Non a tutti è dato di vivere dentro una fiaba. Hans Christian Andersen, nato il 2 aprile del 1805, ci è riuscito. Ne è fermamente convinto e lo ripete spesso. Scorrendo la sua vita, bisogna ammettere che gli ingredienti ci sono tutti: le origini umilissime, gli ostacoli superati, le avventure e, infine, il successo.
E poi c’è la profezia di una fattucchiera che legge i fondi del caffè alla madre:
Suo figlio, le dice, diventerà un grand’uomo.
A guidare Andersen è una volontà incrollabile che lo porta a ottenere un’istruzione grazie alla generosità dei mecenati che incontra sulla sua strada. E a viaggiare. Tanto. In Italia verrà sette volte. La prima nei mesi a cavallo tra il 1833 e il 1834: di quel primo tour Andersen racconta nell’autobiografia, ripubblicata da Donzelli editore nel 2015 a cura di Bruno Berni con il titolo La fiaba della mia vita.
I viaggi di Hans Christian Andersen
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Andersen è un uomo dalla personalità non comune sotto molti aspetti. Per sua stessa ammissione, è religiosissimo fin quasi alla superstizione. Le sue giornate scorrono tra ansie e paure continue. Resta quindi un mistero come abbia potuto viaggiare per migliaia di chilometri, spesso solo e fra estranei di cui non capisce neppure la lingua, attraversando tutta Europa. Merito del desiderio di migliorarsi, di certo. E di una curiosità inesauribile. Gli hanno detto che vedere il mondo è utile a completare la sua formazione, che farà di lui un poeta. Così decide di superare i timori. E non sono pochi. Basti pensare che porta sempre con sé una fune per calarsi dalle finestre degli alberghi in caso di incendio. Per lo stesso motivo si irrita molto se viene sistemato ai piani alti.
Conserva, inoltre, un biglietto che sistema sul comodino di fianco al letto con su scritto:
Sono solo apparentemente morto.
Un modo per scongiurare una delle sue angosce peggiori: l’essere seppellito in stato di morte apparente.
Il Grand Tour di Hans Christian Andersen: da Parigi a Roma
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Comunque sia nel 1833, a ventotto anni, ottiene dal sovrano di Danimarca i fondi necessari per il suo grand tour e parte: Parigi, Milano, Genova, Firenze. Infine Roma, la sua città prediletta.
Lungo la strada incontra intellettuali, letterati, stringe amicizie: nella sua corrispondenza restano più di tredicimila lettere e biglietti da e per quasi tremila persone diverse. Vuole piacere. E pensa già alla sua autobiografia: ne ha pronto un primo tentativo.
Proprio prima di partire per “l’avventura italiana” scrive all’amico Ludvig Muller:
Se morirò lontano, ricordi a Eduard di stampare le mie memorie.
Come tutti coloro che sono artefici del proprio destino, sta già lavorano al successo e all’immagine che desidera lasciare di sé.
Non morirà. Anzi l’Italia gli regala l’ispirazione per un romanzo: L’Improvvisatore (Elliot, 2013) che lo consacra come scrittore e viene riconosciuto come la prima opera matura dell’uomo che regalerà al mondo fiabe indimenticabili, come La piccola fiammiferaia, Il brutto anatroccolo, La sirenetta.
L’Italia di Hans Christian Andersen
Il primo contatto con l’Italia è il Sempione e la grandiosità della natura.
I ghiacciai, color verde bottiglia, scintillavano proprio sopra di noi, il freddo continuava ad aumentare, i pastori arrivavano, avvolti in pelli di mucca, e nella locanda c’era un gran fuoco nella stufa.
E ancora:
Fuori era pieno inverno, ma poche ore dopo la diligenza arrivava sotto i castagni, le cui lunghe foglie verdi scintillavano sotto il sole caldo; la piazza e le vie di Domodossola offrivano un’immagine dell’Italia con la sua vita per le strade; il Lago Maggiore risplendeva in mezzo ai monti azzurro scuro; sull’acqua si posavano come mazzi di fiori splendide isole… i tralci d’uva pendevano come ghirlande lungo la strada, come per una festa; non ho mai vito l’Italia più bella di così.
Il narratore di favole emerge a Milano:
il Duomo fu il primo capolavoro che l’Italia mi mostrò. Vidi quella montagna di marmo, che l’arte ha scavato e plasmato in archi, guglie e statue, ergersi al chiaro di luna; dalla sua cima vidi la catena delle Alpi con i suoi ghiacciai e tutta la fertile e verde terra di Lombardia.
Hans Christian Andersen in Italia: da Genova a Roma
Di Genova restano l’amore per il mare azzurro scuro, il teatro dove assiste alla rappresentazione di L’elisir d’amore di Donizetti e una visita inconsueta per un turista: l’Arsenale, le prigioni che ospitano seicento galeotti.
Poi riparte.
Il viaggio da Genova verso sud, il primo giorno, lungo il mare, è uno dei viaggi più belli che si possano fare. Nei giardini crescevano aranci e melograni, lucenti limoni verde erba erano un segnale di primavera.
In rapida sequenza scorrono Sestri Levante, La Spezia dove:
Splendide montagne azzurre circondavano la valle più fertile e meravigliosa.
E Carrara con le sue cave:
Mi sembrava una montagna incantata, in cui gli dei e le dee dell’antichità stavano imprigionati in blocchi di pietra e attendevano un mago potente, un Thorvaldsen o un Canova, che potesse liberarli e restituirli al mondo.
E se le tappe a Pisa, Perugia e Firenze risvegliano il suo spirito per l’arte, non mancano però gli inconvenienti: le eterne ruberie nelle locande, le continue richieste di passaporto – in pochi giorni furono esaminati e scritti una decina di volte –, l’inesperienza del vetturino che non conosce la strada. In mezzo è tutto un problema di cibo immangiabile, scarsa igiene dei viaggiatori, pioggia, strade cattive.
E, a Levane, gli insetti:
Avevamo lasciato tutte le finestre aperte per avere aria fresca e la notte fummo così tormentati su viso e mani da mosche e zanzare, che eravamo gonfi e sanguinanti; su una sola mano avevo cinquantasette punture: mi davano dolore e febbre.
Così l’arrivo a Roma è salutato con sollievo e con un’esclamazione che non è certo quella di un poeta o aspirante tale:
Dio sia lodato! Tra poco si mangia!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il primo viaggio in Italia di Hans Christian Andersen: viaggiare in una fiaba
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