Joan Didion e John Gregory Dunne, due nomi impossibili da immaginare divisi. Li chiamavano i DidionDunnes per identificare una coppia di scrittori simbiotica, un amore durato oltre quarant’anni. Vissero insieme, viaggiarono insieme e, soprattutto, scrissero insieme, leggendosi a vicenda e correggendosi a vicenda: chi è, dopotutto, uno scrittore senza un buon correttore di bozze e senza un editor? Joan e John furono correttori ed editor l’uno dell’altra, sancendo così una forma d’amore assoluta che ha trovato nella letteratura la sua più alta forma di espressione. Quando John Gregory Dunne morì improvvisamente, colpito da un infarto, la sera del 30 dicembre 2003, Joan Didion decise di stare di nuovo accanto al marito scomparso nell’unico modo che non conosceva, ovvero scrivendo. Nacque così il suo libro capolavoro L’anno del pensiero magico, dedicato proprio a John.
Scopriamo una delle storie d’amore più letterarie dell’ultimo secolo.
Joan Didion e John Gregory Dunne: storia di un amore
Joan Didion e John Gregory Dunne, la loro è un’eredità letteraria intrecciata. Si conobbero per la prima volta a New York, correva l’anno 1950. All’epoca Didion lavorava come redattrice a Vogue, mentre Dunne era un redattore del Time. John era approdato al Time da qualche anno dopo aver lavorato in un’agenzia pubblicitaria dalla quale era stato licenziato; Joan invece era invece giunta dalla soleggiata California per lavorare alla rivista Mademoiselle a soli vent’anni, grazie a una borsa di studio (la stessa conferita a Sylvia Plath), e poi sarebbe approdata a Vogue.
Si sposarono nel 1964 a San Benito, in California, come racconta la stessa Joan Didion ne L’anno del pensiero magico:
Ci siamo sposati nel pomeriggio del 30 gennaio del 1964, un giovedì, nella Missione Cattolica di San Juan Bautista nella contea di San Benito, in California. Un pomeriggio di gennaio in cui i fiori cominciavano a sbocciare nei frutteti lungo la 101.
Quel matrimonio fu solo l’inizio di un lungo sodalizio sentimentale e professionale: insieme furono giornalisti, scrittori e anche sceneggiatori. Oggi la coppia “DidionDunnes” è ricordata per essere stata la pioniera del cosiddetto New Journalism, lo stile anticonvenzionale di giornalismo che si sviluppò in America tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta del Novecento. Era un modello di giornalismo che utilizzava tecniche letterarie e che si proponeva il compito di raccontare il mondo attraverso una prospettiva soggettiva. Uno dei più eccellenti esempi di New Journalism è la raccolta di articoli di Didion, Verso Betlemme, che conteneva testi editi tra il 1961 e il 1968.
Joan e John attraversavano l’America in lungo e in largo e, soprattutto, scrivevano di tutto: di ciò che vedevano, di ciò che facevano, di quello che conoscevano e persino di quello che non conoscevano, perché scrivere era l’unico modo per arrivare in fondo alla verità delle cose. Insieme si trasferirono a Los Angeles e poi a Malibù, nella grande casa affacciata sull’oceano che fece da sfondo alla loro scrittura e alla loro vita in comune, cui nel 1966 si aggiunse anche la piccola Quintana Roo (il cui nome deriva da uno Stato messicano, Ndr), la “bella bambina bionda” che avevano adottato.
Ne L’anno del pensiero magico Didion ricorda la chiamata del dottore, come la nascita di Quintana, la bambina tanto desiderata arrivata a lei con una telefonata:
Abbiamo qui una bella bambina…
C’è qualcosa di patinato e di perfetto nell’esistenza dei “DidionDunnes” negli anni Settanta-Ottanta: avevano tutto ciò che si potesse desiderare, successo, denaro, amore, e un lavoro che era anche la loro ragione di vita. Insieme avrebbero pubblicato trenta libri di narrativa, saggistica e raccolte di saggi; scritto sceneggiature di film celebri, come Panico a Needle Park (1971) ed È nata una stella (1976), meglio nota come A Star is Born.
Le loro giornate iniziavano in tarda mattinata, si dedicavano alla scrittura sino a metà pomeriggio, dopodiché si rilassavano bevendo un drink o facendo una nuotata in piscina. La sera, spesso, sedevano sul divano guardando insieme una serie tv (la loro preferita era Tenko della BBC), oppure erano invitati a qualche party, cui si recavano immancabilmente insieme. Quando ritornavano, un po’ brilli e su di giri, Joan si metteva a rileggere ciò che aveva scritto al mattino e scriveva fino a tarda notte. In quegli anni di idillio lei portò a termine Play It As It Lays, da cui fu tratto un film di successo; mentre lui concluse True Confessions, il suo romanzo più celebre, da cui fu tratto un film con protagonista Robert De Niro.
