L’isola del tesoro
- Autore: Robert Louis Stevenson
Jim Awkins lavora in una taverna a Bristol e svolge una vita tranquilla, senza sconvolgimenti. Questa calma viene infranta dalla presenza di un uomo misterioso, il sedicente capitan Billy Bones, che passa il suo tempo a bere nell’attesa di una persona sconosciuta. L’ospite atteso, cieco, arriva, portandogli un pezzo di carta, la cui lettura sconvolge così profondamente il capitano, da farlo morire di lì a poco. Jim, profondamente sconvolto ed incuriosito dall’evento, decide di scoprire qualcosa di più su quest’uomo, gettandosi nella più grande avventura della sua vita. Si imbarca sulla Hispaniola, un brigantino equipaggiato per l’occasione per andare alla ricerca di un’isola misteriosa, su cui il capitano era ufficiale. Qui, grazie ad una mappa rinvenuta tra gli oggetti di Bones, trova un grande tesoro pirata. Tra l’equipaggio della nave, Jim conosce un cuoco, soprannominato Barbecue, un uomo senza gamba, affabile e vissuto, col quale stringerà un’amicizia profonda, che li legherà anche quando si ritroveranno l’uno contro l’altro, costretti a combattere per impossessarsi del tesoro.
La trama, celebre e immortale, non ha bisogno di ulteriori approfondimenti, data l’enorme mole di opere teatrali, letterarie e cinematografiche che si sono ispirate direttamente o indirettamente al testo. Nel ventunesimo secolo, forse in pochi si stupirebbero di fronte ai colpi di scena di questo classico, ma va ricordato che è da qui che sono partiti tutti gli intrecci che rendono avvincenti le storie piratesche. Questa storia, poi, ha il vantaggio di esser presentata con la grande prosa di Stevenson, il suo modo di catturare l’attenzione, di descrivere gli scenari e di delineare i personaggi.
Il titolo originario era Sea Cook, or Treasure Island ("Il cuoco del mare ovvero l’isola del tesoro"), riferito naturalmente a Barbecue, il leggendario Long John Silver, un antagonista fuori dal comune: meschino, bugiardo, avido, spregiudicato e all’occorrenza violento, come si addice ad ogni pirata, ma allo stesso tempo umano e molto intrigante, così diabolicamente affascinante che alla fine nemmeno Jim, che ha rischiato la vita per causa sua, sente di odiarlo e spera che in seguito alla sua fuga sia riuscito a continuare la sua vita senza difficoltà.
Long John non è l’antagonista classico: non è una controparte dell’eroe, non è Ettore, non è un personaggio che si deve opporre al protagonista come eroe, anch’esso nobile e valoroso, anche se schierato dalla parte opposta.
E non è nemmeno l’anti-eroe, un semplice personaggio negativo che si deve opporre ad un protagonista pieno di qualità morali e umane, in una visione tanto manichea, quanto semplicistica, riduttiva ed infantile.
Long John è solo un uomo, che vuole vivere bene, disposto a tutto, anche alla violenza, all’inganno e al tradimento, pur avendo dei limiti. E’ un pirata, ma ha ancora un senso dell’onore, che si manifesta quando impedisce ai suoi complici di uccidere Jim e cerca di proteggerlo, anche se forse Jim crederà che sia un’altra finzione.
E’ un uomo che vuole pensare a se stesso e che vuole vivere la vita che desidera, cercando di raggiungere il suo scopo con ogni mezzo, anche quelli più deprecabili e che sa di essere un pirata e un briccone, accettando questa etichetta, facendone, anzi, una sua ragion d’essere. Sa che agli altri sembrerà un assassino, ma non ha paura di pagare questo scotto per ottenere quello che vuole, nè gli importa di dover fuggire, dopo il fallimento della sua impresa, convinto che sia da stupidi rimanere a combattere le battaglie perse. Ed è così che alla fine del libro, grazie alla sua scaltrezza, esce di scena, senza nemmeno portare nessun rancore per Jim. Ha fallito nel suo tentativo di arricchirsi, ma non è la fine. Che fine ha fatto? Jim pensa che se ne sia ritornato con la sua donna a vivere una vita tranquilla, con un discreto bottino che era riuscito a conservare fino ad allora. E, probabilmente, è stato proprio così.
L'isola del tesoro
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Un grande classico della mia infanzia degno di essere riletto.