In Italia sono pochissimi gli studiosi dell’opera integrale di Louis Ferdinand Céline (1894-1961), l’autore del romanzo Viaggio al termine della notte, pubblicato a Parigi nel 1932 e tradotto per la prima volta in Italia nel 1933 e poi ripubblicato molte volte, fino all’edizione più nota del 1992, tradotta e curata per l’editore Corbaccio dal critico letterario Ernesto Ferrero (1938 -2023) che definì Céline “lo scandalo di un secolo”.
Tra gli studiosi di Céline annoveriamo Andrea Lombardi, curatore del volume Un profeta dell’Apocalisse. Scritti, interviste, lettere e testimonianze (Bietti, 2022), direttore dell’Associazione Culturale Italia Storica e ideatore del primo sito italiano tutto dedicato allo scrittore parigino: lf-celine.blogspot.com e, tra pochi altri, la scrittrice e saggista Marina Alberghini, esperta di letteratura francese che ha pubblicato la prima biografia italiana di Céline Louis-Ferdinand Céline, gatto randagio (Mursia, 2009) e poi con l’editore Solfanelli i saggi Céline magico (2016), Il vizio di essere uomini (2018) e Céline e le donne (2022).
Alberghini è pure un’esperta e amante dei gatti (è Presidente dell’Accademia dei Gatti Magici) e per Mursia, nella collana “Felinamente”, ha pubblicato molti testi tra cui Gatti e ribelli, gli scrittori maledetti raccontati dai loro gatti (2017) con un capitolo dedicato a Céline e il gatto delle onde, il mitico Bébert.
Marina Alberghini, membro della Società d’Études céliniennes e francesista ha letto integralmente l’opera di Céline in lingua originale caratterizzata dall’argot, il gergo parlato dagli abitanti meno abbienti e più originali delle periferie parigine, e ha avuto l’opportunità d’intervistare persone vicine a Céline e di conoscere la figlia Colette. Marina, che vive a Fiesole prendendosi cura di nove gatti e due cani, mi ha rilasciato qualche giorno fa la seguente intervista.
- Marina, la tua vasta produzione letteraria si divide tra lo studio di Céline e la passione per i gatti. Come nasce questo connubio e quali sono le contaminazioni tra i due registri narrativi?
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A proposito di Céline, come sempre quando mi succede qualcosa di straordinario, è il gatto che mi ha mostrato la Via. Perché, come diceva Maulpoix “Il gatto attraversa la foresta dei simboli. È l’Iniziatore”.
Ho sempre amato i gatti e sono convinta di essere nata con il loro marchio: ho gli occhi dorati con un cerchio verde, qua in Toscana si chiamano “lionati”, e gli orecchi a punta… Da allora ho sempre avuto gatti e scritto articoli e libri su di loro e quando incontrai Céline da tempo avevo dato vita a qualcosa di nuovo in campo editoriale e per Mursia, un genere nuovo: la “Biografie feline”.
Sapevo che da sempre il gatto è stato il compagno preferito degli artisti e stavolta nei miei libri era protagonista il loro gatto e il loro rapporto, attraverso il quale si scopriva la profonda e spesso celata umanità dell’artista.
Ricordo che quando scrissi di Paul Klee ci furono, su un uomo algido, chiuso, una autentica torre d’avorio in cui non entravano neanche moglie e figlio, sconvolgenti scoperte come poesie e lettere dedicate al suo gatto Bimbo, tenerissime e commoventi. Ma anche opere eccelse fra le quali l’ultimo quadro, testamento spirituale dell’artista, dove Bimbo è il “Custode della Soglia” fra la Vita e l’Oltre.
