L’autostrada
- Autore: Luc Lang
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Edizioni Clichy
- Anno di pubblicazione: 2022
È vero: L’autostrada di Luc Lang (Edizioni Clichy, 2022. Traduzione di Tommaso Gurrieri) costringe a tratti a trattenere il respiro. E ciò che più conta è che riesce a farlo trascendendo ogni stereotipo di genere. La tensione che si insinua sin dalle prime righe de L’autostrada è infatti sottilmente legata all’impalpabile e al perturbante.
Evocati, ma mai in maniera pedissequa, ci sono nel romanzo distese sterminate di barbabietole e una vecchia dimora in mezzo al nulla tipici del gotico e del gotico rurale. C’è una eccentrica coppia agée, che potrebbe rimandare alle coppie diaboliche dei romanzi sui vampiri. C’è un giovane squattrinato in cerca di fortuna che aspetta invano l’ultima coincidenza notturna in una sperduta stazioncina (variante dei film dove il malcapitato si perde di solito nella brughiera infestata dalla nebbia). Ci sono (soprattutto) eros e thanatos e fratture psicologiche tenebrose, che ci accostano maggiormente al disagio sottile che spira tra le pagine.
Luc Lang – autore francese dalla presa non convenzionale - licenzia così un thriller dell’anima, onirico e malato, più alla David Lynch che alla Stephen King come qualcuno invece ha scritto. Un thriller dove succede tutto e niente ed è proprio da questa ambivalenza, da questa (in)apparente staticità che discendono i brividi alla schiena del lettore. Come se le minuscole (ma via via sempre più incredibili) pieghe dell’insolito dovessero prendere il sopravvento sull’ordinario, e tutto ciò da un momento all’altro.
In L’autostrada tutto ha inizio fuori orario, nella stazione di un piccolo centro della Francia del nord. È qui che una sera capita Fred: è giovane, sbarca il lunario come raccoglitore stagionale di barbabietole, e sogna di diventare un giorno sassofonista. In attesa di un treno che non arriva mai, viene avvicinato da una coppia di mezz’età che gli offre da bere e ospitalità per la notte. Lei è una donna strabordante, nel corpo come negli appetiti, lui al contrario palesa un’aria alquanto dimessa, rassegnata. Fred accetta l’invito; finirà che malgrado ne abbia le intenzioni, non gli sarà facile andarsene dal palazzo - una fortezza Bastiani in rovina, con la dritta silhouette dell’autostrada all’orizzonte in vece del “confine” del romanzo buzzatiano -, dove i giorni si susseguono a giorni, dissipati all’insegna di una ritualità di coppia che agli eccessi vitalistici della donna alterna la cura esagerata verso l’invitato.
Quella di Fred è la voce narrante principale, ma attraverso i dialoghi affiorano le voci ulteriori (ulteriormente rivelatrici) dell’uomo e della donna, custodi di un presente di promiscuità, probabili solitudini, e un passato di sogni interrotti.
Insomma: nel tratto tipico che parrebbe essere di Luc Lang, L’autostrada traghetta il lettore nella dimensione sospesa del sogno agitato. Un altro-mondo – lisergico, passivo-aggressivo, deformato – dove ogni gesto, ogni parola, e persino i non-detto – chiariscono o appannano l’acquisito. Scompaginano il certo per approdare al precariato ontologico cui siamo condannati.
L’ autostrada
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