L’età breve di Corrado Alvaro

L’adolescenza è un’età difficile, ben lo racconta questo bel romanzo di Corrado Alvaro, L’età breve (Bompiani, 2003, prima edizione 1948), divenuto ormai un classico della letteratura italiana.

Pubblicato per la prima volta quasi ottant’anni fa, precisamente nel 1946.
Un romanzo che è la prima parte della trilogia denominata “Memorie del mondo sommerso”.
Prima di quest’opera l’autore, Corrado Alvaro, era sì conosciuto ma la sua letteratura era etichettata come un qualcosa di circoscritto ancora a livello regionale.
E con questo libro ha fatto capire che, sì, era pronto per il grande salto.
Il protagonista di queste pagine risponde al nome di Rinaldo Diacono, un ragazzo calabrese espulso dal collegio che frequentava.
Il motivo? L’aver scritto lettere d’amore alla ragazza che gli aveva rubato il cuore.
Lo so, detta così al giorno d’oggi sembra una sciocchezza, ma non scordiamo l’epoca nella quale è stato scritto il romanzo.
Inutile dire che l’espulsione DEVE essere tenuta segreta, pena l’onta del disonore sulla famiglia.
Rigide leggi moralistiche, dite?
Può darsi. Eppure la società era così, anche se ci sembra difficile crederlo.
Così il protagonista di questa pagine crescerà tra mura soffocanti, senza nessun aiuto morale, attraversando quel periodo chiamato adolescenza, croce e delizia di tutti noi. Che torneremmo felici a riviverla, ora che sappiamo certe cose. Ma quando cresciamo senza sapere come affrontare le difficoltà…

Corrado Alvaro ci narra una storia vecchia di decenni che però non potrebbe essere più attuale.
Pagine vissute da un protagonista, Rinaldo, nel quale sarà facile immedesimarsi, quasi un diario a ruota libera che ci scaglierà addosso emozioni contrastanti.
E non penso riusciremo a evitarle tutte. Magari nemmeno lo vogliamo, nel profondo.
Una storia che non ha età e per questo non ha un vero e proprio pubblico di riferimento, parole scelte per chi ha deciso di donare un po’ del suo tempo a qualcosa che ci farà male e bene al tempo stesso.
Magari non è da leggere in un’unica volta ma da gustare come il migliore degli Armagnac. Un retrogusto amaro che però sarà un po’ dolce, verso la fine.
Bisogna solo avere la costanza per arrivarci. E non mi riferisco alla fine del libro. Pagine che non dimenticheremo, ve l’assicuro.