Tutto ovviamente documentato senza mai scendere ad aggiunte fantasiose o peggio ancora a far parlare i gatti come purtroppo succede spesso oggi. All’epoca in cui Céline entrò nella mia vita non lo filava nessuno. Non c’erano opere in giro. Ma poi mi capitò di tra le mani un libriccino francese che parlava dei gatti degli artisti, e su Céline, in poche righe, si diceva che nel ’44 questo scrittore aveva attraversato la Germania in fiamme con solo il suo gatto in una bisaccia. Mi dissi che quel tipo doveva essere un uomo eccezionale e chiesi lumi a un’amica francese, Colette Romain, che avevo conosciuto a una mostra felina a Parigi. Anche lì il destino felino mi aiutò: il padre di Colette era stato un céliniano e lei aveva tutti i suoi libri anche quelli introvabili, perché in Francia il PCF aveva posto il Niet sull’uomo e l’opera sua per motivi politici. Lei me li mandò e rimasi folgorata. Solo in Shakespeare avevo trovato tale potenza. Così decisi di fare la sua biografia dopo le tre francesi molto datate.
Duemila pagine, senza il pc, e col metodo Céline delle mollette per appendere i fogli. Un’avventura travolgente, che mi vide combattere al suo fianco e dove feci parlare soprattutto lui, traducendolo letteralmente, e dove mi aiutarono, andando a Parigi, i suoi amici ancora vivi, Pierre Monnier e Paul Chambrillon.
E Mursia ebbe il coraggio di editare il libro perché non fu facile trovare un editore disposto alla sfida. E, come per altri artisti, Céline, attraverso il suo rapporto con il gatto Bébert, rivelò il suo profondo io, la sua convinzione nella magia del gatto e la sua dedizione affrontando perfino la morte pur di non abbandonarlo. Furono scoperte memorabili tra le quali, fra l’altro, la fonte del nome Bébert. Uno chansonnier molto in voga nel varietà frequentato da Céline.
- Céline ancora oggi è un autore molto scomodo. In una tua nota hai scritto dell’odio dell’intellighenzia di sinistra che lo considera un filo-nazista, mentre la destra uno di loro. Céline, tu scrivi, ha avuto grandi imitatori ma nessuno la sua petite musique. Cosa intendi?
Céline era comunista. Lo dice lui stesso chiaro e tondo e a più riprese e sempre lo ripeterà, aggiungendo che Voyage au bout de la nuit è un libro comunisteggiante. Scrisse che il comunismo è in primo luogo una vocazione poetica. Senza poesia, senza bruciante fervore altruista, il comunismo non è che una farsa.
“Comunisti non si diventa. Bisogna nascere comunisti o rinunciare per sempre a divenirlo. Il comunismo è una qualità d’anima. Uno stato d’animo che non si può comprare.(...) L’anima non è calda che del suo mistero. Essa lo protegge. Lo difende. (...) Essa se ne va come è venuta, senza niente chiederci, senza niente prenderci. Il Comunismo nella pratica è l’unione delle anime, delle anime tutte comuniste, tutte altruiste, tutte rugiadose di eguale passione”.
Come si vede, un comunismo ideale, molto simile a quello dei primi secoli del Cristianesimo. Ciò che viene detto oggi di Céline e cioè che era filo nazista fa semplicemente parte della persecuzione che il Partito Comunista Francese, Aragon in testa, fece su di lui quando questo comunista idealista andò, nel 1936, in Russia e vide l’applicazione pratica del comunismo cioè una dittatura sanguinaria e spietata a opera di Stalin. Al ritorno lo denunciò in Mea Culpa e da allora fu stritolato dalla sinistra francese.
Secondo il metodo di Lenin:
“Usate la calunnia e la menzogna come arma politica”.
Nel ’33, nel suo unico discorso pubblico condannò spietatamente il nazismo emergente ma stranamente nei libri di storici di sinistra come Il secolo breve di E. Hobsbawm di questo discorso non si parla affatto, mentre nella biografia di Céline di P. Alméras in una lettera di Céline si lascia solo la frase:
“Al fascismo noi andiamo, noi vogliamo” omettendo il resto e cioè che “questa putrida Europa non si merita di meglio”.
