Io sono quello di sinistra
- Autore: Amedeo Vitale
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Noir dal sottosuolo psicologico ed esercizio di metanarrativa, Io sono quello di sinistra di Amedeo Vitale (Iacobelli editore, 2019) - eclettico autore e uomo di cultura letteraria, geo-storica e cinematografica notevole - si apre con una pagina di disquisizioni sul titolo, che già cattura il lettore nel ruolo attivo che lo stesso scrittore ha deciso di assegnargli, suo malgrado.
Antonio Valente, personaggio controverso senza aggiungere altro, si confessa al suo malcapitato avvocato, Massimo Quinti, attraverso una serie di monologhi con i quali, partendo dai ricordi giovanili di appartenenza a quella meglio gioventù romana degli anni ’70, sembra aprirsi alla necessità di svuotare la propria coscienza, in modo bulimico, lirico e spesso metaforico, fino ai giorni attuali. E di cose che gravano sulla sua coscienza ce ne sono eccome!
Noir sotto alcuni aspetti, nonostante si conoscano man mano i misfatti del personaggio principale, perché non è la suspense l’obiettivo dell’autore, quanto un’accattivante chiacchierata con il lettore al quale spesso affida la possibilità di immaginare il proseguo di una scena oppure i diversi possibili sviluppi nello svolgersi della trama. Tutto ciò avviene con genuina ironia dalla quale l’autore non risparmia nemmeno sé stesso.
Ne nasce così una piacevolissima storia, nonostante i temi cruenti, che lega lo spettatore (ops, un lapsus freudiano?!) a doppio filo con l’autore, nel gioco meraviglioso della narrazione che a tratti assume un aspetto affabulatorio, coinvolgendo il lettore nel processo creativo della scrittura.
Ti chiedi, nel frattempo, dove tutto questo andrà a parare, perché in fondo non c’è molto da scoprire sulla trama della storia che man mano si dipana. Eppure, alla fine la scoperta è tale che scopri di aver scoperto molto più di quanto era già scoperto dalla volontà del narratore stesso (il gioco di parole sorge spontaneo!).
Esistono diverse forme di “innamoramenti”, che negli estremi si somigliano all’opposto, passando dall’ossessione distruttiva dell’altro attraverso il possesso e la manipolazione, fino alla realizzazione di una complicità che si concretizza nella condivisione dei propri interessi, (del buon vino e della musica), nel riconoscimento, il rispetto e la valorizzazione dell’altro. Se volessi, potrei fare un’analogia politico-sociale con la parte della storia che ho apprezzato maggiormente - i ricordi di amicizia e impegno dei giovani negli anni ’70 - aggiungendo, forse sbagliando, che quella straordinaria generazione, nel bene e nel male, non si è affatto risparmiata rappresentando da un estremo all’altro quelle medesime modalità di “innamoramento” nei confronti degli ideali che la hanno animata. Ma non lo aggiungo, anzi sì!
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