Inattuali
- Autore: Gilda Policastro
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2016
I tredici testi poetici che Gilda Policastro (italianista, ricercatrice universitaria, critica letteraria e scrittrice in versi e prosa) presenta sotto il titolo polemico di “Inattuali” (cosa c’è di più inattuale della poesia, oggi?), si rivelano molto ambiziosi sia letterariamente sia ideologicamente. Per commentarli è forse il caso di partire dal saggio posto in conclusione al volume, in cui l’autrice esibisce - orgogliosamente e bellicosamente - la propria dichiarazione di poetica, rovesciando nell’esergo la nota formula rimbaudiana: “Il faut être absolu(ta)ment inactuelles”.
In che modo, secondo Gilda Policastro, è ancora possibile praticare la poesia, ai giorni nostri? Senz’altro e solamente disattendendo il desiderio di leggibilità del lettore, disobbedendo alle aspettative del mercato, contaminando il testo a livello tematico e lessicale. Ciò si può e deve fare attraverso la decostruzione degli stereotipi letterari (descrizioni romantiche di amori e bellezze naturali, esibizione compiaciuta della propria soggettività, ricerca della bella forma e dell’armonia del suono), e “in una relazione mobile, conflittuale, tormentosa” col presente, con la sua nevrosi generazionale e storica.
Il rischio che corre una ricerca sperimentale come quella proposta (l’autrice ne pare ben consapevole) è di
“trasformare la poesia in un ambito di verifica permanente, il cui fine ultimo andrebbe a coincidere, nei casi peggiori, col testo in sé, non più col coinvolgimento o l’interesse del lettore”.
La scommessa verte quindi sulla possibilità di cercare una possibile comunicazione con chi legge, sperimentando nello stesso tempo nuovi linguaggi, più contaminati col gergale, (secondo le ultime direttive dell’eavesdropping), smontando e ricombinando stili diversi.
“Annoto perciò le frasi che orecchio ai tavolini del bar vicino casa come sull’autobus o sui treni”
sia che vengano scambiate da studenti sulla digeribilità dei “quattro salti in padella”, o da operai sentenzianti in romanesco “da novembre a febbraio nun se dovrebbe lavora’”.
Non troviamo solo inserti di parlato quotidiano, in queste poesie: recuperiamo anche cadenze sanguinetiane:
“che poi, mi interrogavo verificando la faccia, / di questo si fanno le vite, le cose: / incontri, chiamarsi, chiavare, per dirla con l’ES”.
O terminologie specifiche dell’informatica (byte, internet disease, default, pixel, cromakey, switchando, google, keyboard, game over, tumblr, pin, hashtag, stringhe OT, wii, resettare…), della linguistica (ellissi, ipotassi, nessi, terne aggettivali, retorica Lausberg) o di differenti mode e abitudini contemporanee (spanking, shibari, pashmina, Armani, Maria De Filippi). E ancora, citazioni colte - Fortini, Adorno, Montale, Rosselli, Woolf, Lacan, Zizek, Cioran, Bernhard -, riesumate però con una sorta di ironia e autoironia per l’intellettualismo di maniera.
Le varie sezioni si susseguono intercalando giocosità sarcastiche (l’ottava, sui fiori, rielabora canzonette e proverbi, modi di dire e versi celebri) a meditazioni sconsolate e luttuose sulla morte (un elenco truce di malattie, suicidi, sgozzamenti, stragi, veleni ambientali e guerre, anima tutta la sezione dodicesima). Il richiamo al nostro sconfortante presente - con la mancanza di prospettive di lavoro per le giovani generazioni, le insulsaggini mediatiche, la maleducata prevaricazione dei nuovi ricchi, le vacanze intruppate, la violenza perpetrata sulle donne e sugli inermi, lo snobismo e il ruffianesimo accademico - offre un quadro nerissimo dell’oggi, rivelando un pessimismo inconsolabile proiettato sul futuro individuale e collettivo. La poesia, quindi, non risulta in grado di offrire risposte, soluzioni, salvezza, nella sua assoluta inattualità e inutilità: Gilda Policastro la utilizza con scaltrezza come puro scandaglio interiore e trapano critico di una società disumana, fagocitante, sfrontatamente impoetica. Perché un “dolorificio” universale ci aspetta, in cui tutti
“vivremo ruspanti / e malati”, “alterazione e corruzione, / odio e infelicità al nostro meglio”.
Inattuali
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