Fabiana Giacomotti, giornalista, scrittrice, autrice tv, ha lavorato nell’ordine per la radio, la televisione, la stampa quotidiana e periodica ricoprendo tutti i ruoli possibili: conduttrice, annunciatrice, inviato, direttore, tranne quello di caporedattore, perché “stare ferma a una scrivania le risulta impossibile”. Scrive per Il Foglio del sabato e ha una rubrica su Sette e Lettera43.it. Insegna all’Università di Roma La Sapienza nel corso di Scienze della Moda e del Costume, nel quale ha sviluppato e dirige la prima piattaforma multimediale di cultura e informazione sulla moda scritta e gestita dai suoi studenti. Con il costumista Alessandro Lai ha curato, per il Museo di Palazzo Mocenigo a Venezia, la mostra Trame di Moda. Donne e stile alla Mostra del Cinema di Venezia, diventata anche programma per Rai5, e sta sviluppando un progetto sul rapporto fra costume televisivo e moda nella storia della Rai e della società italiana.
Il 4 dicembre scorso è uscita la nuova edizione del volume La milanese chic 2014. Guida alla città dello stile (Baldini & Castoldi, 2013 - la prima edizione era dello scorso anno)
“piccolo divertissement, spero utile, con qualche informazione inedita per chi non è milanese (e, spero, anche per chi lo è) ”
come la stessa autrice ha definito il suo libro. La Guida, piacevolmente illustrata da Sara Not, piena di foto e di consigli pratici, qui aggiornata con nuovi indirizzi dove acquistare, scegliere o anche solo informarsi, ci conduce in un tour della città meneghina attraverso spunti e aneddoti storici. Girando Milano con la moleskine e l’iPad Fabiana Giacomotti ha riscoperto la città nella quale è nata e dove vive. Ecco quindi descritti i tre chiostri (e i cortili più belli), i tre posti più romantici, i tre musei da scoprire e le tre gallerie imperdibili, alternati ad alcuni irrinunciabili must come l’acquisto del profumo introvabile altrove, da Dansi in Corso Genova o un salto da Delmaldé in via del Carmine per scovare spille vintage, gioielli in celluloide e soprattutto gemelli da camicia.
“Milano non è una grande città: è una piccola città di grandi ambizioni. Lo è da sempre: nelle sue espressioni politiche e architettoniche, nei movimenti letterari e artistici che ha tenuto a battesimo e perfino nel suo ostinato mecenatismo, nel volontariato che non ha eguali in qualunque altra città d’Italia”.
- Signora Giacomotti, desidera commentare la frase di Italo Calvino tratta da Le città invisibili che ha posto come esergo del volume?
In realtà, qualunque scritto di Calvino sarebbe stato adatto a una vita milanese. Dal Barone Rampante a Marcovaldo. Calvino è adatto sempre.
- Per quale motivo lo stile della milanese autentica “... nella città della moda, ci si veste, molto anche, ma senza troppo parere e pochissimo apparire” è così rigoroso, calvinista, con quel particolare tono elegante che Giorgio Armani ha saputo interpretare al meglio?
Lo sfoggio vistoso non fa per noi. Certe scollature che vedi fiorire altrove, qui sono molto malviste; si sono adeguate perfino le nostre grandi cortigiane tipo Marie Duplessis (oh sì, ce ne sono molte...), che ostentano abitucci da monaca e sguardi timidi. La milanese è una borghese convinta, lo è nel profondo del proprio dna, prima ancora che della propria anima. I viaggiatori dell’Ottocento che capitavano a Milano, penso a Stendhal o a Balzac che fece il diavolo a quattro per essere ospitato da Claretta Maffei, la mattina dopo un ricevimento si stupivano sempre di vedere sull’insegna delle botteghe lo stesso cognome di chi li aveva magnificamente ospitati la sera precedente. Per un francese la commistione fra nobiltà e commercio era impensabile... come dimostrano proprio i romanzi di Balzac.
- Può scegliere per noi un locale, dove fermarsi (“La milanese non pranza, fa colazione...”) dopo una passeggiata culturale nel centro della città?
Dipende dalla zona: fra Brera e corso Garibaldi, il Resentin per un’insalata o il Temakinho se si vuole stare fra i giovanissimi e ci si diverte alla commistione fra cucina giapponese e brasiliana. Attorno a san Babila il Paper Moon, per un’insalata di carciofi. In area Magenta eccezionali i panini di De Santis.
- Delle “tre rivoluzionarie”: Cristina Trivulzio di Belgioioso, Clara Maffei e Margherita Sarfatti, e delle “tres femmes fatales”: Bianca Maria di Cellant, Giulia Samoylof e Luisa Casati, quale sente a Lei più vicina per personalità e temperamento?
Luisa Amman, Casati da sposata, era una lontanissima parente, un bel tipo, fin troppo generosa. Avrei voluto assomigliare a Cristina Trivulzio.
- Ci illustra brevemente il capitolo dedicato alla Milano letteraria?
Nell’edizione appena uscita de "La milanese chic" è il capitolo rivisto più profondamente, insieme con quello delle boutique di moda e gioielli. Le megasuperfici stanno uccidendo i piccoli negozi, ed è una regola che vale per le librerie come per ogni altro settore merceologico. Quei due o tre indirizzi preziosi del centro vivono benino grazie a una clientela affezionata della quale conoscono ogni gusto, penso alla Milano Libri, alla Feltrinelli di via Manzoni o alla Libreria degli Atellani. Purtroppo, invece, hanno chiuso alcune librerie milanesi storiche; altre sono state costrette a spostarsi in periferia e resistono grazie allo spaccio di tramezzini e birre. Altre ancora sono state sostituite da panetterie e spacci di junk food. È la nuova mania di questi anni, mangiare a tutte le ore, parlare di cibo, guardare gli altri che lo preparano. Il grande trucco dei cuochi, nuove star, e dei venditori di cibo più o meno a chilometro zero è stato di spacciarlo per esperienza culturale.
- Coco Chanel diceva che nel dubbio era sempre meglio sottrarre che aggiungere. Che ne dice?
Lo dice anche mia mamma: prima di uscire, guardati allo specchio e togli qualcosa. È un consiglio che ho inserito fra le pagine del libricino.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Fabiana Giacomotti, autrice de “La milanese chic”
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