L’eredità di Eszter
- Autore: Sandor Marai
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2004
"Si vive, e nel frattempo si ripara, si aggiusta, si edifica e più tardi qualche volta si distrugge la propria esistenza; ma con il passare del tempo ci si accorge che l’insieme, così come si è formato a causa degli errori e grazie all’intervento del caso, non è modificabile".
La presa di coscienza degli errori commessi, l’atto morale che viene stilato e firmato dai carnefici di se stessi, l’insostituibile senso di appartenenza a qualcuno che ha ridotto la nostra esistenza a brandelli: tutto questo è racchiuso nelle 135 pagine di crescente inquietudine che compongono il breve capolavoro di Sándor Márai, "L’eredità di Eszter" (Adelphi, 2009).
Il tanto sospirato, desiderato ed istintivamente rigettato momento del rientro a casa di Lajos, il genio della menzogna, l’attore che si esibisce quotidianamente, instancabilmente, sul palco della Vita, ha donato nuova luce agli occhi di Eszter, protagonista pacifica ed inquieta, al contempo, di questo racconto. Questo scintillio che illumina lo sguardo della donna, sulle cui spalle grava il peso di quarantacinque inverni e quarantacinque estati all’insegna dell’amarezza del ricordo e di una ormai blanda frenesia dell’attesa, si riaccende il giorno in cui, a farle visita, torna Lajos, appunto, l’uomo della vita. Vent’anni sono passati dall’ultima volta che i loro cuori, graffianti come artigli e doloranti come topi nella tagliola, si sono sfiorati: vent’anni passati in sordina, vent’anni in cui Eszter ha sistemato i ricordi in un cassetto, ha riordinato i sentimenti e ha tamponato l’avvilimento di un’esistenza piatta, senza scosse, attendendo Lajos, "attendevo il miracolo".
Ed ora, dopo anni di silenzio, Lajos piomba nuovamente nella sua quotidianità, ed in quella di Laci, fratello di Eszter ed, un tempo, migliore amico di Lajos, ed anche in quella di Nunu, silenziosa e acuta complice, alleata senza remore di una Eszter affranta e stanca. Così come dovranno fare i conti con il maestro della bugia anche Endre e Tibor, e persino Vilma, sorella di Eszter e moglie di Lajos morta esattamente venti anni prima, che sembra tornare, più viva e rabbiosa che mai, tra le mura di quella casa che Lajos reclama. Con tutto ciò che dentro vi abita, oggetti e non.
"Tutto ciò che egli tocca perde la sua autenticità. Il suo respiro è simile alla peste, pensai, e strinsi i pugni. Non è per il fatto in sè... Che cosa potevano contare ormai nella mia vita uno o più anelli come quello? Tutto ciò che egli ha toccato si è corrotto".
L’attore principale, il miglior commediante della scena, ormai invecchiato, ma conservando sempre quella grinta indefessa che lo contraddistingue, chiede alla sua più brava partner, Eszter, di restituirgli ciò che gli spetta di diritto, al di là delle leggi morali, divine o giuridiche: lei stessa, Eszter. Tutta.
"Tu sei profondamente legata a me anche se sai che non sono cambiato, che sono quello di prima, pericoloso e imprevedibile".
L’amore silenzioso e disturbato che li ha legati dal giorno dell’arrivo di Lajos nella loro casa e che si è protratto per tutto il tempo del matrimonio tra Lajos e Vilma, sua sorella, parla al cuore e alla mente di Eszter con la stessa prepotenza di allora. Lajos è forte, è il più forte di tutti, ed otterrà sempre ciò che vuole. Anche se Eszter tenta di rifugiarsi in quella feroce tranquillità che si è costruita nel tempo, anche se sia lei che Nunu sanno da quale parte si trovi la verità, celata dietro le mille bugie di Lajos, anche se è consapevole, lei, donna sola e audace, che Lajos è una "persona che inizia raccontando bugie e poi, man mano che prosegue, si riscalda tanto che scoppia a piangere; continua a mentire con le lacrime agli occhi e infine, tra lo stupore generale, passa a dire la verità con la stessa disinvoltura con cui poco prima aveva mentito". Nonostante Eszter sia in grado di riconoscere tutto ciò, è costretta ad arrendersi alla realtà: lei appartiene a lui, e non serviranno le mille parole ardenti che il suo ventre farà esplodere in faccia a Lajos nel loro ultimo dialogo, no. Lei gli appartiene, ora e sempre. Per sempre.
Maestro della parola, impavido ricercatore delle debolezze umane, indagatore delle più profonde pieghe dell’animo, Sándor Márai dà prova, ancora una volta, della sua indiscussa genialità e della sua profonda modernità. Un testo dal ritmo incalzante, in cui la tensione aumenta pagina dopo pagina, in cui le parole diventano mannaie, e anche le virgole, gli spazi bianchi e i silenzi hanno il potere di atterrire il lettore.
Un romanzo breve in cui è condensata tutta la disperazione di un’intera vita.
L'eredità di Eszter
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Un libro che personalmente non ho apprezzato nel panorama creativo di Marai in quanto l’ho trovato quasi la fotocopia di Le braci. Scritto poco tempo dopo, riprende lo stesso schema cambiando solo personaggi e dettagli della trama. Il mio preferito di Marai, tra quelli che ho letto ad ora (6 libri) è La donna giusta, un libro corposo come tematiche e che ripercorre un ampio periodo storico, non dipinge solo l’animo umano ma crea soprattutto un maestoso quadro del declino della borghesia nel 900 che va a pari passo con quello di Mann in I Buddenbrook oppure con quello di Proust nella Recherche.