Catherine Lusurier, ritratto di Jean Baptiste Le Rond d’Alembert (1777)
Il 29 ottobre 1783 moriva Jean Baptiste Le Rond d’Alembert, filosofo, matematico, fisico e astronomo tra i più noti del periodo dell’Illuminismo. Considerato padre nobile dell’Enciclopedia insieme a Denis Diderot, Jean Baptiste d’Alembert è uno degli illuministi che contribuirono, con le loro idee, a cambiare il corso della cultura e della storia francese ed europea.
Nelle opere di d’Alambert, meno celebri e studiate rispetto a quelle di Voltaire, Montesquieu e Rousseau, emerge uno spiccato interesse per le scienze naturali e una peculiare teoria della conoscenza che mescola elementi empiristi e materialisti.
Anche la filosofia assume un ruolo speciale nel pensiero del filosofo: d’Alambert la definirà scienza dei fatti anticipando motivi che, meno di un secolo dopo, il Positivismo di Auguste Comte non potrà fare a meno di riprendere e sviluppare.
In occasione dell’anniversario della sua morte, ripercorriamo vita, opere e ruolo nella realizzazione dell’Enciclopedia di Jean Baptiste Le Rond d’Alembert.
La vita e le opere di Jean Baptiste Le Rond d’Alembert
Nato dalla relazione tra una donna aristocratica e un ufficiale, il nostro venne abbandonato sul sagrato della chiesa di Saint Jean le Ronde, a Parigi, quando le ruote degli esposti non avevano ancora iniziato a girare; da qui il nome di Jean Baptiste Le Rond d’Alambert (1717-1783). Grazie a una pensione assegnatagli dal padre poté dedicarsi agli studi, prima di diritto e di medicina, poi di matematica.
Tra le prime opere degne di nota va sicuramente ricordato il Trattato di dinamica (1743), altri scritti minori a tematica scientifica li dedicò al movimento dei fluidi, alle corde vibranti e agli spostamenti dell’asse terrestre, con alcuni di essi fu ammesso all’Accademia delle scienze e all’Accademia di Berlino.
Tra il 1746 e il 1758 diresse insieme a Denis Diderot i lavori per l’Enciclopedia, coordinando un vasto gruppo di redattori impegnati a illustrare le voci più disparate non solo delle scienze ma anche delle arti e dei mestieri. In questa occasione redasse quel fortunato Discorso preliminare che restituisce il significato complessivo dell’impresa.
Nonostante i molteplici tentativi che Diderot e Voltaire fecero per fargli cambiare idea, D’Alambert abbandonò l’incarico quando il progetto non era ancora concluso, soprattutto in seguito a un regio decreto emanato per adottare misure di controllo più severe sulla stampa e a una campagna diffamatoria che gli ambienti parigini più conservatori misero in atto, gettando discredito e accuse sul filosofo e sull’opera.
Dopo la pubblicazione degli Elementi di filosofia (1759) si dedicò a opere di varia natura: scrisse di poesia e di storia della chiesa, per poi tornare alla riflessione teoretica con gli Schiarimenti (1767) agli Elementi di filosofia che gli erano stati richiesti da Federico II di Prussia.
Il Discorso preliminare all’Enciclopedia di Jean Baptiste d’Alambert
Oltre a molte voci dedicate alle scienze esatte, di cui era specialista, d’Alambert firma il Discorso preliminare all’ Enciclopedia, una brillante prefazione dove presenta il piano complessivo, esplicita i presupposti teorici e dichiara l’intento dell’opera.
Dall’empirismo di John Locke d’Alambert e gli illuministi tutti desumono la convinzione che tutte le nostre conoscenze prendano le mosse dai sensi: sono le sensazioni a testimoniarci l’esistenza degli oggetti del mondo esterno e tale esistenza non è la risultante di un ragionamento ma una certezza che deriva da un istinto più forte della stessa ragione.