Niente di nuovo, avviene anche oggi. Così all’amico Elia Faure, un comunista idealista che insisteva si iscrivesse al PCF con la solita solfa alla Rousseau dell’uomo che nasce buono ma è corrotto dalla società capitalista, rispose:
“Elia, l’uomo è maledetto. Fin dall’ovulo esso è il Sonaglio della Morte”.
- Fai un parallelo sul tema dell’anticomunismo tra i denigratori dello scrittore e della persona di Orwell quando pubblicò il romanzo 1984 – che ricordo fu stroncato da Calvino e da uno sprezzante articolo di Togliatti su “Rinascita” - e il pamphlet Mea culpa di Céline che fece adirare i comunisti francesi. Hai osato troppo?
No. Bisogna sapere che la Cultura era tutta in mano alla sinistra europea che faceva capo a Stalin e questo ancor più nel dopo guerra. In Italia Togliatti era la sua longa manu. Se non ti adeguavi ti distruggevano.
- Nella prima vita di Céline ci sono state tre donne – la madre, la seconda moglie e la figlia che tu hai definito “vampire e ragni” - che tentarono di imprigionarlo con la loro tela travestita da Amore. Céline ha avuto una madre castratrice e paranoica. La signora Marguerite Guillou desiderava per il figlio un tranquillo posto di commesso di un grande magazzino parigino. Tu scrivi, commentando Voyage au bout de la nuit, che Marguerite “è incapace di dare amore” e che Cèline ha capito che “l’amore può uccidere”.
Tu hai ripreso una confidenza di Céline che diceva agli amici che “Io non devo contare su nessuno. Salvo che su un tour des vaches”, ossia un giro di puttane. Qual è la visione di Céline sulla femminilità e sulle relazioni amorose? Ha mai perduto, come accade a molti di noi, la testa e l’anima per un grande amore? Ci sono state per lui una Strega e una Fata?
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Céline ebbe sempre il terrore di perdere la libertà attraverso il ricatto del sentimento. Sapeva di essere fragile e iper sensibile e quindi si difendeva. Perciò il suo modo di parlare alle donne fu sempre estremamente libero, con parole tolte dal gergo dell’argot o dai manuali di ginecologia, e questo le spiazzava ed eccitava insieme. Nessun romanticismo. Scriverà brutalmente:
“Da piccolo non avevo capito un cavolo io! Al sentimento! Coglione! Chiaro ormai! In gondoéta! Voga olè carogna!”.
Anche negli ultimi anni, ribadirà il concetto:
Scrivere di culo, di cazzo o di merda non ha in sé niente di osceno, né di volgare. La volgarità comincia, miei signori, nel sentimento, tutta la volgarità, tutta l’oscenità! Nel sentimento! Gli scrittori così come le scrittrici, egualmente puttani ai giorni nostri, (...) non la smettono mai, si sforzano frenetici con il "delicato", il "sensibile", l’”umano”, come lo chiamano... E quindi niente sembra loro più bello, più chiaro, che raccontare storie d’amore... per l’Amore... dell’Amore...
Insomma tutto il bidet lirico... Che se ne riempiono la bocca questi infrolliti porci degenerati, del loro "Amore"!
E ancora si burlerà freddamente degli scrittori sentimentali:
È scrivendo sull’Amore a rotta di collo, vocabolando in mille toni d’Amore che pensano di salvarsi... Ma ecco qua precisamente, canaglie! la parola infame! il rancido delle stalle, la parola più intrisa di abiezione che ci sia!... la malefica immondizia! la parola più usata, oscena, vischiosa del dizionario! Con "cuore"!
Quando ne ha abbastanza di una, il che gli capita spesso, se lei non si rassegna, non si perita di scrivere:
Che scocciatura le donne (...) ti stanno sempre addosso... Proprio come i fiori... Alle piante più belle il letame più puzzolente!... La stagione è così breve! Occhio! E poi come ci mentono sempre! Ne ho avuti degli esempi terribili! Non si finisce mai! È il loro profumo! È la vita! La vita del culo!
Tuttavia le donne furono la sua passione.
