L’arpa d’erba
- Autore: Truman Capote
- Categoria: Narrativa Straniera
In un piccolo villaggio del Sud degli Stati Uniti vivono Verena e Dolly Talbo, due sorelle nubili sulla soglia della senescenza. Non potrebbero essere più diverse: la prima è arcigna e grifagna, solerte seguace del dio denaro; la seconda è una donna semplice ed immaginosa, legata agli immutabili cicli della natura. Assieme a loro, nella vecchia casa di famiglia al limitare del bosco, vive il nipote Collin, rimasto orfano e per questo affidato alle cure delle zie. Nell’abitazione regna un sottile equilibrio, destinato a spezzarsi quando i mondi delle due sorelle entrano irrimediabilmente in contrasto. La rottura dell’armonia segna i destini di tutti, determinando al contempo la perdita dell’innocenza per il giovane Collin.
Due gli ineludibili punti di riferimento culturali che vengono alla mente del lettore. Il primo è “Il barone rampante” di Calvino; come nell’opera dello scrittore italiano, infatti, anche ne “L’arpa d’erba” l’andare a vivere sopra un albero, in una casa volante sui rami di un sicomoro, costituisce un atto estremo di ribellione. In questo caso, però, la rivolta non è individuale, ma collettiva: tutti gli spiriti eletti del villaggio raggiungono gli abitanti della casa sull’albero, dando vita ad una vera e propria piccola comunità di diseredati. Tutti gli altri sono contro di loro, non potendo accettare che qualcuno voglia mettere in discussione e stravolgere le regole precostituite della società cosiddetta civile. Il romanzo, poi, ha diversi punti di contatto con la “Antologia di Spoon River”: l’arpa d’erba non è altro che il vento che soffia tra gli arbusti di saggina in un campo accanto al cimitero, portando con sé le storie dei vivi e dei morti. Come in “Spoon river” assistiamo ad un racconto corale: tutto il villaggio è protagonista del romanzo, e di tutti è possibile conoscere elette virtù e sordide meschinità.
È la nostalgia il sentimento che pervade ogni pagina del breve romanzo; io narrante è proprio Collin che, ormai adulto e disincantato, rievoca i giorni straordinari della sua infanzia. Del mondo che ricordava sono rimaste solo le cose: la casa al confine del bosco ormai cadente, il cimitero con le sue lapidi consumate dalla pioggia e dal sole, le poche suppellettili corrose dalla polvere e dalla ruggine. Nulla si salva all’incedere delle stagioni, a parte i sentimenti puri, in grado di albergare silenziosi nei meandri dell’animo. Ed ecco che il libro diventa anche una profonda riflessione sulla vanità delle ambizioni, sulla superficialità del pettegolezzo e dell’ansia del denaro e del successo. Tutto soccombe alla legge inflessibile del tempo, eccetto la pietà e l’amore.
“L’arpa d’erba” è il racconto sentito e commosso dell’America rurale, rievocazione nostalgica di tempi che non potranno più tornare e, al contempo, spietata analisi della miseria umana di ogni tempo e generazione. Scritto magistralmente con un sapiente uso di toni soffusi, resta una perla della letteratura del Novecento.
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