L’invenzione della felicità è il titolo di una mostra itinerante che farà tappa nella città di Alba, in Piemonte, ma rappresenta anche la sintesi perfetta della filosofia di vita e lavoro di Jacques Henri Lartigue (Courbevoie, 13 giugno 1894 – Nizza, 12 settembre 1986). La capitale della Langa dedica al celebre fotografo una retrospettiva dal sapore internazionale, in programma alla Fondazione Ferrero dal 17 febbraio al 30 marzo 2023.
Ci sono le immagini, naturalmente, ma anche il libro che ne sancisce la celebrità: Diario del secolo, pubblicato nel 1970 con il titolo originale Instants de ma vie. Lo stesso che gli vale il titolo di autore di una recherche illustrata e l’inevitabile accostamento a Marcel Proust: ad accomunarli c’è l’ossessione per il tempo che passa e una produzione sterminata, a tratti quasi maniacale, che per Lartigue passa però attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica.
Lartigue e Proust alla ricerca del tempo
Lartigue deve alla rivista Life il parallelismo con Proust che definisce la sua produzione artistica. Ma fu il collega Richard Avedon – suo primo sostenitore - a scrivergli in una lettera, a proposito delle sue fotografie:
Non le dimenticherò mai. Vederle è stato per me come leggere Proust per la prima volta.
L’accostamento è curioso. In realtà Lartigue e Proust frequentano gli stessi ambienti, negli stessi anni, ma non si incontrano mai. Di più: sono due personalità estremamente differenti nel modo di intendere la vita e l’arte. Il fotografo guarda al presente, lo scrittore al passato e al tempo perduto.
Lui era un uomo notturno, io solare
dirà poi Lartigue, interpellato sull’argomento, spiegando:
la fotografia è lo strumento meraviglioso per tentare una grande sfida al tempo e alla morte, acchiappare con la trappola dell’occhio tutto quello che si può della vita e della gioia, cercare di farlo durare il più possibile.
L’invenzione della felicità in mostra
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La mostra a lui dedicata si intitola L’invenzione della felicità (The Invention of Happiness) ed è reduce dal successo veneziano alla Casa dei Tre Oci e dalle tappe di una tournée che l’ha condotta in sedi espositive di prestigio, tra cui il museo Diocesano di Milano e il WeGil di Roma. Si tratta della più grande retrospettiva mai dedicata in Italia all’opera del fotografo francese.
120 opere, tra immagini domestiche e scatti iconici, che coprono un arco temporale estesissimo, dagli esordi al 1963, l’anno della consacrazione internazionale. Lartigue è unico anche in questo: raggiunge la notorietà a 70 anni con la mostra al MOMA di New York curata da John Szarkowski e il reportage sul vendutissimo numero di Life, che riporta anche la notizia dell’assassinio di Kennedy. Arrivano la moda, i set dei film, e l’Eliseo. Un successo raggiunto tardi, tardissimo per chiunque. Non per lui che con il tempo ha da sempre un rapporto personalissimo e che attribuisce la notorietà al caso, dal momento che ha mostrato le sue fotografie sempre e solo ad amici e familiari:
Del resto è per loro e per me che le facevo, per gioco.
Di famiglia benestante, il padre è un uomo d’affari, riceve in dono una macchina fotografica a 7 anni. Guardando attraverso l’obiettivo scopre il suo destino. Scatta senza sosta realizzando un corpus di 200 mila fotografie, tutte corredate da precise note autografe, in un immenso album familiare.
Tra le sue pagine ci sono una moltitudine di parenti, animali domestici, donne bellissime a passeggio al Bois de Boulogne, amici, la buona borghesia, automobili, aeroplani: soggetti di una ricerca costante e continua della felicità, nel tentativo di fissarne la perfezione per sempre. La filosofia cui Lartigue dedicherà l’intera esistenza.
Il rapporto di Lartigue con il Piemonte
Il Piemonte è per le fotografie di Lartigue un ritorno a casa. Il fotografo aveva con le Langhe, terra d’origine della terza moglie e musa Florette Ormea, un legame profondo. Con lei trascorre diverse estati a Piozzo, borgo della valle del fiume Tanaro, a una manciata di chilometri da Alba. Qui scrive, dipinge i suoi amati quadri. E fotografa. A quegli scatti la mostra albese dedica una sezione speciale, su concessione esclusiva della Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi. L’obiettivo è raccontare per la prima volta il rapporto tra il fotografo francese e il Piemonte e rileggere la pagina più intima e familiare del suo lavoro. Un inno alla felicità durato per più di 80 anni. Non ci sono foto di guerra, né dolore negli album di Lartigue. Il secolo Breve attraversato da orrori, conflitti e disperazione fu per lui un lungo susseguirsi di anni felici.
La mostra: informazioni e orari
La mostra conta su un curatore d’eccezione: Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci a Venezia, del Festival di fotografia di Capri, del Festival di Fotografia di Montefano. Già direttore artistico della Biennale Internazionale di Fotografia di Torino tra gli anni 90 e 2000 e curatore di numerose mostre internazionali, è inoltre autore dei libri Collezionare fotografia (edizioni Contrasto 2010 e 2013), Capire la fotografia contemporanea. Guida pratica all’arte del futuro (Marsilio editori, 2020).
La mostra L’invenzione della felicità sarà ospitata nei locali della Fondazione Ferrero, in Strada di mezzo, ad Alba e sarà visitabile ad ingresso gratuito secondo il seguente orario: giovedì e venerdì dalle 15 alle 19, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Jacques Henri Lartigue: in mostra in Piemonte gli scatti del fotografo accostato a Proust
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