Non a caso dirà ne L’Eglise:
“Ah! Ferdinand... finché vivrai andrai tra le gambe delle donne a cercare il mistero del mondo! Spiazzato lo sarà solo dalla magia delle danzatrici classiche dove musica e bellezza si fondono al di là dei sensi.”
La Strega? Sì, si imbatterà, sì, nella Strega, la danzatrice americana Elisabeth Craig, disinibita, altera, bellissima, capelli rossi e occhi verdi, che accetterà perfino di avere dei rapporti lesbici che a lui piaceva osservare. Lo lascerà per un ebreo americano ricchissimo. Per Céline sarà un crollo finché non incontrerà la sua Fata: Lucette Almanzor. Danzatrice anch’essa ma ritrosa, ancora vergine quando lo incontra, bruna con gli occhi azzurri, la sua grazia è quella di un colibrì, piccola e incantevole, creatura lunare dal cuore solare.
Lucette è la “Fata dei Boschi”, ama tutte le creature come Biancaneve, e il suo amore è anche di acciaio perché sarà lei a impedire che Céline impazzisse quando attraverserà l’esilio e la prigione. E sarà lei a portargli il gatto Bébert.
- Nell’infanzia di Céline una figura fondamentale è la Nonna Céline Guillou che tu scrivi essere una Maga che strapperà il bimbo all’educazione banale e repressiva dei genitori, portandolo nel mondo della fantasia. Nonna, disse Céline in un’intervista, aveva il potere di portarlo sulla Luna.
Maga possente e benefica, evocatrice di incantesimi, sarà infatti Nonna Céline Guillou, che campeggia nell’infanzia del futuro Céline stagliandosi favolosa tra le tremolanti luci d’acquario del Passage Choiseul, dove la famiglia Destouches viveva, vero antro alchemico in cui le vetrine del negozio di famiglia, una sempre buia, l’altra sempre illuminata, si trasformano per lui un grande occhio minaccioso e guercio. Lui la ringrazierà prendendo il suo nome quando, come artista, entrerà a pieno titolo in quel mondo. Ricordiamo a questo proposito che per ramo paterno Céline era un Des Touches, (nomen omen dato che significa “delle Stoccate”, e dio sa quante ne ha date!).
Piccola nobiltà di provincia ma sempre nobiltà, mentre Céline Guillou e la figlia Marguerite venivano dal popolo. Eppure Céline sceglierà il popolo per il suo pseudonimo, altra prova della sua vocazione comunista.
La Nonna lo portava nei luoghi dove si celebra la Fantasia; alla Lanterna Magica e dal Mago Houdini, e tra le pagine di meravigliosi libri di fiabe che parlano dell’Uomo dalla testa di Caucciù, del Regno delle Fate, di Barbablù, del Viaggio nella Luna, e dove il bambino imparerà a leggere. Di nascosto, s’intende.
“Nonna mi pagava anche questo - ricorderà - (…) mi comprava sulle bancarelle Le Belle Avventure illustrate. Le nascondeva nelle brache, sotto tre grosse gonne. Papà non voleva che leggessi simili fatuità. Sosteneva che sono una distrazione, che non preparavano alla vita, e che invece l’alfabeto lo dovevo imparare sulla realtà delle cose”.
Ma la semplice e tosta campagnola sa di essere nel giusto. Benché di origine contadina, lei non vede la Natura in funzione utilitaria ma di bellezza, e a lattughe e pomodori preferisce le rose, a polli e conigli, i cani non da caccia o da guardia, ma da “amicizia”. Da famiglia, come si dice oggi. Da Amore.
Come Bob’s che non serve a nulla, se non ad amare e essere amati, e questo sarà l’altro suo grande insegnamento. Porterà Louis in mondi meravigliosi come quello degli Animali, degli Elfi, e importantissimo per il suo futuro, in quello di Andersen dove gli oggetti quotidiani non sono esseri inanimati, ma creature vive, capaci di amore e di dolore come sarà, in Féerie, la casa che crolla sotto il bombardamento di Montmartre.
