L’obbedienza non è più una virtù
- Autore: Lorenzo Milani
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
L’autore di “L’obbedienza non è più una virtù” (E-text, 2013) Don Lorenzo Milani è un prete scomodo, che, come scrive Carlo Galeotti nell’introduzione “studia da profeta”, da profeta moderno che, pur ricordando i profeti biblici, “vuole turbare le coscienze, condurle alla riflessione critica”. E l’occasione per turbare le coscienze gli è offerta da una lettera scritta dai cappellani militari toscani (sulla Nazione del 12 febbraio 1965) a proposito della ribellione di un gruppo di obiettori al servizio militare e, perciò, finiti in carcere poiché renitenti alla leva. I cappellani militari stigmatizzano l’obiezione di coscienza come un atto “di viltà”. La risposta di Don Milani (del 23 febbraio 1965, pubblicata su Rinascita del 6 marzo 1965) è straordinariamente potente, bella, articolata, documentata, e spiega perché l’obbedienza non debba essere considerata una virtù se bisogna eseguire comandi che vadano contro la propria coscienza.
La polemica porta Don Milani a subire un processo per Apologia di reato al termine del quale è assolto in primo grado (15 febbraio del 1966). In quest’occasione Don Milani, impossibilitato a partecipare al processo, per via di una malattia incurabile, e scrive la “Lettera ai giudici”. In appello la lettera è condannata (1968), ma don Milani è ormai morto (26 giugno 1967). La lettera ai cappellani è un excursus sul termine “ripudia”, che si trova all’art.11 della Costituzione Italiana, alla luce di cento anni di storia d’Italia e delle sue guerre ingiuste. La lettera ai giudici è un’esplicitazione del concetto di obbedienza alla verità, secondo la tradizione cristiana. Verità che obbedisce alla coscienza e, come dimostra con tanti esempi, non alle leggi immorali o ai comandi impartiti contro i comandamenti cristiani. Cosi, infatti, scrive don Milani, con riferimento al suo ruolo di maestro di scuola:
“In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge e d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. La leva ufficiale per cambiare la legge è il voto. La Costituzione gli affianca anche la leva dello sciopero. Ma la leva vera di queste due leve del potere è influire con la parola e con l’esempio sugli altri votanti e scioperanti. E quando è l’ora non c’è scuola più grande che pagare di persona un’obiezione di coscienza. Cioè violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede”
Don Milani è stato una pietra angolare del pensiero libero e per questo è stato confinato nel cuore del Mugello, in una sperduta frazione del comune di Vicchio. Anche questa condizione di isolamento non gli ha impedito di volare alto col suo nobile pensiero e di difendere la giustizia e la verità, pur nella più rigida ortodossia cattolica.
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