Insieme con la vostra famiglia. 16 ottobre 1943
- Autore: Lia Levi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2023
È un volumetto, ma soprattutto un libro non soltanto necessario quanto indispensabile, Insieme con la vostra famiglia. 16 ottobre 1943 - La grande retata di Roma (ottobre 2023, collana Assolo, 160 pagine), pubblicato da e/o nell’ottantesimo anniversario del drammatico evento. Le edizioni romane hanno accolto la proposta della scrittrice ebrea Lia Levi di ricordare la tragedia con una raccolta di brani dei suoi romanzi. Una proposta letteraria capace di rievocare il dramma in modo meno crudo delle immagini, ma non meno sentito.
Il 16 ottobre 2023 è “l’anniversario”, non un semplice anniversario, del rastrellamento degli ebrei nel ghetto del Rione Sant’Angelo, al centro della capitale, tra il Tevere-Isola Tiberina, il Lungotevere dei Cenci, piazza di Torre Argentina, le vie Arenula, dei Falegnami, dei Delfini e il Teatro Marcello. Dalle 5:30 al primo pomeriggio di quel sabato, 365 militari SS al comando del colonnello Kappler prelevarono oltre mille israeliti, non solo dal quartiere ebraico. 1023 vennero deportati nei campi di sterminio, uomini e donne d’ogni età e condizione, tra i quali oltre 200 bambini e bambine. Tornarono solo in quindici e una ragazza, Settimia Spizzichino, ventiquattrenne alla Liberazione nel 1945, negli ultimi decenni di vita infaticabile testimone della Shoah fino alla scomparsa, nel 2000.
Ricordava che quella mattina ci si faceva coraggio gli uni con gli altri, pur travolti dall’aggressione tedesca. Una famiglia numerosa, gli Spizzichino, composta da papà Mosè, mamma Grazia e sei figli. Il loro nascondiglio improvvisato venne scoperto subito. E la famiglia venne spintonata via. Ricordava lo smarrimento della sorella più grande, con la figlioletta in braccio e nel panico crescente, la voce della madre, che si sforzava di tranquillizzare tutti:
Cosa ce ponno mai fa’?
Anche dopo, alla stazione Tiburtina, tra i deportati ammassati nei vagoni:
Che voi che ce faranno? Mica c’ammazzano. Lavoreremo.
Invece l’hanno ammazzata, Grazia Disegni, il giorno stesso dell’arrivo ad Auschwitz, con quella tra le figlie stretta alla sua bambina.
Non si trattava d’ingenuità, era il candore del giusto, osserva Lia Levi. Sceneggiatrice, giornalista, scrittrice, è nata a Pisa nel 1931, poi cresciuta in Piemonte. All’inizio degli anni ’40 la famiglia ebrea si stabilì a Roma, dove l’autrice vive ancora oggi. Da bambina dovette affrontare la persecuzione razziale e i sacrifici della guerra. Dopo l’8 settembre 1943 si nascose per dieci mesi con le sorelle e la madre in un collegio romano di suore, concordando di dichiararsi cattoliche, recitare le preghiere e cambiare nome in Lia Lenti e poi Maria Cristina Cataldi, coi documenti di una bambina del Sud già liberato dagli Alleati. Nel 1967 ha fondato e diretto il mensile di cultura ed informazione ebraica "Shalom". Ha scritto decine di libri per ragazzi e di narrativa, tra i quali la trilogia della memoria, sulle persecuzioni razziali e l’Olocausto, vincendo numerosi premi.
Dai suoi romanzi ha enucleato qui le pagine sul 16 ottobre 1943, di cui ha memoria diretta. Un contributo per non dimenticare, che evidenzia singole identità umane nella massa indistinta in cui confondiamo i sei milioni di vittime in un unico coro di dolore.
Bisogna invece sforzarsi di dare un volto a quelle vittime, pensandole come tanti individui ognuno con un carattere e un vissuto, sostiene Lia Levi. Ci sarà stata tra loro una Lucilla e qualcuno come gli innamorati Ferruccio e Colomba, la cameriera Elisa, i ragazzi ribelli Corrado e Graziano. Tutti i suoi personaggi. Quel 16 ottobre, le SS distribuivano ai capifamiglia ebraici un foglietto dattiloscritto all’apparenza innocuo, con istruzioni da seguire.
Insieme con la vostra famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti.
Tutti pronti in venti minuti per la partenza. Aggiungevano di portare viveri per otto giorni, tessere annonarie, documenti d’identità, bicchieri, una valigetta con effetti e biancheria, coperte, denaro e gioielli. L’abitazione andava chiusa a chiave. In viaggio anche gli ammalati, pure gravissimi, “Infermeria si trova nel campo”. Una tragica farsa, volevano tranquillizzare le vittime designate per evitare che la disperazione inducesse a tentativi di fuga, disordini o rivolte.
Primo Levi, altro scrittore ebreo deportato nei lager e sopravvissuto, si è sempre interrogato sulle ragioni di tanta malvagità, ha cercato di capire cosa nascondesse l’odio feroce a dismisura nei confronti degli ebrei. Non ha trovato una risposta, resta un enigma che nessuno storico ha risolto, è pari al perché del male nel mondo. Non si può spiegare perché i nazisti si preoccupassero di andare alla caccia anche di vecchi e moribondi per trasportarli ad Auschwitz da mezza Europa e incenerirli là, anche subito.
Cosa provavano le vittime, chiede a sua volta Lia Levi? Gli ebrei di Roma erano convinti che non poteva capitare loro niente di male, la città li avrebbe difesi, i tedeschi non avrebbero osato infierire sotto gli occhi del papa, in più c’era stato il Patto dell’Oro, un atto formale siglato in un ufficio pubblico: cinquanta chili consegnati dalla comunità ebraica a Kappler in cambio dell’immunità. Poi, quel giorno, il mondo si è rovesciato.
Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia
ha inciso sul muro una mano anonima, nel lager di Belsen-Belsen. Lia Levi corregge in parte questo oblio collettivo.
Insieme con la vostra famiglia. 16 ottobre 1943 la grande retata di Roma
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