Mauro Biagini è nato a Genova, dove si è laureato in Lettere Moderne, e vive a Milano nel quartiere Porta Venezia, fonte di ispirazione per i suoi romanzi noir.
Creativo pubblicitario, ha firmato popolari spot televisivi per importanti brand italiani e internazionali, quali Averna ("il gusto pieno della vita" è suo!), Mercedes-Benz e Fastweb.
Insegna Copywriting all’ACME, Accademia di Belle Arti Europea dei Media, ed è consulente di comunicazione per varie imprese. È autore e conduttore di Stonewall, un programma su onBoox radio dedicato a letteratura a tema Lgbt e non solo.
Nel 2018 ha pubblicato Marcantonio detto Toni, scritto a quattro mani con Silvia Colombini per Robin edizioni, e l’anno seguente ha scritto il noir Sopratutto viole (goWARE, 2019).
Successivamente, è passato ai Fratelli Frilli editori, per cui ha pubblicato raccolte di racconti e due nuovi libri: Il rumeno di Porta Venezia (2019) e La ragazza del Club 27. Milano, Porta Venezia: un’indagine della magliaia Delia, con cui oggi è in libreria.
- Intanto grazie, Mauro Biagini, per la disponibilità. Da quando aveva voglia di raccontare storie e perché questo bisogno o questa predisposizione?
Scrivere storie e lavorare con le parole è il mio pane quotidiano fin dalla fine degli anni ‘80. Il mio mestiere, infatti, è quello di creativo pubblicitario. Sono un copywriter, per l’esattezza.
Solo più recentemente ho incominciato a scrivere anche romanzi. Avevo voglia di esprimere la mia creatività senza i vincoli di un brief, che in pubblicità è d’obbligo seguire per vendere un prodotto.
- Lei fa un noir anomalo: del noir classico sembra non accettare la troppa violenza gratuita. Ma non è nemmeno un giallista interessato solo alla scoperta dell’assassino senza dare un contorno, che in questo libro è Porta Venezia a Milano. È così? O ha una sua spiegazione?
Amo la definizione di “romanzi con delitto”. Quando scrivo ho due obiettivi. Il primo, naturalmente, è quello di raccontare una storia che appassioni il lettore e lo tenga il più possibile con il fiato sospeso fino alla risoluzione del caso. Ma questo non mi basta. Il noir – o giallo, faccia lei – per me è anche un contenitore che mi diverto a riempire con le mie passioni, la mia sensibilità, i miei punti di riferimento culturali.
- L’ambientazione è a Porta Venezia, nelle strade che nei dintorni... una parte di Milano che sembra conoscere benissimo. Ma poi c’è anche invenzione. Come è riuscito a mescolare le cose?
Porta Venezia è un quartiere ricco di stimoli, dove convivono borghesi e nullafacenti, vecchi milanesi e cittadini da ogni parte del mondo, le botteghe di una volta e i locali alla moda. Mi basta uscire per le strade e trovo sempre spunti creativi. Poi, nel creare le mie storie e i miei personaggi, la realtà si mescola spontaneamente con la fantasia.
- Lei abita a Milano. Per un’ordinanza del governatore della Lombardia le librerie restano chiuse, mentre in altre regioni iniziano ad aprire. La causa è la pandemia da coronavirus. Sta seguendo le vendite on line? Le mancano le librerie aperte? Come sta vivendo questo periodo eccezionale?
Le librerie mi mancano, eccome! Come mi mancano molte altre cose che spero ritroveremo al più presto. Certo, seguo le vendite on line ogni tanto, ma mi fa piacere, soprattutto, quando trovo un riscontro sul web da parte di chi legge e commenta i miei romanzi.
- Nel suo libro le indagini le fa la polizia, ma anche una magliaia chiamata Delia. Come è nato questo personaggio?
Non volevo affidare la risoluzione dei miei casi a un’indagine tradizionale, con celle telefoniche, prove del DNA, telecamere e tutto il resto. Per questo è nata la magliaia Delia: una donna anziana, ma dalla mentalità molto aperta e con un grande intuito. E, soprattutto, un personaggio che ha un punto di osservazione privilegiato nel quartiere, ovvero il suo laboratorio su strada, dal quale può osservare tutto e tutti.
- Chi è Marianeve, detta Neve, la ragazza da cui prende titolo il libro? Perché Club 27? Se fosse lei il lettore del suo libro cosa penserebbe della ragazza?