La Nonna riuscirà perfino a portarlo nella Luna. Un ricordo che tornerà ancora struggente, più di cinquant’anni dopo.
Quando Céline verrà intervistato in occasione del lancio sulla Luna del Lunik, nel gennaio del ’59, dirà:
“Io sono uno specialista della Luna. Il Sole? Non lo capisco. Quando avevo sette anni andavo ogni tre giovedì nella Luna con la Nonna. Si andava al cinema Robert Houdin (...) Intorno al 1907 si saliva su un razzo. Costava 50 centesimi (…) Si arrivava fin sulla Luna e poi si ricominciava. Mi divertiva molto. L’ho fatto cento volte. Tutto ciò che riguarda il sole mi lascia indifferente”.
Le magie della Nonna faranno da argine ai sistemi educativi della famiglia, che sono poi quelli della scuola dell’epoca.
Céline, come un altro grande difensore del bambino “magico”, Lewis Carroll, sarà un implacabile avversario della scuola nozionistica, autoritaria, livellante e materialista che soffoca la creatività fin dai suoi inizi.
- Marina, so che hai conosciuto Colette, l’unica figlia di Céline avuta con la seconda moglie Edith Follet.
A una Journée Céline di Parigi dove ero ospite d’onore, ho incontrato la figlia di Céline, Colette Destouches in Turpin. Rancorosa verso il padre che non aveva approvato il suo matrimonio e che si rifiutò sempre di vedere i nipoti, non mi disse niente di speciale. La terza moglie, Lucette Almanzor, stroncata da una gravissima artrite deformante, dovuta certamente agli anni dell’esilio gelidi passati in una baracca sul Baltico, viveva in sedia a rotelle nella villa di Meudon, dove era ormai segregata ed era impossibile avvicinarla.
- Marina, i gatti sono amati moltissimi dagli artisti e dagli scrittori, secondo te qual è il motivo di questa passione? In cosa si somigliano?
Il Gatto non è solo un animale affascinante di grande e perfetta bellezza, ma da migliaia di anni solo lui, animale unico, ha fatto appello alle più profonde fonti d’immaginazione e di cosmica percezione della mente umana, tanto che da sempre, attraverso il Tempo e lo Spazio, miti, religioni e culture hanno visto nel felino, spesso assurto a Dio assoluto, l’incarnazione di potenze misteriose. E molti hanno anche visto in lui una creatura che solo in parte è di questa terra come ad esempio, il poeta Rilke che era convinto, e lo scrisse anche in una poesia, che i gatti passano tranquillamente attraverso i muri.
O il freddo, cinico Bourroghs, dalla vita di ogni sorta di perversioni ma che confessava non solo di avere scoperto l’amore vero attraverso i suoi gatti ma scriveva:
“Molto dopo ho capito che mi spetta il ruolo di Guardiano per dare vita e nutrimento a una creatura che è in parte gatto, in parte uomo, e in parte qualcosa di inimmaginabile, che potrebbe essere il risultato di un’unione non consumata per milioni di anni.”
E dunque come gli artisti, anche i gatti sono solitari e indipendenti, e hanno la facoltà di astrarsi in un mondo superiore facendo da tram ite da questo a quello della realtà. E quindi molti furono i gatti compagni di vita e protagonisti delle opere dei loro grandi amici artisti, opere che senza la loro presenza mai sarebbero state fatte. Perché il Gatto non è solo un animale affascinante mainsieme è ed è stato l’amico, il compagno preferito di tutti coloro che amano costruire non per dovere ma per piacere, per giuoco, per fantasia, bellezza, trovando il compenso nella realizzazione delle opere e di sé stessi. Degli artisti, dunque, e di tutti gli esseri sensibili e di pensiero. Non a caso quegli uomini straordinari, che furono gli Egizi adornarono la Dea gatta Bastet dell’Oudjat, l’Occhio Sacro medium tra il mondo reale e ciò che sta “Oltre”. Come scriveva il grande scrittore del fantastico, Lovecraft:
“I gatti sono simboli runici della bellezza, dell’invincibilità, della meraviglia, dell’orgoglio, della libertà, della freddezza, dell’autosufficienza, della squisita individualità. Le qualità degli uomini sensibili, illuminati, mentalmente sviluppati, pagani, cinici, poetici, filosofici, spassionati, riservati, indipendenti, indomiti, civilizzati, superiori”.
