Inverno. Il racconto dell’attesa
- Autore: Alessandro Vanoli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2018
Un paesaggio bianco-neve fissato da una lieve altitudine ci accoglie dalla copertina dell’ultimo saggio-narrativo di Alessandro Vanoli. Si intitola “Inverno. Il racconto dell’attesa” e inaugura per il Mulino, la collana "Le stagioni". La scelta di definire saggio-narrativo una monografia sull’inverno nella storia, si motiva con il colore poetico con cui l’autore ammanta la prosa. Una prosa dal sentore soffice, quasi ipnotico che ha la neve quando viene giù, fuori e dentro i canoni dell’oleografia. Il titolo di questo libro è dunque da assumere alla lettera: tra le sue pagine si trovano l’inverno e le sue coniugazioni: storiche, antropologiche, letterarie, pittoriche, musicali. Che affronti il gelo primigenio della grande glaciazione o quello primo-medievale dei monaci benedettini; il duro inverno di Canossa sperimentato da Enrico IV presso il castello di Matildico o il “Generale inverno” russo a cui soggiacque l’armata napoleonica, il taglio narrativo di Alessandro Vanoli echeggia di sfumature suggestionanti.
Un esempio: ci troviamo in una della tanti notti freddissime del Medioevo. All’interno di un monastero inghiottito dal buio e dal senso dell’attesa (pag. 25):
Mundus senescit: il mondo sta invecchiando. E i segni sono numerosi: il vino si è fatto torbido, le eclissi hanno gettato la terra nelle tenebre, e dalle profondità della foresta giunge ogni notte il clangore di eserciti in massa. ‘Fratelli siate pronti’ annuncia da mesi il priore, ‘ Si è compiuto ciò che il signore ha detto nel Vangelo: Quando vedrete questi segni sappiate che sarà vicino il giorno grande e manifesto a tutti’. Mundus senescit: è solo gelo questa notte, alla chiamata per le vigilie; un tale gelo che quasi è un sollievo aprire gli occhi e smettere di sognare la propria sofferenza”
Avete visto? Pur non trascurando l’andamento dei fatti, la prosa di Alessandro Vanoli fa din don, cioè risuona e brilla di luce propria: nulla di accademico e tanto di musicale per un itinerario fascinoso con diversi andirivieni nel tempo e nello spazio brumali. L’attesa cui richiama il sottotitolo inerisce, dal canto suo, al connotato simbolico-ontologico del libro. All’aspetto che si rifà all’inverno come metafora – di vita sospesa, di morte, di attesa di rinascita – che lambisce natali e carnevali; le tavole imbandite di una volta, La regina delle nevi, Goethe e Tolstoj, e i paesaggi intirizziti da cui era ossessionato Caspar David Friedrich. Tutto molto bello, e altrettanto sottile. In definitiva: un libro luminoso che come prima cosa ti riconcilia con la "brutta stagione" (dicitur), e come seconda con la - spesso arida – prosa saggistica italiana.
Inverno. Il racconto dell'attesa
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