Interno coreano con sequestro
- Autore: Yi Ch’ongjun
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: O Barra O Edizioni
“Non posso più cantare per le strade il rumore del vento…”
Paek Namhui, protagonista di “Interno coreano con sequestro” di Yi Ch’ongjun (ObarraO Edizioni, 2004; nuova edizione, 2013),
“è una cantante pop di successo che, nonostante la sua notorietà, conduce una vita appartata e solitaria in una Seul in piena espansione”.
Una sera tornando nel suo appartamento trova uno sconosciuto ad attenderla, Ku Ch’ongtae. La ricostruzione del rapimento nella propria casa avviene a posteriori attraverso la deposizione surreale che la protagonista fornisce al procuratore O, incaricato di condurre le indagini sullo strano “sequestro”. Durante la prigionia, l’identificazione con il carceriere da parte di Paek Namhui è totale a tal punto che lei confessa di provare un sentimento positivo, quasi di amore e sottomissione, di essere entrata in sintonia fisica e cerebrale con lui (classico esempio di sindrome di Stoccolma). Una svolta decisiva nel romanzo avviene quando Paek Namhui riesce finalmente a fuggire dal suo aguzzino, ma subito cambia idea, torna a casa e trova che Ku Ch’ongtae si è suicidato; la reazione è assai bizzarra, infatti, Namhui si dà da fare a ripulire la stanza, cancellare le tracce, sistemare il corpo e poi fuggire, rifugiandosi in una villetta sul lago, dove rimarrà per alcuni giorni. Sono proprio questi strani comportamenti che portano il procuratore O, figura kafkiana nel romanzo, a credere che Namhui abbia ucciso il suo aguzzino.
Il tempo della memoria e della ricostruzione dei fatti avviene da parte della protagonista sempre attraverso i ricordi e le emozioni; il procuratore, invece, pretende una ricostruzione del sequestro temporale e oggettiva e questo spinge i lettori a porsi gli stessi interrogativi di O, ma nello stesso tempo a entrare in empatia con i due protagonisti, rapinatore e vittima. Due solitari, due melanconici, due persone che in maniera diversa soffrono di quel mal di vivere profondo che li spinge al crimine, al masochismo, che si sono dedicati anima e corpo a qualcosa perché volevano cambiare per sempre il proprio destino e non ci sono riusciti. La storia personale di Ku Ch’ongtae è una storia disperata, tornato a casa dopo tanti anni, senza esser riuscito a fare fortuna, scopre che i suoi genitori sono morti in miseria. Per riscattare la terra espugnata dal governo, si unisce con i suoi concittadini, guidati da un prete che si oppone al sopruso in maniera del tutto pacifista, sino allo stremo delle sue forze, inutilmente. Le pagine che narrano del gruppo di coreani, disperati e diseredati in lotta per riscattare la loro terra, salvare le loro case, non perdere le loro radici, sono le più belle e rievocano le atmosfere di alcuni film dei più noti registi coreani. Entrambi i protagonisti del racconto per ragioni diverse sono degli sconfitti, uno cosciente di ciò, l‘altra ignara sino alla fine:
“Ku Ch’ongtae ha perso tutte le occasioni del vivere e non gli rimane che quella di morire; la signorina Paek Namhui non regge il suo presente, e non può neanche più cantarlo”.
In questo thriller psicologico, Yi Ch’ongjun, considerato uno dei più grandi innovatori della letteratura coreana, riesce a intersecare il piano del reale con quello irreale, il presente con il passato in una ricerca interiore che ti porta sino a un finale inaspettato e sconvolgente.
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