I gatti furono dunque compagni e ispiratori di scrittori, poeti, musicisti, pittori, sia per il fascino della loro altera grazia e bellezza, ma anche per una certa simbiosi. E non tutti sanno che quella poesia, quel racconto, quel dipinto che ci incantò e che i secoli e gli anni hanno sancito come un capolavoro, era stato firmato da “Qualcuno che stava nell’ ombra”, una creatura baffuta e leggiadra, senza la quale quell’opera d’arte mai avrebbe visto la luce. Lo intuisce infatti un mito indù:
Nella sua sesta reincarnazione il gatto diviene un guru perfetto. E allora deve cercarsi un discepolo tra gli umani. Di solito sceglie un intellettuale, un artista, un bibliotecario o un’anima molto sensibile e molto romantica.
Sceglie anche un artista, dunque. E un artista sceglie lui. Molti i gatti famosi, compagni di vita e protagonisti delle opere dei loro grandi amici, opere che senza la loro presenza mai sarebbero state fatte. Essi furono cantati per la loro bellezza e il loro mistero e anche per l’amore che solo il gatto sa dare, e che è il solo che desideri un artista; quello che lascia liberi.
- Si narra che a Torino nella notte d’agosto del 1950 quando aprirono la porta della stanza 346 dell’Hotel Roma, dove Pavese si era suicidato, uscì da lì un gatto. Tu riporti una testimonianza suggestiva riguardo i funerali di Céline: “All’inumazione definitiva, un misterioso gatto rosso seguì tutta la cerimonia funebre. Gli amici veri, ora c’erano tutti”.
La testimonianza è assolutamente certa, è di Arletty la grande attrice che fu anche una grande amica di Céline.
- “I gatti lo sapranno” è l’ultima delle dieci poesie scritte da Cesare Pavese per l’attrice americana Connie Dowling, di cui era innamorato. Marina, cosa sanno i gatti?
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Cosa sanno i gatti? Tutto. La loro è una magia che per vie misteriose ci accompagna e lega con un filo d’oro, attraverso il Tempo e lo Spazio, coloro che hanno nel gatto un guru di conoscenza. Fu così per i maggiori artisti di ieri e di oggi, in ogni loro campo, dalla pittura alla musica, alla scultura, alla poesia, alla letteratura, al Mito e persino nelle Religioni, dove esso è sempre dio potente.
Così anche Lovecraft lo sapeva. Non a caso egli cominciò a scrivere del suo percorso verso altri Mondi dopo l’incontro con un gatto nero, che chiamò “Old Men”.
Per questo scrisse:
“Il gatto è misterioso e affine alle cose invisibili che l’uomo non potrà mai conoscere”.
Ma non fu il solo. Per Céline egli era “Lo stregamento stesso, il tatto in Onde paranormali.”
Per Giulio Verne essi sono specie di “Angeli venuti dall’Altrove”, per i massimi scrittori di fantascienza i gatti sono alieni di altri pianeti. Per i Birmani essi vedono i fantasmi. Per l’Islam sono i Gjinn, specie di angeli che nel Corano “ascoltano le Porte del Cielo.” E infatti ad essi è permesso entrare in Moschea. Per i Buddisti:
“La contemplazione del gatto porta all’Illuminazione”.
Ma si potrebbe continuare all’infinito perché infatti questa straordinaria creatura è diventata la protagonista nell’immaginario dell’uomo coinvolgendolo in un’avventura spirituale o intellettuale, un vero e proprio un “viaggio” metafisico.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Marina Alberghini, autrice della prima biografia italiana di Céline
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