Lo scrittore Alexandre Dumas visita l’arcipelago toscano in compagnia del nipote del celebre Napoleone Bonaparte. La più piccola delle isole, Montecristo, lo colpisce con la sua selvaggia bellezza.
“Darò il suo nome a un mio romanzo”, promette. Sarà il suo capolavoro.
Vi serve una scusa per una vacanza nello splendido mare della Toscana? Eccola. Esattamente 180 anni fa, nel 1844, Alexandre Dumas avviava la pubblicazione a puntate de Il conte di Montecristo, il romanzo che lo consacra nell’Olimpo della letteratura. Il luogo citato nel titolo esiste: lo scrittore per i suoi libri prende a piene mani spunto dalla realtà. Cronaca, storia e naturalmente geografia.
Così è un’isola, la più piccola dell’arcipelago poco oltre le coste toscane, a regalare il nome al protagonista. Ma Dumas ha visitato davvero Montecristo?
Ovviamente sì, anche se le cose hanno preso una piega un po’ strana.
Scopriamo da dove lo scrittore Dumas trasse ispirazione per il suo capolavoro: il Conte di Montecristo.
Una missione diplomatica in stile Dumas
La visita all’isola di Montecristo, nel 1842, non è stata una vacanza vera e propria. Piuttosto una missione diplomatica, anche se nello stile Dumas. Lo scrittore è ospite a Villa di Quarto, a Firenze, niente meno che di Girolamo Bonaparte, ex re di Vestfalia e fratello minore del più celebre Napoleone che lo incarica di accompagnare il figlio (il principe Napoleone Giuseppe Carlo, soprannominato “Plon Plon”) in una sorta di pellegrinaggio sui luoghi sacri per la famiglia imperiale.
Elba, quindi, luogo dell’esilio dell’illustre zio. Non potrebbe fare scelta migliore: Dumas ha trentanove anni. Il principe diciannove.
Ma tra i due il più giovane è lo scrittore. Un compagno di viaggio ideale, instancabile e animato da entusiasmo inesauribile.
Viaggio all’isola di Montecristo
Assieme al giovane principe, che è il ritratto del più celebre antenato, salpano da Livorno diretti all’Elba che esplorano, tra le manifestazioni di affetto dei residenti. Poi si concedono una battuta di caccia nella vicina Pianosa.
Conigli e pernici. Qui l’edizione Mondadori de Il conte di Montecristo (2017, traduzione di Emilio Franceschini) nell’introduzione racconta il viaggio, narrato dallo stesso Dumas nelle sue Causeries (“I Discorsi” del 1860) per dissolvere i dubbi sulla paternità del romanzo, attribuita al suo collaboratore Pier Angelo Fiorentino.
La loro guida, gettando lo sguardo verso una magnifica roccia a pan di zucchero che spuntava in mezzo al mare, disse: “Oh, Eccellenze, se andaste laggiù, che partite di caccia fareste!”.
L’isola è Montecristo, nota per le greggi di capre selvatiche e lo stato di assoluto isolamento. Detto, fatto. Ma le cose si complicano poco prima dell’attracco.
Perché il marinaio li avvisa della quarantena cui è sottoposto chiunque approdi sull’isolotto. Poche capre non valgono quaranta giorni di isolamento. E i nostri rinunciano. Ma non del tutto.
Dumas chiede di poter circumnavigare Montecristo. E ne resta affascinato. Viene da chiedersi che cosa nel paesaggio estremo dell’isola abbia catturato lo scrittore, noto per la sua dedizione ai piaceri della vita. Eppure la bellezza di Montecristo sembra mantenere un posto speciale nel suo cuore.
L’isola di Montecristo oggi è riserva naturale
Il lettore odierno che volesse visitare l’isola è più fortunato. Niente più quarantena. Ma ci sono comunque delle regole. L’isola di Montecristo ha un passato da monastero, dimora dello scozzese George Watson Taylor, colonia penale, riserva di caccia della famiglia Savoia e poi finalmente dal 1971 riserva naturale. Il che significa che per accedervi esistono regole precise, finalizzate a mantenerne inalterato l’ecosistema del luogo. E la sua magia.
Le visite sono aperte per il periodo di bella stagione, ma il numero degli attracchi è limitato e bisogna prenotare con largo anticipo presso il sito del Parco Nazionale Arcipelago Toscano.
Montecristo: dall’isola al romanzo
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Comunque sia Alexandre Dumas quel giorno dalla barca guarda verso riva e fa una promessa:
Mio signore in memoria di questo viaggio io darò il titolo di Montecristo a qualche romanzo che in seguito scriverò.
Fa molto di più. Al capitolo XXIII del libro descrive l’isola come è impressa nei ricordi. E le regala fama eterna rivelando la vera natura del tesoro trovato da Edmond Dantes sulle sue rive:
Edmond divorava con gli occhi quella massa di scogli che assumeva tutti i colori crepuscolari, dal rosa acceso al blu scuro… migliaia di cicale, invisibili tra l’erica, facevano sentire il loro mormorio monotono e continuo; le foglie dei mirti e degli olivi si agitavano fremendo con un suono quasi metallico; a ogni passo sul granito bollente Edmond metteva in fuga lucertole che sembravano smeraldo; in lontananza si vedevano balzare, sui pendii, le capre selvatiche che a volte attirano i cacciatori: in una parola, l’isola era abitata, viva, animata, eppure Edmond si sentiva solo sotto la mano di Dio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: In viaggio con Dumas sull’isola di Montecristo: alla ricerca del conte
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