Campione di scherma, giornalista, scrittore, editore e notaio, Remo Bassetti, napoletano di nascita e torinese d’adozione, ha al suo attivo diversi libri, fra romanzi e saggi. Considerata ormai superata l’idea che lo aveva portato alla pubblicazione de Il Giudizio Universale, una rivista unica nel suo genere, dove si recensiva di tutto – libri, musiche, film, spettacoli, certo, ma anche oggetti e persone – Remo Bassetti, che definisce quella in cui viviamo “l’età dell’ombelico” (sempre concentrati come siamo su noi stessi), e della scorciatoia (dato che con lo smartphone – che per altro lui non possiede – ci sembra di avere tutto a portata di mano), si è concentrato su due nuove esperienze.
Nei panni dell’intellettuale che si propone di unire i due mondi “online” e “offline”, ha intrapreso la strada di un blog “post-social”, il wrog, laboratorio politico e zona freestyle.
Wrog sta per write blog: un posto dove si parla di scrittura, alimentato anche da contributi esterni, dove l’auspicio è quello di sostituire al “Mi piace” un “Ci ho pensato”.
Inoltre, è da poco partito un altro ambizioso e ardito esperimento letterario, che ha anch’esso come scopo avvicinare alla lettura chi, per sua stessa natura, non legge o legge poco e male: il frequentatore assiduo della rete e dei social.
In quest’intervista Remo Bassetti ci racconta i suoi nuovi progetti editoriali.
- Notaio, ci racconti del suo nuovo esperimento letterario.
Sul mio wrog è partito da qualche settimana un esperimento cui tengo molto: la pubblicazione gratuita di “Istruzioni per non morire”, un romanzo in forma di e-feuilleton, cioè in ventuno puntate, quanti sono i capitoli, e in tutti i formati: Kindle, dal mio sito, ma anche da Amazon, epub e pdf, per chi proprio ama la carta stampata.
- Di cosa parla questo romanzo?
Nel cuore della notte, in casa di Roberto, programmatore informatico di altissimo livello che vive a Parigi, si presenta un essere – che non è fatto di carne e non è visibile a nessun altro che a lui – che annuncia la sua morte, di lì a quattro giorni. Gli rivela inoltre che tutti gli esseri umani, arrivati alla data fatidica, ricevono una visita identica: Dovalski, questo è il nome del messaggero di morte, sostiene di appartenere ad un altro mondo, che con la terra ha solo il punto di contatto di un necessario, costante e quasi meccanico sacrificio di vite umane. Senza sbilanciarsi su quello che avverrà dopo la morte, offre a Roberto un’ultima possibilità di salvarsi: la presentazione di un “ricorso”.
In un mondo dove la correttezza procedurale è il valore principale – se esistesse Dio “sarebbe a immagine e somiglianza di un ufficio” – l’umano che riceve l’annuncio può prolungare la sua vita esponendo verbalmente, il giorno prima di quello fatale, una ragione significativa per non morire.
Contrariamente a ciò che succede di norma – la cancellazione della memoria spiega come mai nessuno ha mai parlato di questo incontro – al risveglio, Roberto ricorda tutto perfettamente. Così, mentre cerca un’adeguata ragione per continuare a vivere, il nostro protagonista scoprirà quanto poco abbia capito delle persone a lui più vicine: il suo spregiudicato capo che ha appena messo a punto una rivoluzionaria app installata nel sangue dei malati terminali per consentirne il monitoraggio a una platea di scommettitori, la bizzarra e infantile moglie martinicana, la figlia squilibrata che millanta una carriera universitaria all’estero, la lunatica amante che si sta facendo strada come life coaching. I quattro giorni concessi a Roberto, serviranno dunque non solo a salvare la propria vita, ma saranno anche l’occasione irripetibile di recuperare il filo di un’esistenza che scopre caratterizzata dalla menzogna, dal fraintendimento e dall’inconsapevolezza.
- Per quale ragione, dopo aver pubblicato per diversi e importanti editori, ha scelto di proporre un romanzo gratuitamente in rete e con una formula a puntate?
Qualsiasi intellettuale che voglia scommettere sul futuro della nostra civiltà deve avere in questo momento un obiettivo prioritario: spingere alla lettura chi frequenta la rete. Se poi si riesce a convogliare sugli stessi testi in rete gli abituali lettori cartacei, si mettono in contatto due mondi che rischiano ormai una grave incomunicabilità.
