L’informatore di John Grisham

Mondadori nella collana Omnibus pubblica “L’informatore” (2016, titolo originale The Whistler traduzione di Luca Fusari) il nuovo libro di John Grisham, autore statunitense nato a Jonesboro (Arkansas) l’8 febbraio 1955.

“Sono pulito, pulito quanto può esserlo un ex truffatore, e tutte le cose che dico sono vere”.

Il re del legal thriller firma il suo ventinovesimo romanzo nel quale i personaggi principali sono un dipendente dello Stato della Florida troppo impaurito per farsi avanti e un legale riabilitato così impaurito che era andato in un altro Stato a farsi cambiare nome e cognome.

“Un ex truffatore senza un vero domicilio”.

Protagonista di una trama quanto mai avvincente ed elettrizzante è la giovane avvocatessa Lacy Stoltz, che lavorava per la Commissione disciplinare giudiziaria, la Florida Board on Judicial Conduct, che aveva il compito di investigare sull’operato dei giudici. La crisi economica e i conseguenti tagli avevano decimato l’ufficio, riducendo ad appena sei gli investigatori della CDG, esclusa Lacy, trentasei anni “single e attraente”. Sette investigatori in uno Stato con venti milioni di abitanti e mille giudici sparpagliati in seicento corti che si occupavano di mezzo milione di casi l’anno. Per fortuna i giudici erano quasi tutti gente onesta e dedita al proprio lavoro, alla giustizia e all’imparzialità, altrimenti Lacy avrebbe mollato parecchio tempo prima.

“Le poche mele marce la tenevano impegnata cinquanta ore alla settimana”.

In dieci anni di onesto lavoro solo due dei casi a lei assegnati si erano conclusi con la rimozione di un giudice dalla sua carica, in entrambi i casi per incompetenza, mai per corruzione. La svolta nella carriera dell’avvocatessa era avvenuta il giorno in cui Lacy era stata contattata da “una gola profonda”, nome in codice Randy alias Ramsey Mix ma che ora si faceva chiamare Greg Myers, un uomo di circa sessant’anni, con troppi capelli grigi sotto un panama, gli occhi nascosti da un paio di lenti a goccia.

“Bermuda, sandali, camicia a fiori pacchiana, abbronzatura da manuale, la pelle coriacea di chi ha passato tanto, troppo tempo sotto il sole”.

Ramsey Mix per trent’anni aveva fatto l’avvocato a Pensacola, poi era stato coinvolto da un suo cliente, un immobiliarista, “uno che giocava pesante”, in affari poco puliti. Incriminato dalla FBI, Ramsey aveva cantato “come un usignolo, patteggiai, mi dichiarai colpevole di frode telematica e passai sedici mesi in un carcere federale”. Dapprima radiato dall’albo, Mix aveva fatto richiesta di reintegro ottenendolo. “Oggi ho un solo cliente, ed è di lui che parleremo d’ora in poi”. Mix aveva raccontato a Lacy una storia lunga che aveva a che fare con un mucchio di soldi, con

“un giro di corruzione incredibile, e con gente davvero cattiva che non ci penserebbe due volte a ficcare uno o due proiettili in mezzo agli occhi miei, vostri, del mio cliente, o di chiunque faccia troppe domande”.

Il cliente di Mix voleva sporgere denuncia appellandosi alla legge della Florida che proteggeva i collaboratori di giustizia, perché ambiva a una ricompensa milionaria.

“A me ne andrebbe una bella fetta, e se tutto fila liscio sarà il mio ultimo caso”.

La denuncia l’avrebbe firmata Mix con il nome di Greg Myers. Lacy stava per mettere le mani su un caso di corruzione a un livello mai visto in questo paese, dove girava più denaro sporco che in tutti gli altri casi messi insieme. “La mafia delle paludi”, una banda molto ben organizzata aveva comprato un giudice. Adesso la domanda principale era la seguente:

“La Commissione disciplinare giudiziaria aveva o non aveva intenzione di indagare sul giudice più corrotto nella storia del sistema giudiziario americano?”.