È la classica “pecora nera” di una famiglia altolocata. Una ragazza fragile e tossicodipendente da molti anni, che ha un vero e proprio culto per il Club 27, il leggendario gruppo di musicisti tutti morti a 27 anni. Un’età che lei sta per compiere a breve… Neve è una persona che non è mai riuscita a diventare ciò che le hanno sempre chiesto di essere. A me fa tenerezza, come tutti gli emarginati, gli individui tormentati da un malessere.
- Delia è una signora un po’ in età, non troppo benestante. Però conosce tutti. Chi la tratta con gentilezza, chi con un certo fastidio. La povertà disturba una città come Milano che, almeno prima della pandemia, era una città ricca e operosa col mito del lavoro?
La povertà disturba sempre chi è arido di cuore. Ma, senza volerlo troppo mitizzare, il quartiere di Porta Venezia ha davvero qualcosa di speciale. Si respira l’atmosfera di un piccolo paese all’interno di una metropoli. E accade spesso che persone di ceti sociali diversi si ritrovino a condividere luoghi e momenti di socializzazione.
- La ragazza del Club 27 non è il suo primo libro. Come è nato Marcantonio detto Toni, scritto insieme a Silvia Colombini?
È nato da un’idea che io e la mia amica Silvia avevamo in testa da tanti anni, ovvero la storia di un ragazzo poco più che diciottenne che assiste incredulo a un repentino cambio d’atteggiamento della sua famiglia piccolo borghese. Da un giorno all’altro, infatti, i suoi genitori si augurano che lui sia gay. Il tutto per uno strano scherzo del destino, una questione di eredità. Ci siamo divertiti molto a scrivere questo romanzo.
- Poi ci sono racconti noir e il primo libro tutto suo, Il rumeno di Porta Venezia. Le dà sicurezza rimanere sempre negli stessi luoghi?
Subito dopo Marcantonio detto Toni, mi sono dedicato al genere che prediligo, alle atmosfere più cupe, ai delitti. Prima con un romanzo edito da goWare, Soprattutto viole, e poi con il mio primo noir per la Fratelli Frilli Editori, che inaugura le mie indagini della magliaia Delia ambientate a Porta Venezia. Scrivere del quartiere in cui vivo, più che darmi sicurezza, mi diverte e mi stimola.
- Perché un rumeno come protagonista? Conosce la Romania? I film di questi anni girati in Romania, che vincono sempre qualche premio ai festival cinematografici più importanti, le piacciono?
Il rumeno di Porta Venezia parla di pregiudizi, di razzismo. Ho scelto il popolo rumeno perché è quello dalla cultura più vicina alla nostra – a partire dalla lingua, così simile al latino – e perché ho tanti amici che provengono dalla Romania. Di questo paese ho sempre ammirato i suoi grandi letterati. Mircea Cărtărescu, Emil Cioran, Ionesco, solo per fare qualche nome. E poi il nuovo cinema rumeno, certo. Lo amo molto. Cristian Mungiu, Peter Netzer e Adina Pintilie sono registi straordinari.
- I protagonisti dei suoi libri non vengono condannati moralmente per scelte di vita, scelte sessuali o scelte sociali, ma il male può travolgerli comunque. Tutto è possibile. Nessuno è mai troppo buono, né i cattivi sempre malvagi. È così o c’è un’altra spiegazione?
I buoni e i cattivi esistono solo in certi vecchi film. Nella vita ci sono i destini, le sfumature, le coincidenze. Ma, per citare il grande Walter Siti, che lei ha intervistato di recente, “La natura è innocente”.
- Lei conduce in radio un programma in cui parla di letteratura e poesia a tema Lgbt e non solo. Qual è il criterio delle sue scelte di letture? O c’è molto anche di spontaneo?
Sì, è un programma che si chiama Stonewall e va in onda su onBoox Radio, una web radio indipendente. È un mio passatempo e anche una mia passione. Scelgo i libri che mi piacciono, capolavori per lo più, e con uno scopo ben preciso. Dimostrare che i romanzi e le poesie a tema Lgbt non sono certo per una ristretta cerchia di lettori. Tanto è vero che fino a oggi ho parlato di Shakespeare, Oscar Wilde, Gide, Genet, Kavafis, Penna, Pasolini. Altro che letteratura di nicchia!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Mauro Biagini, in libreria con "La ragazza del Club 27"
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