Napoletano doc, laureato in Giurisprudenza, esercita l’avvocatura per dieci anni circa, ma riesce parallelamente a far fruttare la sua carriera di scrittore: pubblica nel 2012 Daria (La gru) e nel 2013 Novanta. Napoli in 90 storie vere ispirate alla Smorfia (Tullio Pironti), ma il successo arriva oggi con La tentazione di essere felici (Longanesi, 2015).
Lorenzo Marone sorprende tutto il pubblico dei lettori con un romanzo coinvolgente e dilagante, in cui la realtà quotidiana abbraccia la straordinarietà della vita, ricca di gioie, dolori, rancori, tenerezze, rimorsi e rimpianti.
Delineando con grande maestrìa i tratti di un protagonista, Cesare Annunziata - scorbutico, antipatico e terribilmente romantico - a cui il lettore fin da subito si affeziona, Marone racconta una storia vera e appassionata, sfiorando anche tematiche di grande rilevanza sociale.
Lo abbiamo intervistato per comprendere più a fondo le radici della sua passione letteraria e i segreti del suo successo.
- Lorenzo Marone, napoletano, classe 1974, decidi di dedicarti alla scrittura dopo la laurea in giurisprudenza. Da dove nasce questa passione? E qual è il tuo rapporto con la scrittura, con quella che, a tutti gli effetti, sembrerebbe la tua vera vocazione?
Nasce dalla lettura, e non potrebbe essere altrimenti. Sono un lettore onnivoro, fin da piccolo; ho iniziato con i fumetti e poi sono passato ai libri, e da allora non mi sono più fermato. I primi racconti ho iniziato a scriverli a venti anni, ma non li facevo leggere. Poi ho ripreso una decina di anni dopo, verso i trenta, stavolta, però, decidendo di espormi. Ora per me la scrittura è qualcosa di fondamentale, che fa parte di me, un modo per evadere, per esternare ciò che ho dentro. Una specie di seduta terapeutica insomma.
- La tentazione di essere felici (Longanesi, 2015, pp. 265) è un vero caso letterario senza precedenti e riscuote quasi ogni giorno moltissime recensioni innamorate. Da dove nasce l’idea di scrivere questo libro, a cui molti lettori si sono affezionati fin dalle prime pagine?
Che il libro piaccia mi rende felice e orgoglioso. Forse Cesare è così amato perché, in fondo, è un uomo comune con problemi comuni, è facile identificarcisi. L’idea dalla quale sono partito è quella del rimpianto, del voltarsi indietro a un certo punto della vita e accorgersi che i conti non tornano, che si sono fatte delle scelte sbagliate, anzi, che spesso si è proprio evitato di scegliere, e non scegliere ci porta a camminare sempre sulla stessa strada, la quale, a volte, non è nemmeno quella che abbiamo preso consapevolmente. E’ chiaro che questo discorso riguarda un po’ tutti, non c’è bisogno di arrivare a ottant’anni per avere dei rimpianti, solo che un personaggio anziano, nel voltarsi indietro, ha per forza di cose una veduta più ampia della sua vita.
- Cesare Annunziata, il protagonista del tuo romanzo, è un vecchio scorbutico e scontroso, ma nonostante le apparenze cela un animo sensibile e perfino romantico - è lo stesso Cesare a dire di essere un "vecchio stupido e romantico". Sicuramente si tratta di un protagonista "sui generis" che nulla ha del classico eroe così chiamato per antonomasia: c’è qualche caratteristica che ti rispecchia di questa sorta di "anti-eroe"? Da dove hai tratto l’ispirazione per far uscire fuori questo personaggio così originale?
Non credo negli eroi e nei superuomini. Lo dice proprio Cesare, "non esistono persone più coraggiose di altre, solo chi affronta il dolore quando deve essere affrontato". Non mi sono ispirato a nessun personaggio reale, forse un po’ a quei vecchietti burberi che si incontrano nei condomini, che spesso non salutano, con lo sguardo ai piedi, chiusi nel loro guscio. Ho tentato di immaginare cosa ci fosse dietro quel guscio. Perché dentro ognuno di noi c’è un mondo enorme da esplorare.
- Nonostante il romanzo sia godibilissimo e intriso di un certa ironia e simpatia che rendono il racconto ancora più piacevole, tu riesci ad affrontare con semplicità, ma anche con puntualità e - perché no - con coraggio, un tema forse oggi più che mai scottante, quello della violenza sulle donne. La storia di Emma all’interno del tuo romanzo vuole essere una denuncia dei drammatici fatti a cui assistiamo quasi quotidianamente?
Volevo parlare di questo argomento del quale non se ne parla mai abbastanza, senza, però, renderlo il fulcro del romanzo. Non volevo scrivere un libro sulla violenza sulle donne. Avevo, in realtà, bisogno di un evento forte che scuotesse l’apatia di Cesare, il suo chiudersi al mondo e agli altri, qualcosa che lo costringesse a tendere la mano. Così ho pensato di far arrivare nel condominio Emma, donna maltrattata dal marito. A quel punto mi sono dovuto documentare e sono finito sui forum di donne maltrattate. E lì mi si è aperto un mondo. L’aspetto che più mi interessa di questo discorso, è quello riguardante Cesare, che poi siamo noi, quelli che spesso si girano dall’altra parte, convinti che si tratti di questioni private da risolvere in famiglia. Cesare, invece, forse anche perché un po’ costretto, decide di "impicciarsi" e fa bene.
- Personalmente sono rimasta molto colpita dalla schiettezza e dalla dolce veracità di un personaggio come quello di Rossana, forse la figura che più incarna lo spirito della "napoletanità" e che mi ha ricordato, al contempo, uno dei fantastici personaggi dei film di Pasolini, ragazzi di vita e di strada, con addosso il peso di un’esistenza più grande di loro. C’è quindi forse un po’ dell’esempio pasoliniano tra le pagine di questo romanzo?
Be’, il paragone mi lusinga, in realtà, però, avevo bisogno di un personaggio diverso, Cesare aveva bisogno di un personaggio diverso, che lo aiutasse a uscire dalla sua piatta normalità, dalla vita troppo borghese. Rossana è una "popolana", passami il termine, una che viene da un mondo diverso da quello di Cesare, ma, al contempo, è una figura dolce, vera, profonda. Forse l’unica donna alla quale Cesare non sente il bisogno di dare consigli.
- C’è un personaggio de La tentazione di essere felici al quale ti senti più legato? E se sì, perché?
Mi piace Marino, un uomo che sembra poco coraggioso, ma che, in realtà, sa affrontare il dolore di petto, a differenza di Cesare, che fa il furbacchione e tenta di aggirare l’ostacolo. Marino è uno col quale la vita non è stata tenera, e ciononostante lui non le ha tolto il sorriso.
- Visto il notevole e meritato successo del tuo libro, è quasi d’obbligo chiedere quali siano i tuoi progetti futuri. Hai un nuovo romanzo a cui stai lavorando?
Sì, c’è un nuovo romanzo, che uscirà sempre per Longanesi e parlerà di famiglie allargate. Stavolta dal punto di vista di un quarantenne però.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Lorenzo Marone che racconta “La tentazione di essere felici”
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