L’angelo di Monaco
- Autore: Fabiano Massimi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2020
È un giallo storico quello con cui esordisce nel mondo narrativo un bibliotecario modenese laureato in filosofia, con studi a Bologna e Manchester. Fabiano Massimi ha lavorato dieci anni al suo romanzo, al commissario Sauer basta invece una settimana per scoprire la verità nel caso Raubal, alla fine del romanzo L’Angelo di Monaco, pubblicato a gennaio 2020 per i tipi Longanesi (485 pagine).
Caso? Qualcosa che deve passare come suicidio. Raubal? Angela Maria, detta Geli, nipote tanto cara a un politico in ascesa nella Germania del 1931, un piccoletto di origini austriache con dei ridicoli baffetti sotto il naso: Adolf Hitler.
A Monaco, metà settembre è tempo di Oktoberfest. Da un tavolino nella birreria bavarese più popolare, l’Obersalzberg, il commissario criminale Siegfried Sauer osserva la consueta confusione del mercato del sabato, con le chiacchiere che nessun evento ha mai cancellato, tanto più dopo la guerra conclusa a novembre del 1918. Contro le consuetudini locali, nulla possono eventi come la caduta dell’Impero, l’esilio del kaiser, la Repubblica di Weimar in bancarotta o la crisi economica di Wall Street.
La corsa di tre miliziani in divisa bruna interrompe le sue considerazioni. Inseguono un uomo in fuga, gridano rabbiosi “è un ladro” alla folla, che si è aperta e richiusa proteggendo quel tipo, troppo ben vestito per non essere l’ennesima vittima per bene dei picchiatori nazisti.
Sauer ha gli occhi di ghiaccio, è biondo, alto, astemio, scapolo, tutto il contrario del commissario aggiunto Helmut “Mutti” Forster, basso, scuro, occhi castani, coniugato, padre, sempre affamato e gran bevitore. È a loro che il capo della Sezione crimini violenti affibbia l’indagine che quel sabato mattina fa deragliare la vita di Siegfried, il momento in cui il suo destino comincerà a compiersi, che lo voglia o no.
“Una donna, di razza germanica, sui vent’anni”. Razza, un’insolita distinzione che si sta facendo strada nella Germania repubblicana anni ’30. Il decesso è avvenuto nell’appartamento in cui la giovane viveva con un familiare, assente al momento, ma in loco era presente una numerosa servitù.
Famiglia benestante, uomo che sta facendo una rapida scalata sociale, ragazza morta in circostanze “non naturali”: il riserbo del direttore Tenner fa intendere che hanno pochissimo tempo per chiudere l’inchiesta. E che non si parli di morte violenta, in alto esigono indagini rapide discreto e obiettive. Se possibile, anche conclusive, ma non è indispensabile: al minimo dubbio, carte in archivio.
Una morte delicata, in un luogo delicato, in un momento delicato. Quanto serve per un’intensa procedura investigativa e per un intenso romanzo giallo, che da questo momento in poi si affolla di personaggi storici autentici: Hitler, Himmler, Goebbels, Goering, Heydrich, il Gotha del partito nazista e tanti dei protagonisti politici attivi nelle formazioni paramilitari di quell’epoca in Germania, compresi quelli che di lì a tre anni faranno una brutta fine nella Notte dei lunghi coltelli, quando le SA, usate dal fuhrer per la scalata al potere, verranno liquidate dalle SS, il partito nero.
In Prinzregentenplatz ci sono le camicie brune. Chi scorta i due commissari nel palazzo si presenta come Hartmann, guardia del corpo di Herr Hitler. Il cadavere è riverso faccia a terra, accanto a un divano. Lo stato di coagulazione di una pozza di sangue, rappreso come ceralacca, depone per un evento avvenuto già nel corso della notte. Tutto intorno grande ordine. Nessuno ha toccato nulla. Assicurano che la stanza era chiusa dall’interno.
Ma quando il medico legale si fa aiutare a girare il corpo, le condizioni del viso non consentono di giudicare se da viva Geli fosse bella e quanto, scrive Massimi, offrendo il primo dei colpi di scena del romanzo, che scivola veloce e che tutto potrebbe dirsi tranne che un racconto piatto.
Quello che si può notare, invece, è che la ventiduenne alta e formosa si dedicasse ogni cura. Lo lasciano intendere il corpo allungato, le unghie perfette, le ciglia arricciate davanti agli occhi grigi, l’abito lungo indossato. Ma i lineamenti sono irriconoscibili, i capelli incrostati di sangue, la fronte segnata da ferite sanguinanti, labbra e zigomi gonfi, il naso rotto e il mento tanto lacerato da mostrare le ossa sottostanti. In carriera, il commissario ha visto conciata in maniera molto meno crudele gente pestata duramente nei vicoli.
A provocare il decesso è stata la pallottola di pistola penetrata in direzione del cuore. Sul vestito non sono visibili bruciature: lo sparo non è stato esploso a contatto e nemmeno a distanza troppo ravvicinata. La canna era rivolta dall’alto verso il basso e si trovava ad almeno mezzo metro dal corpo. Geli non è morta all’istante, perché ha lasciato cadere l’arma prima di contrarre le dita, poi è scivolata in avanti.
Perché tanta insistenza - oggettiva e non macabra - sui particolari del cadavere? Proprio perché tanti a Monaco vogliono archiviare il caso come suicidio, quando tutto grida il contrario, sebbene i sostenitori di una morte volontaria si facciano forti della stanza chiusa dall’interno e di una presunta gravidanza inconfessabile.
Qui sta il giallo: Geli era nipote convivente (anagraficamente, almeno per ora) di Adolf Hitler.
Gustiamolo come un bel poliziesco storico, con soluzione finale assicurata e ben spiegata e riflettiamo su quanto sostiene l’autore:
"qualcuno ha detto che scrivere un romanzo è raccontare una bugia, per far emergere la verità."
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