L’orco in canonica
- Autore: Paolo Cendon
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2016
“Una ragazza esce dal buio del passato”: il sottotitolo del romanzo di Paolo Cendon “L’orco in canonica” (edito da Marsilio a ottobre 2016, nella collana Gli Specchi, pp. 302, euro 17,50) è solo astrattamente corretto, perché gli abusi gravissimi hanno colpito la vittima quando era solo una bambina.
Nasce da una vicenda vera quella che il giurista veneziano - docente universitario a Pavia e Trieste - racconta con mano professionalmente leggera, in forma di romanzo giudiziario. Un caso di cronaca sconveniente come pochi, di quelli che solo la sua scrittura non reticente ma mai greve rende raccontabile. Appena pochi anni fa, del resto, non sarebbe affatto stato raccontato: pedofilia, una canonica, un religioso, argomenti tabù. Verboten, proibito, censurato, prima che papa Francesco chiedesse scusa per tutti. Un gesto di grande significato.
Tuttavia, si domanda: perché Dio consente di infliggere molestie e dolori agli ingenui? Perché muoiono anche i bambini? Perché ai bambini non sono risparmiate sofferenze? Il mondo laico non si aspetta una risposta dalla Chiesa e quello dei credenti deve accontentarsi dell’osservazione che arriva anche dal sommo magistero del pontefice, che con la sua caratteristica inflessione scandita ha detto:
“non bisogna fermarsi alla morte, la vita non finisce con il decesso, occorre pensare alla resurrezione”.
Chi crede dovrebbe capire, ma credenti o non credenti non possono accettare la violenza contro i minori, le attenzioni pedofile, gli abusi sessuali ai danni dell’età innocente. Per quelli non c’è risposta o resurrezione che tenga, tanto meno quando autore di quegli atti riprovevoli non è un soltanto un "uomo".
Quello ricostruito da Paolo Cendon è un episodio tutto sommato recente. Una storia lunga, dettagliata e che non risparmia dettagli scabrosi, con candida e franca autenticità.
Nel romanzo, il titolare di diritto civile nell’Università di Pavia è incuriosito dalla forte attrazione di una studentessa di giurisprudenza verso l’argomento della tesi che lei stessa gli ha chiesto di assegnarle. Verte sui danni di natura non patrimoniale, gli aspetti esistenziali dei danni morali, provocati in particolare da molestie di tipo sessuale, con risvolti psicologici, fisici, etici, ma l’atteggiamento della studentessa rivela un interesse personale, che va ben oltre quello per la disciplina accademica.
Chiameremo Anna la ragazza, perchè così la chiama Cendon, incuriosito dall’evidente coinvolgimento diretto e dall’attenzione spiccata della laureanda non tanto agli aspetti penali, quanto alle conseguenze per la vittima. Non è il castigo del colpevole che le interessa, ma i dolori sofferti da chi ha dovuto subire quelle attenzioni moleste e dalla sua famiglia.
Il passo successivo è una denuncia all’autorità giudiziaria, un’iniziativa di Anna che nasce dagli incontri con il docente e dalla presa di coscienza, anche col concorso di due anni di un percorso di analisi. La querela di parte colpisce Fulvio (altro nome fittizio). Quattordici anni prima (aveva 26 anni, ordinato da poco, attratto dal ruolo di prete-maestro dei piccoli) era vicario della parrocchia frequentata da Anna, bambina di quarta elementare, 1 metro e 35 di altezza o poco più, neanche trenta chili di peso.
A otto anni e mezzo, le prime molestie in canonica ai danni della bimba acerba. I mesi vedono lievitare le molestie e moltiplicarsi i dubbi di Anna. A dieci anni le violenze sessuali. La bambina si sente come un piccolo uccello nella bocca di un predatore che lo ha ghermito all’improvviso. Un passero ancora vivo, ma consapevole di non avere scampo.
Inutile pensare a una via d’uscita, che non sia il suicidio. Racconta tutto al suo confessore don Crispino, che le suggerisce di non dire niente a nessuno. Si confida con una insegnante, ma la replica sorprendente della donna è che
“da migliaia di anni il sesso femminile subisce e accetta”.
In modo farneticante, aggiunge che
“basterebbe un po’ di gentilezza dall’altra parte”.
La bambina è disorientata, mentre la concupiscenza di Fulvio aumenta e viene coinvolto un coetaneo di Anna.
Dopo la denuncia, il sospetto reo è arrestato. In tanti vengono sottoposti a interrogatori, qualcuno anche ad intercettazioni, ma in udienza Anna dovrà sottostare all’intero repertorio della difesa, che mette in campo varie strategie per ribaltare la situazione a vantaggio dell’imputato, dall’autosuggestione dell’accusatrice a "falsi ricordi" dell’infanzia, dalla manipolazione dello psicoterapeuta allo scontato sovvertimento dei ruoli: un’allieva frustrata sentimentalmente, invaghita di un irreprensibile sacerdote. Insomma, il colpevole sarebbe la vittima: il solito scenario di un processo per stupro.
Infatti in prima istanza l’imputato è assolto, ma la vicenda giudiziaria non finisce qui. Quello che continua, per sempre, sono i sensi di colpa di Anna e il passato che ritorna, anzi che rigurgita, come da una fogna.
L'orco in canonica: Una ragazza esce dal buio del passato
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