L’editto della diaspora. Sette giorni per la libertà
- Autore: Roberta Lo Scrudato, Vito Lo Scrudato
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Uno straordinario romanzo storico che ripercorre pagine dolorose di una storia millenaria di ostilità e persecuzioni strappate all’oblio: il racconto di coraggio e di umanità tra fanatismo e intolleranza, di ieri come ancora oggi.
Tra ricerche storiche e pagine di sentimenti, tra fatti realmente accaduti e avventura, gli autori hanno saputo intrecciare con maestria le verità storiche dell’inverno del 1493, quando l’Editto della diaspora arrivò come un fulmine a ciel sereno sulle comunità degli ebrei siciliani con eventi di potere e di violenza, e dell’essenza di un amore profondo e universale che coinvolgerà due giovani di religioni diverse uniti dal solo bene.
Gli autori di L’editto della diaspora. Sette giorni per la libertà (Navarra Editore, 2022) sono Vito Lo Scrudato, dirigente scolastico e docente presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Palermo, ha al suo attivo numerose opere pubblicate; e Roberta Lo Scrudato, studentessa di Giurisprudenza presso l’Università di Palermo, è appassionata di arte e letteratura, e ha già pubblicato alcuni romanzi.
L’antica Camerata, alle pendici del monte omonimo, situato al centro della Sicilia, era un paese di uomini e donne laboriosi, con mille balconi rivolti ad oriente, e con il quartiere ebraico, la Judecca che occupava una zona periferica, ancor oggi chiamata Putieddi. Il re Ferdinando il Cattolico e sua moglie Isabella, con l’editto emanato a Granada, ordinò l’espulsione dai territori del regno di tutti gli ebrei che si rifiutassero di convertirsi alla religione cristiana. Il Senato di Palermo, di contro, nonostante i tentativi di annullamento e rinvii, fu costretto alla promulgazione e a renderlo esecutivo, sebbene gli ebrei siciliani non costituissero una comunità di stranieri ma erano siciliani a tutti gli effetti da quasi 1500 anni.
Le ragioni dell’espulsione discendevano dai comandamenti della religione cattolica, come era stato in passato quando la gente di Camerata aveva svolto il proprio ruolo di cristianizzazione della Sicilia dall’arrivo dei Normanni, contro i mori e gli altri eretici e infedeli.
Saranno gli anni bui dell’Inquisizione, dell’intensa persecuzione in difesa della religione e contro chiunque non fosse cattolico: di caccia alle streghe e violenza per obbligare alla fede.
E fu così il 12 gennaio del 1943 divenne l’ultimo giorno nel quale le comunità ebraiche avrebbero dovuto scegliere: o abiurare e convertirsi, oppure partire per altri luoghi. Il decreto regio prevedeva che i giudei proprietà esclusiva della Corona imperiale, lasciato ogni bene e avere, fossero accompagnati al porto di Messina per lasciare per sempre i confini del regno, verso qualunque altra direzione.
Avrebbero dovuto ricominciare altrove in povertà assoluta perché quasi nulla avrebbero potuto portarsi dietro. La storia drammatica dell’Editto dei Re spagnoli vissuta dagli ebrei di Camerata entrerà nelle vicende amorose di Joan, cattolico, figlio del ricco notaro, la cui vita sarà travolta dagli eventi politici arrivati da lontano; e di Ester, la bellissima ebrea dai capelli rossi che indossò le vesti dell’eroina judea nel tentativo di salvare il suo popolo.
I judei vennero rinchiusi nella Moschitta, prigionieri nella loro piccola sinagoga, anziani e bambini, donne e uomini, mentre i bravacci agli ordini del capitano della corona iniziarono a violare le loro case, a saccheggiare le loro botteghe, negli stessi luoghi che fino a qualche giorno prima erano di relazioni tra judei e cristiani, di affari, di amicizia e di collaborazione.
Moderazione e umanità non ne fu però usata.
Ester cercava gli occhi del padre tra gli anziani seduti in terra sul marmo freddo; gli uomini al centro della Moschitta e le donne confinate nel matroneo. La Chiesa Cattolica li avrebbe accolti se si fossero convertiti, ottenendo in questo modo il permesso di rimanere a Camerata. Ai prigionieri senza cibo ne acqua venne interdetto l’uso dei lavatoi e svestiti dei loro indumenti.
Con il freddo dell’inverno che entrava nelle ossa, la morte li avrebbe raggiunti. Bisognava fare qualcosa, ma cosa? Al rabbino corse il pensiero ai rimonim della Torah, del libro sacro, fatti di argento, oro e pietre preziose; se fossero stati donati si poteva chiedere la supplica della grazia al Viceré di Sicilia, a Palermo.
Una corsa contro il tempo che Joan intraprese a cavallo con il suo amico fidato Niccolò, bordati di manti di pelliccia e armi, tra le neve delle montagne, la ripidità delle strade, fermandosi a chiedere consiglio al frate eremita che parlava di speranza, fino a nord di Corleone al castello di Màrgana, al monte Pizzuta dove era visibile la valle sottostante, occupata da tempo da genti arrivate dal mar d’Otranto per sfuggire ai turchi ottomani. Nonostante la stanchezza, Joan era consapevole che occorreva arrivare in tempo a Palermo.
Era un’antica questione di fede e di eresia; per tutti, i judei vivevano per loro e non disposti ad aiutare gli altri, mal visti sempre e “che succhiavano il sangue alla gente” con i loro banchi di prestito.
Troviamo che i detti judei per mezzo di gravissime ed insopportabili usure divorano e inghiottono i beni e le sostanze dei cristiani, esercitando con nequizia e senza pietà la pravità usuraia contro i detti cristiani.
L’editto della diaspora è un romanzo che traccia pagine di storia di un passato in una bella e coinvolgente narrazione; interessante per la ricostruzione dell’epoca, di usi e costumi, e di quanto sia stato alimentato l’odio verso gli ebrei e come sempre nella Storia, l’avversione, il disprezzo, la discriminazione e la persecuzione non abbia mai avuto la parola “fine”.
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