Orsola Severini, laureata in Storia all’Università Sorbona di Parigi, scrive per il quotidiano online Globalist e insegna francese.
Dopo il romanzo Il consolo e il racconto Yesterday nell’antologia femminile Arripizzari, ecco per Fandango la nuova pubblicazione, La Quarta Compagna, una narrazione completamente diversa dalla prima pubblicazione dell’autrice.
Per i lettori ecco l’occasione per conoscerla meglio.
- Benvenuta su SoloLibri, Orsola. Quando è nata la sua passione per la scrittura?
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Sin da adolescente ho sempre amato scrivere, ma lo facevo per me stessa. Poi nel 2016 ho vissuto un’esperienza traumatica che mi ha profondamente segnata: ero incinta del mio terzo figlio, una gravidanza desiderata, ma purtroppo il feto aveva delle patologie incompatibili con la vita. Ho dovuto ricorrere a un aborto terapeutico ma è stato molto difficile perché, oltre al grande dolore personale, mi sono scontrata con l’obiezione di coscienza e mi sono sentita molto giudicata per quella scelta. È un grande tabù, nessuno voleva saperne e mi sono sentita molto sola, così ho deciso di raccontarlo nel mio primo libro, Il Consolo, uscito nel 2021. Sono contenta di averlo fatto perché ancora oggi ricevo messaggi di donne che hanno vissuto un’esperienza simile.
- Che cosa l’ha spinta a parlare di Storia e di società nel suo nuovo romanzo?
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Io sono laureata in Storia, è sempre stata una mia grande passione, però nei libri di Storia sui quali ho studiato c’erano pochissime donne. Credo che la memoria e la Storia siano un elemento fondamentale del femminismo di oggi. Il mio romanzo s’iscrive in un movimento molto più ampio in cui molti autori e autrici si impegnano a raccontare il ruolo delle donne nella Storia e nella letteratura, penso a Aurora Tamigio con Il Cognome delle donne, a Benedetta Tobagi con La Resistenza delle Donne ma anche a opere cinematografiche come C’è ancora domani.
- Chi è e cosa rappresenta la protagonista Ada Castelli?
Ada Castelli è una ragazza ribelle nella Milano dei primi del Novecento che decide di lottare per ciò che ritiene giusto, nonostante tutti le dicano che il posto di una donna sia a casa e non in piazza. Questi ideali la porteranno a entrare nella Resistenza, dove diventa un’importante organizzatrice e distributrice di giornali clandestini. Per questo motivo verrà arrestata, torturata e anche mandata in manicomio. Quello che mi ha colpita di più leggendo i verbali degli interrogatori o la cartella clinica del manicomio della donna che ha ispirato il mio personaggio è che tutti le chiedevano chi fossero gli uomini che l’avevano trascinata a fare politica, perché lei, in quanto donna non poteva essere lì per sua scelta, ma doveva essersi per forza fatta influenzare da altri. È qualcosa di molto svilente.
- Qual era il ruolo delle donne in politica quasi un secolo fa?
Sicuramente per le donne fare politica era molto difficile, richiedeva una grandissima determinazione e molti sacrifici. Però, seppure nettamente minoritarie rispetto ai maschi, la Storia politica italiana ha avuto delle grandi protagoniste, penso a Camilla Ravera, che è anche un personaggio del mio romanzo. Era parte del Comitato direttivo del Partito comunista, ha contribuito a fondare l’antifascismo e la Resistenza, poi arrestata e mandata al confino in diverse regioni remote d’Italia, dove ha anche cercato di aprire una scuola per i molti bambini analfabeti. È paradossale pensare che lei avesse questo ruolo così importante pur non potendo votare. Nel dopoguerra è stata una delle fondatrici della Repubblica e la prima senatrice donna.
- Nel romanzo Ada è sottoposta a tremende torture sia fisiche sia psicologiche. Quali sono quelle incancellabili?
