In tribunale
- Autore: John Galsworthy
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2016
Dopo “Il possidente”, primo capitolo della famosa trilogia de La saga dei Forsyte di John Galsworthy (Coombe, 14 agosto 1867 – Hampstead, 31 gennaio 1933), Elliot continua, nella Collana Raggi, la riedizione delle opere dello scrittore e drammaturgo inglese, con la pubblicazione di “In tribunale” (traduzione di Gian Dàuli) che riunisce i due volumi Indian Summer of a Forsyte (1918) e In chancery (1920).
Acuto osservatore dell’evoluzione psicologica dell’alta borghesia inglese dall’epoca vittoriana in poi, criticando la società della quale faceva parte, con uno stile umanista, l’autore, Premio Nobel per la Letteratura 1932, in queste pagine prosegue nella descrizione di un clan di ricchi borghesi londinesi tra i quali spicca la contraddittoria figura di Soames Forsyte.
Uomo senza scrupoli, avido capitalista, egoista e crudele, Soames viene tradito dalla splendida moglie Irene, ma nessuna aula di tribunale, arringa o sentenza avrebbe potuto mai ricondurre la bellissima Irene a Londra. Stanca di essere considerata come una qualunque delle proprietà del consorte, Irene ben presto sarebbe fuggita a Parigi, liberandosi dall’ossessivo e opprimente Soames. La voglia di possesso di quest’ultimo e la meravigliosa grazia di Irene furono resi celebri al cinema grazie all’interpretazione rispettivamente di Errol Flynn e Greer Garson nel film La saga dei Forsyte diretto nel 1949 da Compton Bennett.
“Un martedì sera, dopo aver pranzato nel suo club, Soames si decise a una spedizione che richiedesse più coraggio e forse meno delicatezza di qualunque altra impresa avesse mai tentato nella sua vita, eccettuate la sua nascita e un’altra azione”.
L’uomo scelse la sera, in parte perché era più certo di trovare Irene, ma soprattutto perché alla luce del giorno non avrebbe avuto abbastanza ardire e aveva bisogno che il vino gli infondesse un supplemento di coraggio. Mister Forsyte dopo dodici anni stava per rivedere quella che era ancora sua moglie. “Signora Irene Heron”, recitava il biglietto posta accanto all’abitazione di Irene, dunque lei aveva ripreso il suo nome di ragazza! Osservando le finestre del primo piano si poteva notare che l’appartamento d’angolo era illuminato, da lì si udiva il suono di un pianoforte. Soames non aveva mai amato la musica, anzi l’aveva odiata un tempo,
“quando così spesso lei si volgeva al pianoforte cercandovi un rifugio dove sapeva che egli non poteva entrare”.
Dunque quel suono aveva ridestato in Soames “amare memorie”. Era ovvio che era Irene che suonava, adesso che Soames era quasi certo di vederla, era più indeciso che mai. Aveva paura, aveva i brividi, la sua lingua era arida, il cuore batteva forte. Non era da lui un comportamento così da vigliacco, le sue forti e possenti spalle erano la testimonianza del suo vigore e della sua potenza.
“Non ho nessuna ragione d’aver paura”
aveva riflettuto l’uomo di legge. Quindi Soames aveva attraversato la strada, varcato la soglia e, lentamente, per calmare i battiti del suo cuore, aveva salito l’unica rampa di scale e suonato il campanello.
“Annunciate il signor Forsyte” disse. “La vostra padrona mi riceverà senza dubbio”.
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