L’abito da sposo di Pierre Lemaitre

Pierre Lemaitre, autore di dieci romanzi, torna in libreria con L’abito da sposo (Fazi, 2020, trad. G. Cuva), un libro che nel 2009 ha vinto il premio Meilleur Polar Francophone. Un romanzo nero, dalle tinte fosche e difficili da interpretare. Si cammina con affanno accanto alle vicende descritte, con afflato sempre maggiore, fino al dispiegamento finale, inaspettato e imprevedibile.

Si incomincia raccontando la storia di Sophie, giovane ragazza che per vivere fa la babysitter presso un’altolocata famiglia parigina. Ma una mattina si sveglia con sgomento: accanto a sé trova il corpicino nudo di Leo, orribilmente strangolato. È sola, patisce di uno sdoppiamento della personalità, non sa cosa sia veramente successo. Fugge via spaventata, ma dopo poco compie un altro crimine nei confronti di una donna conosciuta casualmente in metropolitana. Si appropria della sua identità e dei suoi beni e fugge via. Fugge, fugge, in una corsa contro il tempo e contro non si sa chi. Inizia in questo modo una fuga lontana, appunto, verso un nulla inspiegabile, privo di riferimenti e di certezze, ma ricco di violenza.

L’abito da sposo è un libro ad alto tasso adrenalinico, ricco di pathos e di violenze. L’autore è molto abile nel seminare indizi inconcludenti, che non portano a nulla, ma fanno crescere la tensione nel lettore. È una caduta negli abissi del male e della follia che trascina il lettore, avvolgendolo nella morsa della suspense, per poi riemergere con una verità tanto inaspettata quanto curiosa. Un romanzo che si distingue per lo stile raffinato della narrazione e per una trama nera abilmente elaborata, perfetta per gli amanti del genere.