Personalmente, e nel mio piccolo, ci sto provando con il wrog e ora ci provo con un romanzo che un po’ mischia canoni e registri (con una prevalenza del grottesco), ma ha una struttura formale classica e lineare.
Ovviamente ho ben presente che al fondo del progetto non c’è uno stadio finale, ma solo di transizione. Non è affatto ideale un mondo dove i contenuti culturali non vengono remunerati, dove i libri e le librerie arrancano e milioni di persone sono impegnati a scrivere testi cosicché ciascuno si legge i suoi.
Purtroppo, però, questo è quello che già sta succedendo!
Per contrastare questa tendenza, ho lavorato di fantasia: non dando al pubblico ciò che si aspetta, ma chiamandolo a uno sforzo di crescita, indicandogli un’alternativa a ciò che gli è consueto.
Al momento non ripongo molte aspettative nell’industria editoriale: da noi è un ingessato circolo chiuso e in crisi, che realizza le sue cose migliori attingendo alle produzione straniera. Nonostante i festival e i saloni del libro, i best-seller dei soliti noti e l’ennesimo caso del commissario Vattelapesca, la distanza tra i pochi italiani che leggono veramente e le decine di milioni che non leggono, o leggono male, è ampia.
In questo contesto non mi pare azzardato sperimentare, anzi, mi sembra un comportamento del tutto ragionevole, che tutela anche il gusto della libertà espressiva.
- Quale aiuto diretto chiede ai lettori?
A chi condivide il progetto chiedo un sostegno che ho pensato di chiamare crowdreading: un termine sin qui molto poco usato e quindi non ancora di significato definito, ma che in linea di massima si riferisce alla condivisione di esperienze di lettura. Qui lo intendo, in assonanza con il più noto crowdfunding, come supporto a un progetto editoriale disponibile in forma digitale (un libro, un magazine, un altro testo): persone che aiutano quel progetto, non facendo confluire fondi, ma lettori. Perché questa sperimentazione fosse “pura”, ho voluto infatti escludere ogni ritorno economico per l’autore e permettere di scaricare il libro gratuitamente.
- Si tratta di una specie di passaparola?
Il crowdreading si differenzia da un normale passaparola perché non si limita a dire “hai letto quello?”, come si potrebbe dire di un romanzo cartaceo, ma “quello” diventa “questo”, cioè un testo reso immediatamente disponibile. Il crowdreading si basa infatti su alcuni presupposti: un contenuto culturale digitale; l’uso di strumenti e software digitali (quelli normalmente impiegati per comunicazioni alternative); la necessità di vivere attraverso il crowdreading oppure il desiderio di una community di creare crowdreading intorno a un testo esistente.
- Che cosa bisogna fare in concreto?
Chiedo semplicemente di condividere il link al libro, indicato sopra, sui loro canali social, di farlo girare, di portare l’unico vero finanziamento culturale: i lettori.
Certo c’è il rischio che a qualcuno il romanzo non piaccia, ma quello che chiedo non è un atto di fede nel libro ma l’adesione a un progetto.
In pratica, si potrebbe – ma è un modo più impegnativo – mandare messaggi mirati, via mail o Facebook, a delle persone adatte. Un’altra possibilità è mettere “segui” sulla pagina Facebook del wrog, scegliendo “mostra per primo” in modo da ricevere gli aggiornamenti e poterli condividere. Il più semplice, infine, è condividere su Whatsapp le puntate dalla pagina web del libro.
- Quali sono stati i risultati della pubblicazione dei primi capitoli e quali sono i possibili sviluppi di un progetto di questo genere?
L’e-feuilleton, dopo una settimana, era entrato nella classifica dei libri gratuiti su Amazon. Ora siamo all’ottava puntata – ogni puntata ha come titolo il nome di un personaggio.
Dietro il crowdreading c’è l’ottimismo sulla possibilità di sfruttare i mezzi digitali per incrementare la lettura anziché contrastarla: per quel che mi riguarda, cessata la sperimentazione sul mio libro, mi piacerebbe rimanere in prima linea per definire, perfezionare e sviluppare creativamente questa pratica.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Remo Bassetti, editore, notaio e write blogger
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