Nato nel 1964, Riccardo De Palo ha scritto un bellissimo giallo dal titolo “La confraternita della rosa nera” (Marsilio, 2019), ambientato anche nella Foresta Nera tra gli altri luoghi. Ecco quattro domande allo scrittore e giornalista de Il Messaggero:
- Ci sono atmosfere mitteleuropee nel tuo romanzo che fanno pensare a Robert Walser, Musil. Come è nato il libro?
Volevo fare un giallo che attingesse alla grande tradizione del romanzo classico, ma che rispondesse a tutti i requisiti del genere. Quindi, c’è il mistero, tutti gli elementi per risolverlo sono a disposizione del lettore e il ritmo è in crescendo, fino alla risoluzione finale; ma l’impianto, così come l’ambientazione, sono molto mitteleuropei. Qualcuno mi ha detto che ricordo Schnitzler, per le atmosfere belle e un po’ inquietanti: lo ringrazio dell’iperbole immeritata, così come ringrazio per il paragone a Musil e Walser, altri due giganti che amo molto, ma sono solo un autore che, quando scrive, non sa nascondere le proprie letture. Anche Moroder, a suo modo, è però un uomo senza qualità a cui è stato sottratto il suo posto nel mondo. E in fondo, pensavo a un altro scrittore di quelle parti quando ho chiamato la vittima Weferl. A un certo punto compare persino una signora Dürrenmatt… A voi le conclusioni.
Il libro è nato durante una delle mie frequenti incursioni a Ortisei: c’era un bellissimo roseto in alta quota, ho pensato che sarebbe stato meraviglioso ambientarci un thriller. E così è stato. Ho scritto “La confraternita della rosa nera”.
- Non hai messo il solito commissario alla Montalbano, ma un uomo riservato e al contempo attento alla sua squadra. Come definiresti Moroder?
Quando ho deciso di partire dal delitto in un roseto, in una sorta di Paradiso, ho cominciato a immaginare i personaggi e ho capito subito che il protagonista non poteva che chiamarsi Moroder, non poteva che essere un ispettore di origine ladina, ammiratore del compositore (che, come lui, è nato in Val Gardena e di lì è partito alla conquista del mondo). Un montanaro particolare, un po’ orso, che soffre di vertigini e ascolta “I Feel Love”. Un uomo sempre con la testa tra le nuvole e che si incapriccia per piste improbabili, che si rivelano sempre quelle giuste.
- Non diciamo molto della parte del giallo, ma ci fai pensare che uomini potenti in misteriosi percorsi potrebbero far sparire la terra o cambiarla a loro piacimento. È così?
Ho pensato che sarebbe stato molto attuale immaginare un complotto, da parte di un gruppo misterioso, che mirasse al controllo delle menti altrui, fino alle estreme conseguenze. In questi anni siamo spiati costantemente dalle grandi aziende che vivono alle spalle dei nostri “like” e sono sempre più frequenti i casi di giochi di ruolo micidiali, che si propagano attraverso la Rete, assieme ai cosiddetti “haters”. Non c’è bisogno di chiudere la porta, se poi lasciamo accesa la webcam del portatile.
- Cosa hai letto nel 2018 che ti è particolarmente piaciuto?
Molti libri li recensisco anche per il Messaggero. Ho amato "L’idiota" di Elif Batuman, un romanzo di formazione delizioso, ma anche un noir come "Città di morti", di un autore grandissimo quanto sconosciuto, Herbert Lieberman. Ho apprezzato anche l’ultimo doppio romanzo di Antonio Manzini (il suo Schiavone è un po’ il contraltare occidentale del mio Moroder), "The Outsider" di Stephen King, "Il morso della reclusa" di Fred Vargas (nel suo Adamsberg c’è qualche tratto del mio protagonista) e naturalmente il thriller del compagno di collana Roberto Costantini, che sa come incatenare i lettori ai suoi libri. Ho trovato invece un po’ deludente l’ultimo Murakami, "L’assassinio del commendatore". Ma perché dimenticare Michel Bussi, David Mamet, Matthew Pearl?
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Riccardo De Palo, in libreria con "La confraternita della rosa nera"
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