Carola Susani scrive libri per adulti e per ragazzi. È redattrice di "Nuovi Argomenti", conduce laboratori di lettura e scrittura e fa parte dell’associazione Piccoli Maestri. Con minimum fax ha pubblicato Pecore vive (2006, selezione Premio Strega), Eravamo bambini abbastanza (2012, Premio Lo Straniero) e La prima vita di Italo Orlando (2018).
In quest’intervista Carola Susani ci parla di due libri usciti nel 2020:
Terrapiena per minimum fax e Elsa Morante. Tra Storia e sortilegi per Nuova Frontiera Junior edizioni.
- Grazie Carola per la qualità dei suoi scritti. Ci spieghi meglio questa trilogia sulla figura di Italo Orlando (La prima vita di Italo Orlando, minimum fax 2018), apparso dal nulla, ma fondamentale come personaggio cardine, anche lui finito in una baraccopoli nata negli anni Settanta, in Sicilia, dopo il terremoto, tra anarchici e hippies e le persone umili e semplici che abitano in quel lembo di terra. Così inizia Terrapiena.
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Italo Orlando appare in momenti diversi ma cardine della storia italiana. È apparso nel 1957 in Sicilia, in concomitanza con la promessa di industrializzazione dell’isola, riappare ora nei primi anni Settanta, un paio d’anni dopo il terremoto della Sicilia occidentale. Si dice che sia il figlio smemorato di un avvocato di Marsala, che gira la Sicilia a pieni scalzi, ma il fatto strano è che ogni volta che appare ha più o meno la stessa età. Possiamo immaginarlo come un piccolo dio del cambiamento, ambivalente, inesorabile. Se qualcuno lo invoca perché aspira a qualcosa di nuovo e meraviglioso, lui si presenta. Ma a volte si presenta anche perché qualcuno non ce la fa più.
- La voce narrante di Terrapiena è Ciccio, che vive con la madre e la sorellina. Poverissimi. Ha dodici anni, ma è provvisto di un acume e di un pathos fuori dal comune. Lei scrive anche libri per l’infanzia che potrebbero essere letti anche dagli adulti. Da dove ha tratto lo spunto per un ragazzo come Ciccio?
Potrei dire che Ciccio sono io, e in parte naturalmente è vero. Ma nella figura di Ciccio convergono il bambino con il quale ho scoperto la sessualità, mio fratello, un’idea di intellettuale in erba. Io sono convinta che l’infanzia, e in particolare il suo crepuscolo, sia un’età filosofica, in cui non puoi fare a meno di mettere in discussione tutto, e in primo luogo il potere, ma in cui al tempo stesso cerchi disperatamente il tuo posto, un posto abitabile. Sei abitato dalla sete. Senti che il mondo così com’è è inabitabile, senti che non è adatto all’intera tua persona che sempre lo sopravanza, ma disperatamente cerchi di abitarlo e così a volte ti comprimi e a volte lo rendi abitabile davvero. È un tempo in cui hai bisogno di qualcuno che ti veda, e ti aggrappi a ogni sguardo capace di riconoscerti.
- Ciccio con la sua banda di ragazzini che potrebbero salvare il mondo, ma non riescono a farlo. Anzi deve patire la presenza in casa di un uomo che porta un po’ di soldi e di benessere ma fa il padrone assoluto. Perché toglie al ragazzo l’aureola di un giovane Gesù che può compiere atti rivoluzionari per gettarlo nella mischia di una vita povera e ordinaria, senza redenzione?
Nessun ragazzino ha la forza di salvare il mondo se per salvarlo intendiamo redimerlo. Salvarlo nel senso di permettergli di esistere senza collassare sotto il peso del male i ragazzini lo fanno. Questi ragazzini, Dora, Marco, Ciccio, permettono al mondo di fiorire in bellezza malgrado il dolore, sporcano il male, che pure li abita, di bene, di luce. C’è molta luce in questo libro, doveva essere un libro tragico per permettere a questa luce di lasciarsi vedere.
- Come già accennato i pochi uomini adulti che tratteggia nel romanzo sono beceri, maschilisti. Trattano le donne come cose e sono potenziali cecchini per chi non si misura con il loro essere spacconi. Non poteva essere diversamente in una baraccopoli che pure pullula di capelloni, di hippies, che teoricamente non dovrebbero accettare quello stato delle cose? Dove è la falla, perché non cambia niente?
Non tutti sono ugualmente gretti. C’è Mommo, che è lì lì per capire, ma non ce la fa del tutto, perché gli sembra che ci sia qualcosa che viene prima delle persone, un sogno di società diversa che diventa rigido. Le cose cambiano, non cambiano mai esattamente come vorremmo o ci aspettiamo che cambino e ogni cambiamento pone problemi nuovi. Da scrittrice guardo, osservo i processi e le persone e provo a raccontarli.
- La storia tra Italo e Saverio è di sconvolgente bellezza, perché inaspettata, pericolosa e non dico altro, perché il romanzo va letto, ma alcune pagine che li riguardano mi hanno commosso e mi hanno fatto arrabbiare. Dove trae spunto per cambiare rotta e per un certo tempo buttarsi a capofitto in un dramma sentimentale?
Terrapiena nasce da due morti con cui ho dovuto fare i conti, la morte della persona da cui nasce il personaggio di Saverio, un poeta gay, morte alla quale ho assistito da bambina, e la morte del ragazzino da cui nasce il personaggio di Ciccio. Dovevo raccontare queste due storie insieme e una, quella di Saverio, era senza dubbio una storia d’amore. E una storia d’amore così forte e nuda da poter essere un modello per Ciccio che ne è talvolta spettatore. Le due storie sono legatissime, tutte e due parlano di una sete, di una nuova possibilità, che per un momento si manifesta, ed è una possibilità vera, anche se l’esito della vicenda è tragico. C’è un movimento intimo nel mio lavoro di scrittrice, avevo bisogno di fare i conti con la realtà di quelle morti, ma sapevo che facendo i conti con quelle morti avrei potuto raccontare sentimenti collettivi, una società nel momento del massimo cambiamento, dell’estrema mobilità sociale quale adesso abbiamo dimenticato, i semi per libertà che sarebbero fiorite pochi anni dopo.
