D’intesa, hanno scelto di fare raccontare la vicenda in prima persona, per rendere ancora più coinvolgente la narrazione di un destino drammatico.
La trama: nel 1925, Grete vive a Monaco. A otto anni accompagna il padre all’incontro sulle Alpi bavaresi con un ex combattente e politico emergente, Adolf Hitler, che comincia ad avvicinare fanaticamente tanti tedeschi ai suoi progetti di ricostruzione della Grande Germania.
Nel 1941, è una giovane donna a Berlino, in crisi con il marito, ufficiale delle SS in rapida ascesa. Nel codice del Partito Nero non è previsto il divorzio, tanto meno che una moglie possa allontanarsi dalla dimora coniugale, come ha fatto. Si è rifugiata dai genitori. Il papà non sa perdonarsi di averla cresciuta trasmettendo la fede nel nazismo. Con il marito ha chiuso, lo accusa di avere tollerato, con sollievo, che lo Stato togliesse loro quel “grave peso dalle spalle”. Lei è stata ingannata con una sporca menzogna. Ha sempre davanti il viso del suo piccolo, si sente tremendamente infelice.
Grete militerà nel pur rarefatto movimento di opposizione al nazismo.
La vicenda storica vera: oltre ottant’anni fa, Aktion T4 prese il nome da Tiergartenstrasse n. 4, la via di Belino dove aveva sede la Fondazione di utilità pubblica per la cura e il ricovero in istituti, dietro cui si nascondeva il segretissimo programma di eutanasia. Oltre alla purificazione della razza, perseguiva in modo efferato l’obiettivo di ridurre le quote alimentari, in vista della guerra.
La soppressione degli inabili psichici cominciò nel 1939, subito dopo la capitolazione polacca. T4 venne sviluppato innanzitutto in una clinica presso Bromberg. Poi, con la confisca del plesso di Grafeneck, già ricovero per pazienti psichiatrici, il castello fu convertito in uno stabilimento per lo sterminio. Contemporaneamente, nell’ospedale di Owinska iniziò la soppressione di oltre mille malati di mente e nel frattempo Hitler aveva autorizzato il progetto, garantendo l’assoluta impunità agli operatori: medici, specialisti, infermieri e personale ospedaliero. “Dolce morte” o “morte compassionevole per i pesi morti della nazione”, estesa ad altre strutture e alle camere a gas mobili, camion col cassone sigillato in cui agente letale era l’ossido di carbonio riversato all’interno.
Alla fine di ottobre del 1939, si aggiunse la politica di eutanasia infantile, incentrata nell’Istituto berlinese Gorden Brandenburg. I piccoli disabili finivano nelle camere a gas, altri venivano eliminati con terapie a base di farmaci tossici ad alto dosaggio. Alcuni medicinali non provocavano la morte immediata, ma causavano gravi complicazioni mediche, in particolare la polmonite, che nel giro di due o tre giorni portavano al decesso. Si ricorreva anche a iniezioni letali.
La nascita di un bambino malformato, affetto da malattia genetica o sindrome di Down, andava denunciata obbligatoriamente dall’ostetrico o dalla levatrice agli organi competenti, che avrebbero provveduto a convincere i genitori a far ricoverare il neonato in una clinica specializzata, per sottoporlo a “cure risolutive d’avanguardia”.
L’ultimo bambino vittima del Programma T4 venne ucciso il 29 maggio del 1945, malgrado le truppe americane occupassero da trentatré giorni il territorio.
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