L’arte contemporanea spiegata a tuo marito di Mauro Covacich

“L’arte contemporanea si avviluppa in una contraddizione ogni giorno più inestricabile: da un canto sembra essere sulla bocca di tutti, dall’altro non parla quasi a nessuno.”

Queste le parole con cui Mauro Covacich introduce il suo libro, “L’arte contemporanea spiegata a tuo marito”: al giorno d’oggi, l’arte sta diventando un mondo sempre più difficile da comprendere, in parte perché i mezzi utilizzati si discostano dalla tradizione a cui siamo stati tutti abituati grazie ai manuali scolastici, in parte perché l’artista acquisisce quell’aura –per dirla con Walter Benjamin- che dovrebbe circonfondere l’opera, non il creatore in sé.

Lo scrittore triestino, laureato in filosofia, decide di credere ancora nell’arte e cerca di convincerci dell’importanza di alcune opere che, a prima vista, potrebbero suscitare diffidenza o perplessità. Le ragioni che hanno portato alla scelta del titolo del libro sono spiegate nell’introduzione dall’autore stesso:

“[…] devo ammettere che, in genere, le donne mostrano più curiosità verso le cose nuove e soffrono maggiormente l’ignoranza”.

Forse, aggiungo io, ha anche voluto riscattare l’immagine della donna al museo dal ricordo della visita alla Biennale del ‘78 nel film “Vacanze intelligenti”, con Alberto Sordi.

L’agile testo, che era uscito a puntate sul sito di “Vanity Fair” prima di diventare un libro vero e proprio, prende in esame trenta artisti contemporanei, che vengono presentati attraverso una tra le loro opere più caratteristiche: si comincia la lettura con l’orinatoio in porcellana di Duchamp, per poi passare a Cattelan, a De Dominicis con la sua Mozzarella in carrozza, a Warhol, Koons, Hirst con i suoi animali conservati in formaldeide, a Manzoni con la Merda d’artista e così via.

Covacich si rivolge all’ipotetica moglie che porta a spasso per musei il marito, dandole gli strumenti che le permettano di comprendere e far comprendere qualcosa che a prima vista appare senza significato: egli non forza la mano, non si pone su di un piedistallo, ma parla ad un’amica, con naturalezza e confidenza. Così l’autore fa un atto di fede nei confronti dell’arte contemporanea:

“Semplicemente, seguendola da vicino sin dai tempi dell’università mi sono fatto la convinzione che, nonostante sia sponsorizzata dai grandi marchi, soggetta alle più ciniche speculazioni del mercato, virata in un argomento cool, circonfusa di un’aura glam, spruzzata di quell’effervescenza fatua e accattivante che chiamiamo mondanità, l’arte abbia ancora, forse oggi più che mai, qualcosa da dire”.