Francesco Bacone è, invece, un altro riferimento teorico importante perché fu il primo a tentare, senza riuscirvi, un progetto enciclopedico in cui dare conto dell’intero scibile umano. Da Bacone gli enciclopedisti riprendono la convinzione che la mente umana sia dotata di tre facoltà principali:
- la memoria,
- la ragione,
- l’immaginazione.
Da ciascuna di tali facoltà derivano i principali rami dell’intera scienza:
- dalla prima la storia,
- dalla seconda la filosofia,
- dall’ultima le belle arti.
Le conoscenze umane derivano unicamente dai sensi:
“tutte le nostre conoscenze possono essere divise in dirette e riflesse. Dirette sono quelle che riceviamo immediatamente, senza alcun intervento della nostra volontà […]. Conoscenze riflesse sono quelle che lo spirito acquisisce operando sulle dirette, unendole e combinandole. Tutte le conoscenze dirette si riducono a quelle che riceviamo dai sensi dal che si deduce che dobbiamo alle sensazioni tutte le nostre idee”
La scienza, sia essa fisica, medicina o chimica, deve attenersi solo alla considerazione dei fatti e delle loro conseguenze, trascurando le opinioni.
Un posto speciale, poi, è occupato dall’ontologia, o metafisica generale, che d’Alambert definisce scienza dell’essere e alla quale assegna il compito di indagare quelle proprietà generali che sono comuni agli esseri materiali e spirituali, come l’esistenza, la possibilità e la durata. Alla metafisica generale il filosofo assegna anche il compito di verificare la validità dei principi su cui si fonda ogni altra scienza.
La filosofia come scienza dei fatti
Quanto detto a proposito della metafisica generale si comprende meglio se si guarda alla teoria della conoscenza di d’Alambert, di stampo prettamente empirista e sensista. Le sensazioni, come già detto sopra, sono considerate dati certi e inoppugnabili, e da esse derivano quelle idee che possono essere considerate il principio di ogni forma di conoscenza. I principi di ogni scienza, quindi, si ritrovano nei fatti semplici e noti, che vengono attestati dalle sensazioni: si tratta di fatti che non ne presuppongono altri e che, pertanto, non si possono né spiegare né contestare. D’Alambert porta anche degli esempi di questi fatti semplici e noti: sono i fenomeni della fisica, l’estensione e le sue proprietà in geometria, l’impenetrabilità dei corpi in meccanica.
La filosofia deve, quindi, essere scienza dei fatti e perdere ogni interesse ai grandi sistemi propri di Aristotele o della Scolastica. La metafisica tradizionale risulta, per questo, un’impresa vana, caratterizzata da questioni insolubili: è inutile perdersi dietro a nozioni astratte, distinzioni bizantine e tassonomie di enti soprasensibili. Anche Dio e la sua natura non possono essere oggetto dell’indagine razionale e scientifica ma solo della religione.
Deista come Diderot d’Alambert ammette un dio orologiaio che ha posto un ordine nell’universo, un ordine che si concretizza nelle leggi di natura che ne rivelano l’esistenza. Questo dio non si cura in alcun modo del genere umano e la morale, perciò, non ha nulla a che spartire con la religione.
C’è nella aria, quindi, nel Settecento, uno spirito filosofico nuovo, più incline alla sperimentazione, alla critica e all’analisi, uno spirito che può apparire più arido, perché più scientifico, ma che ha avuto il grande merito di liberare molti campi del sapere, comprese la letteratura e le arti, dalla cieca ammirazione per gli antichi. Questo nuovo spirito filosofico riposa sulle acquisizioni di Bacone, Locke e Newton, senza dimenticare alcuni fondamentali contributi di Cartesio e Leibniz: è lo spirito che anima ogni pagina dell’Enciclopedia e che d’Alambert ha contribuito ad esaltare con il suo pensiero.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi è Jean Baptiste d’Alambert, l’autore del Discorso preliminare dell’Enciclopedia di Diderot
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