Credo che per noi che abbiamo la fortuna di vivere in un Paese democratico sia molto difficile immaginare cosa significhi non poter esprimere la nostra opinione ed essere torturati. Non credo si possa mai superare un trauma simile, diventa parte della propria persona. Soprattutto, nessuno può immaginare cosa avrebbe fatto in quelle situazioni, perché il coraggio è qualcosa di molto misterioso. Sono felice di aver raccontato la Storia di una donna che ha compiuto imprese così coraggiose pur essendo piena di insicurezze e di fragilità, che dimostra che essere coraggiosi non significa non avere paura, ma fare la cosa giusta nonostante la paura.
- Nella sua vita in parte difficile e travagliata, Ada incontra alcuni personaggi positivi. Lei tra essi nomina anche un medico che le è di aiuto mentre si trova al manicomio. La generosità e l’altruismo sono sia maschili sia femminili. Cosa può dire al riguardo?
Ovviamente le nostre azioni, siano esse positive o negative, non sono dettate dal nostro genere. È la visione arcaica della società che ci impone queste etichette. Le mie ricerche mi portano a pensare che gli incontri, il fattore umano, siano determinanti per stabilire il proprio destino. Ada è stata rinchiusa in manicomio come punizione estrema ma, contro ogni aspettativa, proprio in manicomio incontrerà un uomo che la aiuterà a trovare una via d’uscita.
- Il romanzo è ricco di notizie poco conosciute. Quanto ha dovuto approfondire a livello storico?
Il lavoro negli archivi è stato molto lungo e difficile, mi sono sentita come una detective, in particolare leggendo le carte dei manicomi, molte delle quali erano scritte a mano da psichiatri dalla calligrafia criptica. È stato però un viaggio bellissimo sia dal punto di vista storico che da quello linguistico. L’italiano della polizia fascista, ad esempio, era una lingua a sé. Sono anche molto grata alla generosità degli studiosi e dei responsabili degli archivi che mi hanno aiutata a reperire queste fonti in un periodo complicato come quello pandemico.
- Come donna quanto si sente vicina alla protagonista?
Quando ho letto le dichiarazioni della donna che ha ispirato il personaggio nella perizia psichiatrica ho subito sentito una grande e inspiegabile vicinanza con lei. Come se quella donna, così distante da me, mi chiamasse attraverso il tempo. Non so spiegare cosa mi abbia spinto a ricostruire la sua storia in modo così minuzioso e lungo, so solo che lei ha vissuto in me e che sono onorata di averle ridato una voce e di poterle dire “Non ti abbiamo dimenticata, tu sei ancora qui con noi”.
- Come commenterebbe la Ada di oggi la festa del Primo Maggio, alla luce dei fatti italiani e di oltralpe?
Credo che il contesto storico nel quale viviamo sia, per fortuna, molto diverso da quello dell’epoca, viviamo in una parte del mondo in cui possiamo esprimere il nostro dissenso apertamente. Tuttavia, è molto inquietante che alcune forze politiche, in Italia come in Francia, non esprimano chiaramente la loro condanna al nazifascismo, ma anzi ammicchino in modo vago e subdolo a quel periodo, a mio avviso solo per assicurarsi una fetta elettorale che ritengo molto ignorante dal punto di vista storico.
- I suoi prossimi romanzi saranno ancora al femminile?
Sicuramente, essendo una donna, quello che scrivo sarà sempre in qualche modo espressione del femminile. Trovo però molto interessante provare a raccontare ciò che è apparentemente distante da noi. La letteratura conta dei capolavori in cui autrici donne mettono in scena un narratore maschio (penso all’Isola di Arturo di Elsa Morante o alle Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar). Ovviamente non ho la presunzione di paragonarmi neanche lontanamente a questi mostri sacri, però è sicuramente qualcosa che mi piacerebbe esplorare proprio perché mi sembra difficile e distante da me.
Recensione del libro
La quarta compagna
di Orsola Severini
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Orsola Severini, in libreria con “La quarta compagna”
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