Il film L’età dell’innocenza va in onda questa sera su Paramount, alle 21.10. Con L’età dell’innocenza Edith Wharton è la prima donna ad aggiudicarsi il Premio Pulitzer nel 1921. Siamo di fronte a uno dei più pregevoli romanzi d’amore degli ultimi duecento anni. Per lo scavo psicologico e la rappresentazione dei personaggi, che appaiono quasi scolpiti nel marmo, per la loro verità e lo spessore etico, Wharton può essere accostata al suo contemporaneo Henry James, senza tema di sfigurare.
Dal libro Martin Scorsese ha tratto un film raffinato ed elegante nel 1993, che non tradisce l’ottima fattura del romanzo.
L’età dell’innocenza: trama
Rampollo dell’alta borghesia newyorkese, il giovane avvocato Archer, già promesso sposo a una fanciulla della sua stessa classe, May, educata al matrimonio e alla maternità, si innamora perdutamente, ricambiato, di Ellen Olenska, cugina di May. Vivono la loro passione in incontri memorabili.
Ellen è una contessa divorziata da un nobile polacco indegno – il divorzio a fine Ottocento costituiva uno scandalo – chiacchierata e "diversa", libera da pregiudizi e convenzioni soffocanti. Archer è un prototipo della società da cui è stato forgiato, da cui non può evadere, pena l’esclusione e l’ostracismo; è privo della forza dirompente di Ellen. Conoscendolo e amandolo senza poter chiedere nulla per sé, è proprio madame Olenska a consigliare al giovane il matrimonio stabilito. Eppure essi si appartengono, nonostante la lontananza apparente. Sono entrambi "innocenti", capaci di tenere fede alla loro segreta purezza, alla fiamma erotica che dà senso all’intera esistenza:
"Durante quel periodo aveva vissuto col suo giovanile ricordo di lei; [...] Forse anche lei aveva conservato il ricordo di lui come di qualcosa di separato; ma se così era, doveva essere stato come una reliquia in un’offuscata cappellina, dove non si ha il tempo di andare a pregare ogni giorno."
È un libro di rimpianto, di ricordo indelebile, ma pure di fuoco che esalta il valore della passione. Quest’ultima è la vera protagonista, sostanza invisibile ma rivelata, e sembra che nulla valga altrettanto. Pensando a suo figlio, suo orgoglio e primo bene, Archer sa di aver custodito un altro bene inviolabile, incomunicabile, perduto e mai perduto. Un bene che sua moglie aveva intuito, accettandone l’esistenza, certo dolorosamente come pedaggio da pagare alla vita.
Nel paragonarsi a Dallas, il figlio soddisfatto e felice, fidanzato con la ragazza di sua scelta, il padre medita:
"La differenza è che questi giovani danno per scontato che avranno qualsiasi cosa vogliano, mentre noi davamo quasi sempre per scontato che non l’avremmo avuta. Soltanto, mi chiedo... l’essere sicuri così a priori di ottenere una cosa, potrà mai far battere il cuore altrettanto selvaggiamente?"
Il cuore "selvaggio" dell’uomo maturo è più giovane del cuore del giovane vigoroso, allegro e scanzonato.
L’innocenza è selvaggia, non addomesticabile, custodita in una cappella intima, numinosa. Questa rappresenta il centro di sé, più forte delle tradizioni.
L’arte soltanto può essere paragonata al suo santuario interiore. A Parigi, visitando il Louvre,
“A uno a uno i quadri improvvisamente gli apparvero nel loro quasi dimenticato accecante splendore, saziandogli l’anima con la lunga eco della bellezza. Dopo tutto, la sua vita aveva sofferto troppo di quella fame…”
Perché non di solo pane vive l’uomo, non solo di prestigio e di avvocatura. Non solo di maschere e di benessere esteriore. Wharton mette di fronte agli occhi del lettore i valori dello spirito, ciò che non passa e nutre.
A Parigi, dove Ellen vive, dopo decenni di sacrifici sentimentali, Archer vorrà rivederla? Qui la scrittrice ha una mossa a sorpresa, che stupirà il lettore.
Il trailer del film
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’età dell’innocenza: dal libro al film stasera in tv
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