Una vita perfetta non può durare per sempre?
La morte di John e l’anno del pensiero magico
Link affiliato
Dopo gli anni di Malibù, la coppia decise di fare ritorno a New York, la città che da sempre, con la sua frenesia, scorreva nelle vene di entrambi. Acquistarono un soleggiato appartamento nell’Upper East Side, dotato di una grande sala biblioteca e di due stanze di lavoro separate (workrooms), in modo che ciascuno avesse il proprio ufficio personale. I “DidionDunnes” raccontavano che, mentre lavoravano a una sceneggiatura, erano soliti farlo in stanze separate: preparavano le loro bozze, dopodiché si incontravano, seduti l’uno di fronte all’altra, e leggevano ad alta voce quanto avevano scritto.
La simbiosi letteraria sarebbe potuta durare per sempre; ma venne interrotta prima dalla malattia di Quintana, che si sarebbe rivelata mortale, e poi dalla morte improvvisa di John. Joan Didion, l’icona letteraria d’America, si sarebbe ritrovata all’improvviso sola nel grande appartamento dell’Upper East Side. La casa aveva mobili ancora lucidi ed era piena di ricordi: le foto dal set dei film realizzati insieme, alla parete una grande mappa di Los Angeles utilizzata per True Confession, le foto di Joan giovane con l’immancabile sigaretta in mano e lo sguardo serio, profondo, che sembra leggerti dentro; le foto di Quintana con Robert Redford sul set di Up Close and Personal.
Cosa rimane di una vita perfetta? Dopo la morte di John, avvenuta nel dicembre del 2003 mentre la figlia Quintana era ricoverata in ospedale. Joan Didion decise di affrontare il dolore nell’unico modo che conosceva: scrivendo. Nacque così, come una gemma nel mezzo del deserto, il suo libro più celebre: L’anno del pensiero magico, il tentativo letterario di custodire l’ultimo legame con il marito. Il titolo rimanda a un rito praticato dalle tribù primitive per negare l’irreversibilità della morte: lo stesso compito da Didion attraverso la scrittura che cerca di trovare un senso alla materia ingovernabile del dolore.
Finché scrivevo John, in qualche modo, era ancora in vita. Sentivo che potevo parlargli.
Ecco che un libro sul dolore e sul lutto sembra, paradossalmente, consacrare una grande storia d’amore. L’anno del pensiero magico non era un romanzo destinato a un pubblico, ma era un libro-diario scritto per John, per parlare ancora con John. In questa sua origine intima, quasi mistica, risiede la sua bellezza. In quelle pagine nitide, folgoranti, Joan Didion inizia narrando della morte del marito senza accorgersi che, così facendo, torna indietro sino al loro primo incontro, in un continuo movimento oscillatorio tra il passato dell’amore e il presente del dolore. Scrivendo di John, lo fa rivivere.
Farlo tornare indietro; questo era stato, in quei mesi, il mio scopo segreto, un trucco magico.
Joan compie gesti irrazionali, come conservare le scarpe del marito in attesa del suo ritorno. La morte non sempre può essere capita né tantomeno esorcizzata. Al lutto per la morte di John si aggiunse il lutto per la morte della figlia, Quintana, scomparsa alcuni mesi dopo, al termine di un lungo coma causato da una polmonite sfociata in shock settico. A lei Joan Didion avrebbe dedicato il libro Blue Nights, in cui si interrogava sul suo essere madre e anche sul senso di colpa per non essere stata la madre che avrebbe voluto essere. Ma l’atto d’amore per eccellenza, il libro dei libri, era dedicato a John e trasformava la scrittura in sortilegio, nel tentativo dell’assenza di farsi presenza.
Ora sembra che John Gregory Dunne viva solo attraverso le pagine de L’anno del pensiero magico; la sua presenza è colta nella scrittura, intrappolata nella scrittura di Joan Didion che voleva scrivere un libro per elaborare un dolore privato, invece ci ha consegnato una grande storia d’amore. Un romanzo struggente, pur nella sua narrazione piana, lineare, senza patetismi, che ci dimostra che l’amore resiste, può continuare a esistere persino oltre la morte.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Joan Didion e John Gregory Dunne: l’amore del pensiero magico
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Storia della letteratura Joan Didion
Lascia il tuo commento