L’ultima messa del gastaldo
- Autore: Diego Lavaroni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Morire è sempre una disdetta, la notte di Natale poi...
Friuli, dicembre 1843, un luogo insolito per il crimine narrativo e un’epoca che non passa come la più disordinata nella storia locale, quella dell’amministrazione asburgica, dopo l’estinzione della Repubblica di Venezia. Un mondo che ai forestieri (vale a dire la massima parte dei lettori) risulta nuovo, inesplorato, diciamo pure sconosciuto: il Distretto XII, una dozzina di paesi dell’Udinese, con città di riferimento Cividale. Diego Lavaroni, studioso di tradizioni popolari, è l’autore del giallo storico L’ultima messa del gastaldo. Un misterioso delitto per il capitano Rotario tra piste massoniche e vendette personali, pubblicato a ottobre da Gaspari Editore (Udine, 2022, collana Narrativa, 214 pagine).
Tanto la località che la comunità, il genius loci, la cultura e il modo di pensare della gente del posto sono più che congeniali allo psicologo e psicoterapeuta, cultore della materia demologica: giochi, fiabe, filastrocche (dal greco demos, popolo, Ndr), oltre che ricercatore in generale della storia friulana e in particolare delle vicende resistenziali nel Friuli Venezia Giulia.
Un autore, Lavaroni, a suo agio con i tempi e con i luoghi, sui quali si è attentamente documentato. Una trama gialla che si rifà a un episodio autentico, giunto fino a Diego dai racconti familiari, a quanto pare. Un omicidio mai risolto, nemmeno dalle occhiute autorità legate a Vienna.
I preparativi del pranzo natalizio del commissario distrettuale vengono disturbati a Cividale dalla notizia di un delitto, proprio la Notte Santa. Da Buri è arrivato un fattore, a denunciare il ritrovamento, quella mattina, del cadavere del gastaldo Girolamo Zecchini, nei pressi di una scarpata sotto la muraglia del castello, poco lontano dalla villa nobiliare. Il conte D’Arrimis Maniago ha riscontrato una macchia di sangue all’altezza del cuore. Crede che gli abbiano sparato a bruciapelo.
È il caso di passare la patata bollente nelle mani, assolutamente affidabili, del comandante della gendarmeria, la persona più adatta a risolvere quella questione gravissima. In effetti, il capitano Rotario ha già risolo alcuni casi aggrovigliati, ha dimostrato in diverse situazioni grande capacità investigativa e abilità organizzativa. Il controllo esercitato sul Distretto si dimostra efficace, per quanto la vita locale non sia contagiata dal fermento che serpeggia invece nelle province occidentali del Lombardo-Veneto. In un rapporto politico al Governo imperiale, il direttore generale della polizia di Venezia aveva da poco confermato la situazione di quiete sotto l’austriaca dominazione, in contrasto con le turbolenze negli altri stati d’Europa.
Quiete politica, soprattutto, almeno in quel momento, nella regione orientale del vicereame settentrionale, sebbene bisognasse restare vigili, perché la propaganda antiaustriaca serpeggiava soprattutto nella classe borghese cittadina, fomentata da intellettuali che diffondevano idee risorgimentali, patriottiche e rivoluzionarie. Nell’entroterra, sotto la patina di una tradizionale simpatia di molti friulani per l’ordinato impero austriaco, cresce l’aspirazione all’indipendenza. Tutti pensano: né con l’Italia, né con l’Austria, ma da soli.
Sul fare del romanzo, si apprende che il conte stimava Girolamo, lo considerava un “eccellente gastaldo”, un amministratore corretto delle sue proprietà. Valido tecnico vinificatore, aveva studiato presso aziende in Francia, il fattore Melchiorre seguiva i suoi suggerimenti innovativi, pur non provando tanta simpatia per lui e trovandolo piuttosto presuntuoso. Si lascia sfuggire che quel “giovane istruito e sfrontato” era un uomo pieno di sé e non perdeva occasione per far valere sui sottoposti le prerogative del suo ruolo.
Anche il conte ammette che Zecchini non fosse fatto di “farina per ostie”, tuttavia, da qui ad ammazzarlo...
Il cappellano conferma che non era particolarmente amato in giro, non però fino al punto d’essere ucciso. Si assentava per qualche giorno, soprattutto qualche notte, era un appassionato giocatore di scacchi, ma non negava, ammiccando, di giocare anche “con pedine e damigelle in carne e ossa”. Il religioso lo riteneva portato ad amori femminili intensi e non duraturi: Girolamo amava ripetere di voler bene solo alla madre e alla contessa, per le altre donne soltanto “passione”.
Non è che il gastaldo fosse amato dai braccianti e dai coloni a Buttrio, ma la gravità dell’azione ha lasciato sgomenti tutti i paesani. Forse, in cuor loro, quanti avevano subìto i suoi modi non disapprovavano il gesto dell’assassino, ma si guardavano bene dall’esternare i sentimenti deprecabili.
Come si vede, la competenza dell’esperto in psicologia aiuta lo scrittore a muoversi, con una maturità stilistica interessante, intorno al carattere dell’ucciso e di tutti quelli che lo circondavano.
Sopravvengono, poi, altri aspetti, non caratteriali ma sociali e politici. Il giovane aveva studiato a Udine e frequentava ambienti antiasburgici, controllati con attenzione dalla polizia segreta. Cospirazione, sovversione, persino stregoneria: i moventi crescono, aggiungendosi alla sfera professionale e a quella scontata passionale. Starà alle ottime doti di Valerio Rotario risolvere il rompicapo.
Prima di questo giallo, Diego Lavaroni ha pubblicato per Gaspari il romanzo storico Il covo delle ultime streghe, nel 2020 e il saggio Voci popolari della resistenza, testimonianze e ricordi dai paesi occupati (2021).
L'ultima messa del gastaldo
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