L’Odio. Come il nazismo ha degradato l’intelligenza
- Autore: Heinrich Mann
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Casa editrice: L’orma editore
- Anno di pubblicazione: 2024
Con la salita al potere di Hitler, Heinrich Mann, fratello maggiore di Thomas Mann, venne espulso dall’Accademia delle Arti di Berlino. Aveva sessantadue anni e si vide costretto a fuggire e lasciare per sempre la Germania senza portare nessun bagaglio con sé. Il suo nome era in cima a una lista di intellettuali dissidenti tedeschi e, in seguito, il suo appartamento venne distrutto insieme ai suoi libri. Non sarebbe mai più tornato in Germania prima della sua morte.
Scrittore, saggista, socialista e strenuo oppositore del nazismo, Heinrich Mann scrisse L’Odio nel 1933, dedicandolo alla sua patria, ed è stato pubblicato per la prima volta in Italia nel 2024 dalla casa editrice L’Orma con la pregevole traduzione di Eusebio Trabucchi e il sottotitolo Come il nazismo ha degradato l’intelligenza. La lettura di questo sorprendente e interessantissimo saggio ha richiesto pause di lettura per il suo tempo verbale al presente sapendo che era il passato, per l’attualità del pensiero, per il ruolo degli intellettuali e la mancanza delle loro voci, per le condizioni economiche e sociali così simili al nostro periodo storico e per tutta la polveriera che è intorno a noi. Non c’è riflessione o pensiero che non vada sottolineato, riletto o riportato.
Nell’introduzione al saggio viene descritta la fine di un’epoca, la grandezza della Germania che narrava Goethe, l’armonia classica tra realtà e pensiero sempre più difficile da ottenere e di come un popolo aveva ceduto alla dittatura. Di fronte a una realtà immutata, scrive Mann, anche il pensiero è rimasto uguale a sé stesso, nel 1890 come nel 1930: la ragione è che la forza e l’onestà del pensiero hanno toccato il loro punto più basso e presto lo oltrepasseranno. Solo così il nazionalismo era arrivato alle estreme conseguenze e oltre.
Dopo il 1918, ai tedeschi bastò che la nazione fosse, nonostante tutto, rimasta in piedi. L’accordo con la Francia non era sostenuto e alimentò l’odio verso i francesi. Il movimento popolare divenne, così, strumento dei nazionalsocialisti nel rappresentare il popolo stesso.
“Il popolo era sulla buona strada, è stato frenato dalle difficoltà economiche, che lo hanno reso permeabile agli esagitati fanatici di un Terzo Reich proprio quando la Repubblica aveva già in mano la promessa concreta di uno Stato sempre più popolare."
La libertà e la dignità erano state messe all’angolo. Per l’intellettuale Mann era prevedibile una nuova alba dell’irrazionale, che avrebbe condotto alla distruzione, all’odio, alla totale assenza della cultura e invocato una nuova guerra.
In Germania si stava riesumando il militarismo.
All’inizio, la propaganda del nazionalismo puntava a migliorare la vita, al pari degli altri ideali, ma nella sua evoluzione divenne, poi, l’orrore.
Serviva ai governanti per aizzare i popoli gli uni contro gli altri.
Un’ideologia folle che sbarrava la strada alla realtà senza un solido principio.
La Germania era ormai composta da decaduti e impoveriti.
Il ceto borghese, medio e piccolo, era stato proletarizzato e per il lungo periodo della disoccupazione gli operai avevano perso coscienza sociale. La rivoluzione urlata dal grande uomo, così Mann definisce Hitler con uno sberleffo, aveva come ragion d’essere l’odio, un mezzo verso i propri concittadini, verso i più umili, e verso la marmaglia di professori e intellettuali che, dopo aver visto bruciare i propri libri (non si vedeva dai tempi dell’Inquisizione), furono costretti ad abbandonare il Paese.
Stava accadendo qualcosa di terribile; con una massa tanto impoverita, soprattutto intellettualmente, si era destinati al successo.
Dopo la sconfitta della Grande Guerra, con la crisi economica e la disoccupazione, la Germania era in preda alla confusione. Avevano sottomesso tutti, i partiti, le coscienze, si erano dotati di potere che nessun Bismarck aveva mai avuto, e le masse sfilavano in camicia bruna con il braccio teso.
“Si fingono una grande potenza militare e così prendono in giro il popolo che è ben felice di barattare il buon vecchio asservimento in cambio di nuova gloria.”
Il grande uomo austriaco dipingeva quadri, scrive Mann, non amava molto lavorare, era un disoccupato nato, e la sua personalità dava slancio all’odio. Merito delle capacità oratorie, un vero dono, in pieno delirio paranoico, fu prima adorato da poche migliaia di persone e poi da enormi folle. Il Terzo Reich senza di lui era inimmaginabile. Era convinto che le idee, in se stesse, non avessero nessun valore, come affermò nelle sue memorie. Inaugurò il periodo delle espropriazioni forzate, proclamandosi amico dei lavoratori dopo averli derubati e schiavizzati: fece mettere sotto sequestro i depositi bancari, espropriando le case, con saccheggi privati e pubblici e mandando a rogo le biblioteche. Vantandosi di aver sconfitto il marxismo, agitava la minaccia di un nuovo conflitto: il mezzo migliore per sottrarsi alle critiche. Venne inaugurata la deeducazione di un’intera nazione, il culto della razza ariana, fautrice di tutte le più grandi conquiste intellettuali, che aveva costretto all’esilio i migliori studiosi ebrei tedeschi.
Goring, più vicino alle bestie che agli essere umani, era stato allievo di un docente universitario ebreo. Fallì con gli studi ed entrò nel movimento nazionalsocialista, dimenticando il suo maestro israelita e lo spirito ebraico. In realtà, come sosteneva Goethe, sia gli ebrei che i tedeschi si ritenevano il popolo eletto. Mann li qualificherà come una minoranza che era salita al potere e che non incarnava l’anima tedesca. E poi la vergogna della caccia agli ebrei, incarcerazioni, torture, omicidi, persecuzioni; una cricca di individui riunita per abusare di libertà pubbliche, una cricca di individui avidi e malvagi, riunita per distruggere una democrazia in fase di sviluppo.
Con il loro malsano caos questi trionfatori si comportano proprio alla stregua di falliti.
Lo Stato razziale altro non era che la selezione dei peggiori, i quali affermavano con arroganza la salvezza della Germania dal comunismo: la verità era che il comunismo non aveva messo a repentaglio la Repubblica tedesca. La minaccia veniva da Hitler con i pogrom, i campi di concentramento e tutti gli altri orrori.
“La verità è che la civiltà non ha peggior nemico di questi assassini inveterati, questi fanatici della razza, beccamorti dell’ordine borghese.”
Quel che avvenne dopo è nella Storia di tutti noi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’Odio. Come il nazismo ha degradato l’intelligenza
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