- Nel libro ci sono molte influenze letterarie, lei non solo scrive, ma si capisce che legge moltissimo. In questa baraccopoli ci vedo Elsa Morante, Ortese, Pier Paolo Pasolini. Ce ne sono altri che mi sfuggono? Perché la visionarietà di certe pagine non porta anche a una forma solo abbozzata di palingenesi?
Perché non cambia niente in questa terra arsa e al contempo con l’acqua sotto ai letti. Le influenze che nomini sono perfettamente intuite, Morante, Pasolini e Ortese ci sono (ci sono sempre quando scrivo), poi c’è l’amato Stevenson, e Ivy Compton Burnett, e c’è Faulkner. Sono questi i maestri a cui ho fatto appello per tirare fuori le mie poche pagine.
La palingenesi la sogno sempre, tutto quello che scrivo gira attorno al paradiso in terra, ma riesco e voglio raccontarne la promessa; se ne raccontassi la realizzazione non mi crederei.
- Ho pensato che il profondo realismo del testo è dovuto al rispetto che prova verso i lettori a cui non vuole dare una storia alla Disney, col lieto fine, ma raccontare la verità. Non è faticoso questo rispetto che porta al lettore? A volte non sarebbe meglio mentire?
Certi lettori leggono per trovare conforto in quello che accade in uno scritto. Immagino che siano lettori che non rientrano nel suo spettro visivo. Anch’io da lettrice ho bisogno di conforto, anch’io vorrei soltanto il lieto fine: il lieto fine non toglie niente anzi permette che ogni male, ogni dolore venga raccontato. Ma questo era un libro che con il lieto fine non poteva esistere: avrei dovuto tradirne la necessità e l’ispirazione, per me sarebbe stato un libro inerte, inutile. L’unica cosa che sapevo era questa: quel giovane uomo e quel ragazzino erano morti.
- Nella stesso periodo ha scritto di Elsa Morante. Il titolo completo è Elsa Morante. Tra Storia e sortilegi (La nuova frontiera Junior). Scrive della vita e delle opere di Morante con molto rispetto e semplicità. Anche un adolescente può avvicinarsi a queste pagine. Come mai questa scelta di lettura dai 10 anni in su?
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È una collana coraggiosa questa della Nuova frontiera junior, raccontare ai ragazzini scrittori e scrittrici italiani, a partire dalle loro biografie. Ho pensato che potevo provare a raccontare ai ragazzini di adesso le ragioni per le quali Morante mi è cara e mi provoca alla riflessione. Parlare troppo da vicino non mi sarebbe stato naturale, invece aveva molta voglia di raccontare la sua biografia intellettuale, il suo rapporto con l’immaginazione e la realtà, il senso che hanno avuto nell’opera i suoi amori. Mi sembra che la curiosità si accenda in un modo speciale quando ti accorgi come funziona la mente, come la conoscenza della realtà, le sbandate, il dolore si trasmutino e si facciano qualcosa di grande offerto a tutti.
- Il fatto di scrivere per tutti le è servito per non buttarsi in gossip, ad esempio sulla vita non proprio specchiata di Morante nei primi tempi in cui viveva sola, a Roma, con grandi problemi economici, oppure tutte le storie sentimentali che ha avuto durante il matrimonio con Moravia. Più parole che fatti in realtà. Ha scelto un tono affettuoso e didascalico. Affinché anche i più giovani capissero quello che ha scritto sulla scrittrice. Tenendo conto dei libri scritti per l’infanzia lei è ossessionata benevolmente dalla prima gioventù?
Sembra un processo di inclusione, ovvero io scrivo per tutti e per tutte le età. Perché? Scrivere per i più giovani mi insegna a scrivere. Nasco come una scrittrice per pochi, densa e criptica, immaginifica e concettuale, ma come tutti non mi esaurisco in una parte di me. Negli ultimi anni ho scoperto un gusto a raccontare le biografie. Se fosse per me racconterei la biografia di chiunque a chiunque, ma per ora mi accontento di divulgare le storie delle scrittrici anche non note ai ragazzi, alle ragazze e anche ai grandi. La scrittura si è sciolta, l’affabulazione ha conquistato spazio, forse io stessa mi sono fatta più semplice.
- Ai lettori di Sololibri piace sapere quali sono i libri fondamentali su cui uno scrittore si è confrontato. Quali sono, dovendo riassumere molto, alcuni suoi libri cardine, di quelli di cui non può fare a meno? E infine quali sono invece novità librarie che l’hanno piacevolmente colpita? Grazie.
Il primo libro che ho letto è stato il Diario di Anna Frank; avevo cominciato a leggere da poco, l’atmosfera del rifugio, la mitologia, lo schiaffo ai nazisti che mi sembrava il fatto di poter leggere quel libro malgrado il loro tentativo di sterminio, sono rimasti al fondo della mia idea della letteratura. Da adolescente un incontro importante è stata la voce di Cvetaeva, poi Flannery O’Connor, che mi fece scoprire Sandro Veronesi. Poi Stevenson, che conoscevo dall’infanzia e al quale sono tornata con felicità negli ultimi anni. Cechov. E poi Morante, Pasolini, Ortese, che hai nominato. Grazie di questa bella intervista e di questo bell’incontro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Carola Susani: l’infanzia come età filosofica
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